Brizzi Giorgi Maria

Brizzi Giorgi Maria

7 Agosto 1775 - 7 Gennaio 1812

Note sintetiche

Scheda

Maria Brizzi Giorgi (1775 - 1812), pianista e compositrice, nasce nel Palazzo Albergati di via Saragozza, ha due fratelli anch’essi divenuti musicisti famosi, e già bambina è apprezzata per il suo talento musicale, al punto che a soli 13 anni è organista e maestro del coro in un importante monastero in Ancona. Nel febbraio 1794, a diciannove anni, sposa l’avvocato Luigi Giorgi, la cui famiglia possiede a Bologna il Caffè Aurora di via San Mamolo, sull’angolo con via delle Asse, strada nella quale Maria e Luigi prendono dimora e dove, in seguito, avrà sede l’Accademia Polimniaca. A fianco di un marito politicamente impegnato come Luigi Giorgi, Maria mette la sua arte al servizio della Rivoluzione, e a buon profitto, a lei viene affidata la composizione della Marcia al cui ritmo, afferma Giordani, si esercitano a Bologna i primi soldati con la divisa tricolore: «Bello a vedere fu per due anni vedere l’armata gioventù bolognese muoversi à passi militari colla musica di una bella giovane di vent’anni: bello a udire che la musica di lei salutasse le prime prodezze della milizia italiana...» . Nel corso della reggenza austro-russa di Bologna (1799-1800), si allontana con il marito dalla città, e viene invitata col padre dal fratello Antonio in ambienti vicinissimi alla corte imperiale a Vienna, città dove un suo concerto viene recensito, nel 1805, dall’«Allgemeine Musikalische Zeitung». Al ritorno a Bologna inizia quindi la fase artisticamente più luminosa di Maria che, nel 1806, ottiene per acclamazione il titolo di Accademica Filarmonica, viene ammessa all’Accademia dei Concordi e fonda l’Accademia Polimniaca.

L’Accademia Polimniaca è scuola di pianoforte e di canto, oltre ad essere sede di concerti ai quali partecipa il bel mondo bolognese. Ricorda Antonio Bacchetti: I più famosi cultori, i più chiari maestri di canto, e di suono le si avvicinavano, vi correvano a gara come a fonte ubertoso, e felice, onde attingerne il buon gusto, le grazie, e la squisitezza dell’arte; e la sua Casa quasi convertita in Arcadia, o direi piuttosto in novello Parnaso, era l’asilo, ed il piacevole soggiorno della festività, della gioja, e del diletto. A vieppiù promuovere l’aumento, e la perfezione dell’arte, sotto il nome di Accademia Polimniaca diè ricette in sua Casa a’ più rinomati professori, che a’ giorni determinati vi si adunavano per eseguirvi le più scelte produzioni di Musica come antica così moderna, e vocale insieme, e strumentale. Trapasso qui gloriose, e liete rimembranze d’uomini sommi, e ragguardevolissimi, e di donne egualmente illustri, e prestanti, che vi s’intertennevano a diporto dolcissimo; né vi erano persone per nascita, per grado, e per indole o sì gravi, e delicate, o sì difficili, e ritrose, che non v’intervenissero con desioso trasporto, e beata non chiamassero quell’adunanza, e beatissime quelle ore, che liete, e rapide scorrevano in seno all’armonia, che i sensi tutti, e l’armonia rapiva, e inebriava di sempre varie or gravi, or tenere commozioni.

Ma è anche luogo punto d’incontro e di transito obbligato per le personalità culturali, musicali e politiche provenienti da tutta Europa, particolarmente di lingua francese, un salotto d’arte nel quale si possono incontrare i bolognesi più illustri, ascoltare pagine musicali altrimenti in Italia ineseguite e ammirare artisti internazionali. È presso l’Accademia Polimniaca che il 31 luglio 1806 il giovane Gioachino Rossini partecipa come cantante ad uno dei suoi primi concerti bolognesi, è qui che, il 23 dicembre 1808, presenta una sinfonia con la quale ottiene la prima importante recensione come compositore: «Non potea essere né più brillante, né più gradita l’Accademia di musica: si aprì l’Accademia con una Sinfonia espressamente composta dal Sig. Maestro Rossini, Accademico Filarmonico, e giovane di grandi speranze. Fu essa trovata armoniosa oltr’ogni credere. Il suo genere era del tutto nuovo, e ne riscosse il Compositore universali applausi». L’attività di compositrice, organizzatrice e concertista della Brizzi non si svolge però solo presso la sua Accademia (che chiuderà nel 1809 col trasloco della famiglia Giorgi in via San Felice n. 70): l’artista è infatti protagonista del primo concerto cameristico mai dato al Teatro Comunale di cui si abbia notizia, quando essa, «inimitabile suonatrice di pianoforte rapì più che mai gli attoniti e muti spettatori», è centro dell’attenzione presso l’Accademia dei Concordi (che, dal 1807 sotto la guida di Tommaso Marchesi, agiva all’interno del Liceo Musicale e presentava Rossini come maestro al cembalo) e presso la Società del Casino. È proprio nell’ambito della programmazione dei concerti del Casino che il 19 marzo 1811 Maria si presenta per l’ultima volta in pubblico: Se altre Accademie furono belle, questa si dovrà dire bellissima per l’unione di circostanze che la rendono singolare. Eccellenti soggetti v’ebbero parte, ma cedono essi ben volentieri il primo vanto di lode al celebre Paganini suonatore di violino così raro, che alcuni hanno difficoltà di anteporlo allo stesso Kreutzer, di cui eseguì un concerto con quel suo tocco divino, che v’inebbia l’anima, e vi trasporta fuor de’ sensi A rendere più compiaciuti i suoi trionfi si unì con la Signora Giorgi Accadem. Filar. inimitabile suonatrice di Pianoforte, la quale non facendo gran caso della sua indisposizione di salute si recò all’Accademia con grata sorpresa della Società, ed a capriccio suonò col Paganini delle variazioni sul tema di Paisiello nel Cor più non mi sento con quella maestria che è sua; dopo di cui eseguì pure un piccol concerto del Maestro Pavesi a cui procacciò nuovi applausi e a se nuove testimonianze di ben meritata lode...

Ma ormai Maria è sofferente per una gravidanza difficile; suonerà le ultime note solo per amici e parenti che l’attorniano negli ultimi momenti di vita, come ci dice ancora Giordani: Quella che fu l’ultima delle sue opere umane, e fu per dare conforto alla famiglia afflitta: (e bene alla sua famiglia dovrà essere perpetuamente memorabile il giorno 26, decembre 1811.) ch’ella già vicinissima di alquante ore al parto, e già nelle doglie, si alzò e passò alle camere dove i suoi con pochi amici, rammaricandosi del pericoloso travaglio di lei, ascoltavano la maggiore delle figliuole che per fare qualche inganno ai comun dolore sonava. Quivi Marietta, pregando gli amici a farsi animo, dissimulando i tormenti che pativa, dissimulando ciò di che era presaga, volle sopra un motivo di Paisiello sonare come le succedevano in mente alcuni affettuosissimi concerti, pieni di malinconia sì dolce che facevano per tenerezza piangere chi li intendeva: e guardando in lei pur cresceva il pianto. Ma ella non mescolandosi alle lacrime delle quali sentiva se esser cagione, e ritornando al letto donde non dovea più sorgere, disse queste parole proprie, che ora si morrebbe contenta di aver dato quella consolazione e quel diletto al marito e alla famiglia. Poi chiamatasi appresso la figliola domandolla come avesse ben ricevuto nella memoria que’ suoni; e molto raccomandolle che tale e tal parte più diligentemente studiasse di serbare, dov’ella interrompendosi e ripigliandosi (con affetto non possibile a narrare) aveva espresso quel breve ristarsi dell’anima e rivolgersi alle amate cose che non dee vedere mai più; e mostrò aperto desiderio, e quasi per testamento pregò la sua Teresina, che dopo se durasse quell’ultimo saluto ch’ell’aveva dato alle sue cose più care. Viene assistita da due grandi medici bolognesi, Gaspare Uttini e Matteo Venturoli e muore il 7 gennaio 1812, pochi giorni dopo avere dato alla luce il figlio Eugenio.

Sette giorni dopo la morte, Francesco Tognetti ripercorre la biografia e la carriera artistica della donna in un celebre necrologio nel quale riferisce di come «il compianto e il concorso di ogni ordine di persone fecero conoscere quanto era amata l’illustre Donna» 20. E a undici mesi dalla scomparsa, il primo dicembre 1812, l’intera Bologna della musica si ferma per renderle omaggio: l’Accademia Filarmonica organizza un concerto in San Giovanni in Monte, l’Accademia dei Concordi fa eseguire una cantata appositamente composta dal tedesco Aiblinger (tra gli interpreti Domenico Mombelli e Teresa Giorgi Belloc che ritroveremo ancora nella vicenda artistica di Rossini), la Società del Casino, infine,“volle con musiche e poemi con laudazione celebrarla”. Due anni dopo la morte, Luigi Giorgi si risposa, il 22 dicembre 1814, con la cantante bolognese Geltrude Righetti, che aggiungerà al suo nome quello del marito, fatto questo che darà il via ad una serie di equivoci fatali alla storiografia musicale delle due musiciste. Maria Brizzi Giorgi riposa nel semplice pozzetto posto ai piedi del Monumento ai Martiri dell'Indipendenza nella Sala delle Tombe della Certosa.

Maria Chiara Mazzi, Loris Rabiti

Estratto da "I Giorgi, una famiglia 'rossiniana'; bollettino del centro rossiniano di studi, anno LII, 2012.

La recensione del primo concerto (Il Redattore del Reno 11 dicembre 1810) le riconosce una "rara maestria e grazia animata". In quella del secondo (Il Redattore del Reno 19 marzo 1811), si riporta con affetto che "non facendo gran caso della sua indisposizione di salute si recò all’Accademia con grata sorpresa della Società, ed a capriccio suonò col Paganini delle variazioni sul tema di Paisiello ‘Nel cor più non mi sento’ con quella maestria che è sua, dopo di cui eseguì pure un piccol concerto del maestro Pavesi a cui procacciò nuovi applausi e a sé nuove testimonianze di ben meritata lode". Il duo con Paganini si ripeté poco tempo dopo al Teatro Comunale, la sera di Pasqua 14 aprile 1811 (Il Redattore del Reno 9 aprile 1811).Maria Brizzi Giorgi era allora, forse, la più popolare musicista di Bologna. Era nata nel 1775, in una famiglia di musicisti. Talento precoce (a dodici anni era direttrice della musica presso le monache di San Bartolomeo in Ancona), Maria coltivò con studi severi per l’epoca e per la sua condizione di donna la predisposizione alla musica: "con virile animo non ispaventossi, né per quattro annisi stancò d’imparare il contrappunto". Compose musiche soprattutto d’occasione e naturalmente studiò anche canto: "ma il dilicato petto non sostenendo la fatica, sperò ed ebbe eccellenza di fama nel suonare. La quale si acquistò non solamente per agilità di mano, destrissima ad appianare le difficoltà, in che l’arte a’ dì nostri forse troppo ambiziosamente si compiace: ma per iscienza profonda". Sposò Luigi Giorgi (socio del Casino) nel 1793, a diciotto anni. Entrambi furono attivi fautori delle idee rivoluzionarie: mentre Maria componeva le musiche per le marce e gli inni militari, Luigi scriveva commedie di ispirazione giacobina e vari fogli periodici dello stesso segno. Per questo entrambi, all’arrivo degli Austro-russi nel 1799, furono nelle liste dei proscritti: Maria si recò a Vienna dal fratello Antonio, Luigi continuò l’attività sovversiva a Bologna, dove fu anche arrestato come uno dei responsabili delle bastonate agli sbirri e delle scritte rivoluzionarie che portarono nel 1802 all’intervento della truppa francese. Ma, pur se testa calda, aveva delle qualità: Aldini nel 1806 lo raccomandò al prefetto di Bologna Mosca con l’indicazione che "abbisogna soltanto di indirizzo e di guida". Nel 1806 Maria Giorgi diede in casa propria un concerto in onore del Consultore di Stato Caprara (In scena, p. 456). Lodata per la bellezza anche dal Canova, aveva "persona giusta, svelta, avvenevole; capegli nerissimi, lucenti, che facevano meglio apparire la carnagione bianchissima, soavemente colorita; occhi certo de’ più belli che mai si vedessero al mondo, neri, lampeggianti, parlanti con dolcezza meravigliosa; bocca amorosa, ridente; mani delicate". La sua morte, avvenuta il 7 gennaio 1812, fu sentita come "danno pubblico", e da molti fu pianta come "calamità domestica". Dopo le esequie, un secondo solenne funerale con orazione del prof. Antonio Bacchetti (socio del Casino) fu celebrato il 22 gennaio nella chiesa di S. Maria delle Muratelle. Nel primo le aveva reso omaggio, come "estremo officio di amicizia", un’orchestra di centocinque elementi, e una moltitudine dolente l’aveva accompagnata "per sì aspra stagione" alla sepoltura. Anche le Accademie Filarmonica e dei Concordi, di cui era parte, la onorarono con poesia e musica, e anche il Casino (in cui lei era membro della commissione per la musica) le dedicò, il 23 maggio 1812, un’accademia di poesia seguita da un concerto vocale e strumentale. Cfr. F. Tognetti, Cenno biografico intorno a Maria Brizzi Giorgi A. F., pubblicato sul Il Redattore del Reno il 14 gennaio 1812; A. Bacchetti, Elogio funebre di Maria Brizzi Giorgi, detto nella Chiesa delle Muratelle in Bologna nel giorno dei suoi funerali 22 gennaio 1812 dal dottor Antonio Bacchetti, Bologna 1812, P. Giordani, Elogio della Maria Giorgi, in S. Giovanni in Monte di Bologna il primo dicembre 1812, in Opere di Pietro Giordani, Firenze 1846, pp. 217-234. 'Un mondo di musica: concerti alla Società del Casino nel primo Ottocento', a cura di Maria Chiara Mazzi, Bollettino del Museo del Risorgimento di Bologna, 2014.

Uno struggente ricordo della sua bellezza e personalità ci arriva da Louis Blondeau in "Voyage d’un musicien en Italie" (1809/1812): Scaraventato nuovamente sul grande cammino, la mia tristezza non cessò di accrescere, senza una precisa motivazione. Ero in pensiero, a disagio, preoccupato, senza sapere precisamente perché. Non guardavo più nulla, non badavo più a nulla. In quel momento mi ritornarono alla mente i dolci saluti che mi pose Maria Giorgi la vigilia della mia partenza da Bologna. “Partite domani – mi disse – forse non vi rivedrò più. I vostri talenti vi aprono le porte a una bella carriera, vivrete dei giorni d’oro! Pensate qualche volta a Mariuccia, e crediate che non vi dimenticherà, poiché ella prova per voi un affetto sincero.” Pronunciando queste ultime parole, mi strinse teneramente le mani, vidi i suoi occhi lucidi, e provai io stesso una forte emozione; ci congedammo con un ultimo saluto e partii. Ahimè! Solamente la prima parte della sua predizione si compì: l'anno seguente morì. Non la rividi mai più. Ne seguì un profondo dolore che, per qualche tempo, mi rese incapace di dedicarmi a qualsiasi lavoro serio, o continuativo. Iniziavo, e non concludevo nulla. Volevo scrivere una storia d’amore, scrissi la prima strofa, che così faceva: Maria è arrivata a termine della sua vita: / E faccio ancora fatica a crederci. / La chiamo, e la mia dolce amica / Non sente più il suono della mia voce. / Ahimè! La Parca della morte, / Per meglio accrescere il mio dolore, / Non la sacrifica pienamente, / Poiché respiro tutt’ora. Non la terminai: forse ho fatto bene. Se ho abbandonato questa strofa, è meno perché io pensi che valga granché, ma piuttosto perché voglio che sia un ricordo per una persona che fu a me al contempo cara e amabile. Un non so che cosa mi diceva segretamente che il componimento di queste dolci parole si sarebbe arrestato qui: l’evento ha fin troppo giustificato questo triste presentimento. Mi lasciai portare via, cullato tra questi ricordi e vaghe previsioni. Finalmente, dopo aver trascorso undici giorni e tre notti in diligenza, arrivai il 10 novembre 1812 a Parigi, che ho subito riconosciuto per il suo cielo coperto dal fumo, le strade infangate e i pietrini odiosi. (Traduzione di Clara Rossi, Oscar Gallimbeni, lorenzo Bettocchi; nell'ambito del progetto di Alternanza scuola-lavoro 2017/18 con il Liceo Ginnasio Luigi Galvani di Bologna)

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