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Partito nazionale fascista, (PNF)

1921 - 1943

Schede

Il Fascio di combattimento fondato a Milano da Mussolini il 23 marzo 1919, fu trasformato in Partito nazionale fascista (PNF), al termine del terzo congresso, svoltosi a Roma il 7 novembre 1921. 
A quell’epoca era il più grosso partito di massa con 218 mila iscritti, contro i 216 mila del PSI, per superare quota 300 mila prima della “marcia su Roma”. 
Pur non ricoprendo alcuna carica, Mussolini controllava il PNF e guidò il paese e il partito con un organismo nuovo: il Gran consiglio del fascismo, i cui membri erano da lui nominati o esonerati. 
Il compito del PNF era quello di organizzare e favorire il consenso con iniziative politiche. Le direttive del partito erano comunicate agli organi periferici dal “Foglio d’ordini”.

Il PNF cercò inizialmente di limitare l'autonomia politica delle varie correnti interne, poi svolse il compito di generare una saldatura fra partito ed istituzioni per garantire al duce un completo controllo sulle attività istituzionali e politiche.
Il primo statuto del partito (dicembre 1921) fondò una organizzazione molto gerarchica, ma costituita da cariche elettive e controllate da un comitato centrale espresso dal congresso nazionale; poi, a seguito di altri 5 statuti (1926, 1928, 1932, 1938 e 1941), divenne sempre più un organo personalistico di uso e consumo per la volontà del duce e insediato in tutti i rami della società civile e della pubblica amministrazione.
Lo statuto del 1926 stabilì per la prima volta la guida suprema del duce e assegnò al Gran Consiglio del Fascismo i compiti di indirizzo e la nomina dei dirigenti.
Dal 1929 il ruolo del duce si rafforzò, permettendo allo stesso di scegliere su base fiduciaria i segretari del partito e venne stabilito che un organo del PNF divenisse per legge membro della maggior parte degli organismi di rappresentanza del governo. Il segretario a sua volta sceglieva i membri dirigenti del partito, le cariche in organizzazioni giovanili, femminili e studentesche, in numerosissimi enti parastatali e associazioni assistenziali, culturali, ricreative, come la Gioventù italiana del littorio, i sindacati della scuola, del pubblico impiego, delle industrie statali, il Comitato olimpico (Coni), le associazioni degli ex combattenti, dei mutilati e invalidi, dei decorati, la Lega navale italiana, il Comitato nazionale forestale.
La volontà di fare del PNF l'organizzazione formativa della politica e dell’organizzazione sindacale del paese, venne contraddetta però nel 1932, quando diventò un'organizzazione di massa, contando fino a 2,5 milioni di iscritti, anche se spesso obbligati all’adesione (es. tutti i dipendenti pubblici). 
Nello Statuto del 1932, il PNF fu definito «una Milizia civile, agli ordini del DUCE, al servizio dello Stato Fascista». 
L'organizzazione territoriale continuò sempre a basarsi sui Fasci di combattimento che erano maggiormente radicati nelle piccole realtà territoriali come gruppi aziendali e rionali e facenti capo a federazioni provinciali strettamente controllate dal potere centrale.
I segretari del PNF furono: Michele Bianchi (1921-1922); Nicola Sansanelli (1922-1923); Francesco Giunta (1923-1924); il quadrumvirato Roberto Forges Davanzati, Cesare Rossi, Alessandro Merchiori, Giovanni Marinelli (1924-1925); Roberto Farinacci (1925-1926); Augusto Turati (1926-1930); Giovanni Battista Giurati (1931); Achille Starace (1932-1939); Ettore Muti (fino al 30 ottobre 1940, ma reggente dal 6 luglio fu Pietro Capoferri); Adelchi Serena (1941); Aldo Vidussoni (1941-1943); Carlo Scorza (dall'aprile 1943 al luglio 1945).


Quando il 25 luglio 1943 Mussolini fu messo in minoranza dal Gran Consiglio del Fascismo, il PNF e la MVSN non si mossero in sua difesa. 
Il 27 luglio il generale Pietro Badoglio, nuovo capo del governo, sciolse il PNF.