Salta al contenuto principale Skip to footer content

Francesco Santini

1904 - 1976

Scheda

SANTINI FRANCESCO (BOLOGNA 1904-1976)
Si diploma nel 1926 all'Accademia di belle arti; inizia la sua attività collaborando con architetti bolognesi già affermati. Si trasferisce a Roma dove si laurea in Architettura nel 1937. Conosce Marcello Piacentini e ne di viene allievo e collaboratore. Più volte membro della Commissione edilizia del Comune di Bologna è, tra il 1955 e il 1958, presidente dell'Ordine degli architetti dell'Emilia-Romagna, nonché membro dell'Accademia Clementina.
Vincitore di numerosi concorsi nazionali, sviluppa dalla metà degli anni trenta un'intensissima attività e, grazie a una sapiente pratica del mestiere, diviene uno dei principali progettisti dello IACP di Bologna. L'Istituto, presieduto negli anni trenta da Augusto Baulina Paleotti, aveva tra i suoi consiglieri Paolo Dore (preside della facoltà d'Ingegneria) e come direttore l'ingegnere Giuseppe Lenzi per il quale Santini  seguirà numerosi progetti senza figurare quale vero autore degli stessi.
Nel 1934 lo IACP aveva bandito un concorso nazionale per «fabbricati ed alloggi destinati a famiglie  numerose» (le Popolarissime), aggiudicato al gruppo milanese di Franco Albini, Renato Camus e Giancarlo Palanti che propongono nei loro progetti le soluzioni dell'«existenz-minimum». Le soluzioni tipologiche individuate dal gruppo milanese non furono applicate come tali, perché l'Istituto bolognese le trovò inadeguate e incaricò il giovane Santini di rivederne i progetti. Attento alle norme dell'ingegneria sanitaria (orientamento, soleggiamento, ventilazione, rapporto altezza blocchi, larghezza della strada ecc.) Santini adotta i progetti originali delle Siedlung: blocchi accostati in file parallele perfettamente orientati, separati tra loro da giardini passanti che accolgono gli spazi-gioco per bambini, l'asilo nido, i locali del «gruppo rionale fascista».
I progetti di Santini, che passarono da varie mostre nazionali a quelle di Vienna e Ginevra del 1935, ottennero grandi consensi. A questo primo progetto seguì l'incarico per il villaggio della Rivoluzione alla pineta Zangheri, La realizzazione di una «città giardino» in una zona all'epoca lontana dalla città e priva di servizi, sollevò non poche perplessità tra i futuri assegnatari. Santini s'ispirò ai progetti del Weissenhof di Stoccarda (1928), seguendo gli esempi dei massimi esponenti dell'architettura moderna (Le Corbusier, Bruno Taut, Peter Behrens, Ludwig Mies van der Rohe, Hans Scharoun).
L'operazione avvenne nel totale rispetto della natura e senza riferimento a un centro preciso. L'idea, nuova nei contenuti e nei caratteri esecutivi, mirava soprattutto a elaborare gli standard tedeschi e a valorizzare il contesto paesaggistico. Si trattava in sostanza di un complesso «novecento» mai sperimentato fino a quel momento a Bologna a tale scala.
I lavori iniziarono il 19 agosto 1937 e terminarono il 28 ottobre dell'anno successivo.
L'insediamento è composto da 16 fabbricati con 78 appartamenti, 11 villette binate, 3 fabbricati medi a 8 appartamenti, 2 fabbricati più grandi con doppie scale e 16 appartamenti.
L'asilo nido (1938) realizzato all'interno, in un edificio a due piani, con soggiorno, refettorio, stanze di riposo, bagni, cucina, saletta per la direzione e per il medico, costituisce una realizzazione unica per l'epoca, ampiamente ispirato a criteri «montessoriani».
Santini si avviava così a diventare il principale protagonista bolognese dell'ultima stagione del razionalismo.
Lavora anche per la Piancastelli, progetta la villa di Mingami, oggi distrutta. Progetta i nuovi impianti per la ditta Ansaloni negli anni cinquanta. Collabora al palazzo Faccetta Nera in via Marconi; la sede centrale del Credito Romagnolo, il cinema Metropolitan, il negozio di pellicce di Cohen sono le sue ultime opere. L'architetto pone grande attenzione nell'impiego dei colori, studiando cromatismi raffinati anche nelle abitazioni più modeste. 

Tra le sue opere principali ricordiamo la parte artistica della casa d'abitazione in via Irnerio (1928) in collaborazione con Enrico Buriani, la parte artistica del nuovo ricovero in via Albertoni (1929), l'albergo Roma in via D'Azeglio (1934), le case Popolarissime in via Scipione del Ferro (1934) in collaborazione con l'Ufficio tecnico IACP, le case Popolarissime per lo IACP di via Vezza (1934-1939) e di via Pier Crescenza (1935-1936), il padiglione del Grano alla 1 Mostra corporativa dell'agricoltura ai Giardini Margherita (1935), il villaggio della Rivoluzione fascista in via Irma Bandiera (1935); il palazzo per abitazioni e uffici dell'INAIL in via Amendola (1938), villa Mingami in via Emilia (1939), la sistemazione urbanistica della Zona della Canapa in via Beverara, 1940; complesso della Rosma a Fiume, 1942; casa Baravelli in via degli Orti (1951), il complesso residenziale iNA-CASA a Borgo Panigale (1951) con altri architetti, il villaggio iNA-CASA in piazza Lambakis (1954-1955), gli immobili Frabboni in via Irnerio e via del Borgo (1955), le officine Mingami in via della Liberazione (1956), il palazzo ACI in via Marconi (1957), il palazzo ex IACP in via Marconi (1957-1958).

Tra i suoi progetti del dopoguerra fece scandalo la villa in via XII Giugno ricoperta di mosaici bianchi e verdi. 

Bibliografia: "Norma e arbitrio: architetti e ingegneri a Bologna 1850-1950" di G. Gresleri (a cura di), P. G. Massaretti (a cura di), Marsilio 2001