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Società operaia di Bologna

1860

Schede

Il 2 aprile 1860, promossa da un gruppo di patrizi e borghesi illuminati, fu istituita a Bologna la Società operaia con lo scopo di favorire «la Fratellanza e il Mutuo soccorso» tra i lavoratori e «promuovere l’istruzione, la moralità, il benessere affinché possano felicemente cooperare al pubblico bene». L’Operaia accentuò il suo impegno sociale quando, nel 1866, la presidenza fu assunta da Quirico Filopanti, mentre in consiglio entrarono molti esponenti mazziniani. Fu intensificata l’attività previdenziale del mutuo soccorso, quell’economica con la costituzione di cooperative e quella morale con l’organizzazione di corsi d’istruzione. L’ente subì una svolta radicale quando, il 15.4.1883, il socialista Enrico Forlai fu eletto presidente. Dal concetto della solidarietà di classe si passò a quello della lotta di classe. La Società operaia si fece promotrice di leghe sindacali e nel 1893 della CdL. Al suo interno, ma con autonomia operativa, fu istituita la Società operaia femminile con il compito di affrontare i problemi delle lavoratrici. Ha scritto Mario Maragi, lo storico della Società, che «Dal 1860 fino all’avvento del fascismo la Società è stata una componente spesso determinante della storia locale». E ancora: «Non vi è campo in cui abbia avuto senso “pensare” e “agire” per il miglioramento e per l’emancipazione popolare che non registri la presenza attiva, spesso precorritrice in forme addirittura pionieristiche, della Società Operaia». Non soppressa dal fascismo, ha ripreso ad operare dopo il 1945, ma in un contesto sociale del tutto diverso da quello nel quale era nata. [O]

Così si rivolgeva Livio Zambeccari agli operai il 2 aprile 1860: "Operai di Bologna! Una Commissione di amici del Popolo si è provvisoriamente costituita onde iniziare anche fra noi l’Associazione degli Operai, fondata sul diritto che vi dà lo Statuto. Tali Associazioni prosperano mirabilmente in Piemonte e si svolgono con generale soddisfazione nella Lombardia. L’Operaio appartiene a quella schietta e robusta parte della Società che, eminentemente laboriosa, ritrae col sudore della fronte il proprio sostentamento. Se l’operaio o il colono, che formano le classi più numerose della Nazione e costituiscono colla produzione delle loro fatiche la principale sorgente della comune prosperità e la base della nazionale ricchezza, sono nei governi dispotici ed assoluti le più invilite e neglette, non così può avvenire negli Stati retti a libertà ove, come le altre, devono essere chiamate a sviluppare col progresso le latenti lor forze ed a migliorarle. A ciò conduce specialmente l’Associazione. L’Unione fa la forza. Questo è assioma applicabile alla Nazione intera ed alle sue parti. La forza di un popolo non deriva soltanto dalla vigoria muscolare delle sue membra, ma ben anche dal maggior grado di sviluppo intellettuale e morale. Nell’isolamento l’uomo imbarbarisce; nell’associazione ossia nell’unione le forze di cui dispone si moltiplicano, ed esso diviene più istruito più buono ed in conseguenza più felice, prevedendo e coltivando le cagioni del bene, prevedendo e scongiurando i disastri possibili. Lo scopo dell’Associazione degli Operai è dunque di incoraggiare fra di essi la Fratellanza ed il Mutuo Soccorso; tende a promuovere l’istruzione, la moralità, il benessere affinchè possano efficacemente cooperare al pubblico bene. Ad attuare questo nobile concetto la Commissione pertanto vi inviterà fra breve, secondando i conosciuti vostri desideri, a presentarvi numerosi nell’aula del Liceo Musicale il giorno 9 aprile alle ore 11 ant. Onde insieme avvisare ai preliminari per costituire l’Associazione con la scorta dei regolamenti adottati da quelle di Piemonte e di Lombardia. 2 Aprile 1860. Per la Commissione, Livio Zambeccari".

"Verbale di seduta dei Promotori nel giorno 9 del mese di aprile 1860. Alle ore undici e minuti quarantacinque del giorno suindicato la Commissione Promotrice della Società degli Operai in Bologna si è radunata nell’aula magna del Liceo Musicale posta in via delle Campane, a senso degli inviti a stampa pubblicati dal Promotore signor marchese colonnello Livio Zambeccari. La Commissione Promotrice si costituisce composta dei signori: Presidente: ZAMBECCARI Marchese Colonnello LIVIO. Consiglieri: PEPOLI marchese GIOACCHINO NAPOLEONE / LOLLINI PAOLO / ZANOTTI VALENTINO / STAGNI RAFFAELE / MARTI TADDEO. Segretario: PIGOZZI GIACOMO LUIGI.

Gli operai e cittadini presenti sono in numero di 208. La seduta si apre dal Presidente Zambeccari, il quale dopo un breve discorso invita il Segretario a più diffusamente sviluppare il concetto e lo scopo dell’Associazione proposta. Il Segretario dichiara essere molto chiaramente esposto lo scopo di tale Associazione nel primo avviso a stampa del 2 aprile e perciò ne fa lettura per quelli che non lo avessero letto esponendo anzi tutto che il diritto di riunirsi ed associarsi è riconosciuto dallo Statuto del Regno come è espresso nell’articolo 32 che legge testualmente ad alta voce. Protesta quindi che l’unione o società di operai sarà attuata colle debite intelligenze col Governo, e soprattutto dichiara una tale Associazione non avere scopo o viste politiche, ma a simiglianza di quelle esistenti in Torino e Milano, aver di mira unicamente il ben essere materiale e morale degli operai procurato mediante il mutuo soccorso. Espone poi che esistendo in paese altre società di mutuo soccorso, quali sono quelle degli Orefici, dei Barbieri e dei Cappellai ed altre, si crede facile indurre tutti gli operai di buona volontà ad iscriversi alla novella Associazione, animati dai lodevoli esempi di quelle e dimostra i vantaggi che la Commissione Promotrice riconosce dall’unione e fusione in una sola generale Società di tutte le società di mutuo soccorso esistenti, onde le forze morali e materiali non vadano sperperate. Ed affinchè i Promotori accorsi conoscano meglio le basi su cui si formulerà lo Statuto della Società generale di Mutuo Soccorso per gli Operai, il Segretario prega il Consigliere signor Raffaele Stagni a leggere il Regolamento dell’Associazione degli Operai di Torino, approvato da quella Società il 28 Dicembre 1856. Fatta lettura del Regolamento Torinese, il Segretario d’ordine della Commissione, invita i signori Promotori presenti a nominare una Commissione direttrice provvisoria composta: da 1 Presidente, 2 Vice Presidenti, 4 Consiglieri, la quale abbia facoltà di eleggere un Segretario Capo e due Vice Segretari. Si dichiara la suddetta Commissione avere incarico di convocare una nuova adunanza, previe le necessarie intelligenze colla Governativa Autorità, di aprire il ruolo per l’ammissione dei soci effettivi ed onorari, di procedere all’attuazione della Società generale coll’adozione del Regolamento Torinese quale fu letto nell’odierna seduta, salvo quelle modificazioni che le circostanze locali potranno suggerire; di procurare la fusione in questa di tutte le Società di mutuo soccorso esistenti in Bologna e di invitare a devenire alla scelta del Consiglio generale tostochè cento operai siano stati ascritti come soci effettivi. Si propone quindi di devenire alla nomina della anzidetta Commissione Direttrice Provvisoria, mediante schede contenenti sette nomi onde quegli che riporterà il maggior numero relativo di voti sia Presidente, i due che ne avranno più degli altri siano Vice Presidenti, e gli altri quattro appresso abbiano la carica di Consiglieri. Il Presidente domanda se qualcuno abbia osservazioni da fare. Uno degli intervenuti promotori chiede se debbasi nominare una Commissione Provvisoria di soli capi d’arte, od operai, oppure se possa cadere la scelta su persone appartenenti ad altre classi della Società. Si risponde che la Direzione definitiva dovrà essere eletta seguendo le norme del Regolamento Torinese, ma la Commissione provvisoria la quale in sostanza non ha incarico di amministrare, ma solamente di promuovere ed attuare la Società generale degli Operai, può essere eletta scegliendone i membri in qualunque classe. Uno degli accorsi promotori dimanda pure se si intende di escludere dal beneficio di far parte dell’Associazione quelli che furono condannati dai tribunali del cessato Governo, ed espone che quel Governo avendo sempre perseguitati ed oppressi i buoni, non sembrerebbe giusto escludere i condannati da quei tribunali ora che ne protegge un libero Governo. Si risponde che lo Statuto Torinese non esclude i condannati per delitti politici, ma solo quelli che si resero rei di furto, ferimento proditorio ed attentato contro la morale. Che tali delinquenti sono stimati indegni di far parte di qualsivoglia onesta società sotto qualsivoglia Governo. Niuno degli astanti avendo dopo ciò domandata la parola, il Presidente invita i soli Operai e Capi d’arte a deporre la loro scheda e perciò si prega ciascuno di essi a presentarsi al banco della Presidenza chiamandoli a nome mediante lettura di un Elenco formatosi già alla porta della sala dell’adunanza nell’atto che ciascuno entrava. Si avverte finalmente che la Commissione provvisoria avrà incarico di procurare l’attuazione dell’Associazione degli Operai prima dell’arrivo sperato in Bologna del glorioso ed amato nostro Re onde l’Associazione stessa possa recarsi ad incontrarlo portando la propria bandiera.

Gli operai e capi d’arte intervenuti in numero di centododici e nominatamente chiamati presentano le loro schede ed i signori: Stagni Raffaele – Zanotti Valentino – Marti Taddeo – Lodi Carlo – Lollini Paolo, eseguiscono lo spoglio delle schede medesime dal quale risultano eletti i signori: MANSERVISI FILIPPO – Presidente con voti 65 / MATTIOLI Avv. GIUSEPPE – Vice Pres. Con voti 53 / ZAMBECCARI marc.col.LIVIO – Vice Pres. Con voti 46 / COLTELLI LUIGI – Consigliere con voti 85 / TOGNETTI BERNARDO – Consigliere con voti 34 / PACCHIONI GIUSEPPE – Consigliere con voti 33 / LOLLINI PAOLO – Consigliere con voti 29. Terminato lo squittinio il Presidente legge ad alta voce i nomi dei signori eletti, ed ordina al Segretario di avvisarli singolarmente con lettera circolare. Dichiara quindi sciolta l’adunanza alle ore tre e minuti quindici pomeridiane. Firmati: LIVIO ZAMBECCARI / TADDEO MARTI / ZANOTTI VALENTINO."

Così si rivolgeva Giuseppe Mazzini agli operai nel 1861: "Londra, 14 agosto 1861. Fratelli, Mal fermo in salute, non potrei rispondere prima al vostro carissimo invito del 21 maggio, ch’ebbi più tardi assai, ma vi risposi col core. Accetto con soddisfacimento fraterno, e vi prego di inscrivere il mio nome nei registri, come socio onorario, e d’accettare la mia sottoscrizione mensile di tre franchi. Cerco modo di farvi giungere sicuramente il versamento di un anno, e lo troverò. In voi, operai, fratelli miei, vive l’avvenire d’Italia, se sapete intendere la vostra missione: missione nazionale e locale, missione morale, intellettuale ed economica ad un tempo. Un suggerimento fatale, improvvisamente accettato da alcune delle vostre Società, cerca di limitare la vostra azione collettiva al solo miglioramento economico ed esiliarla dalla discussione dei grandi interessi della patria comune: come se la vita dell’operaio dovesse smembrarsi a frammenti e ridursi alla pura esistenza materiale: come se l’avere una patria potente, onorata, sicura da ogni assalto straniero, amata dai popoli, ricca di vincoli fraterni con essi, non fosse pegno di ricchezza interna, fondamento d’ogni miglioramento economico, e guarentigia della sua durata. La dottrina che gli operai non dovevano occuparsi che dei loro interessi materiali, ha condotto la Francia alla perdita di ogni libertà, ed ha diminuito (fuorché nelle tre o quattro grandi città dove il Governo mantiene, per sue mire, lavori artificiali di fabbricazione) il benessere materiale della vostra classe. E le condizioni economiche dei popolani non furono mai così splendide come nelle nostre repubbliche di cinque secoli addietro, quando le consorterie operaie si raccoglievano sotto i loro gonfaloni a parlamento sulle piazze o nei templi, ogni qualvolta le cose della loro città chiamavano tutti a provvedervi. Oggi, Roma, fatta nostra, darebbe all’Italia, discusso maturatamente da un’Assemblea Costituente, un patto nazionale che fonderebbe probabilmente il credito delle Associazioni Operaie; e Venezia, conquistata alla libertà, riaprirebbe al commercio italiano una serie di nuovi mercati ai nostri prodotti, fra le popolazioni della grande valle del Danubio e dell’Oriente Europeo. Libertà, Unità Nazionale, emancipazione dei popoli, progresso materiale, tutto è connesso. Chi insegna agli operai la separazione fra queste cose, tende a far degli operai una casta inferiore, che spera monopolizzare a proprio vantaggio. Respingete, fratelli, il consiglio insidioso: e respingetelo dall’alto del vostro dovere, del vostro miglioramento morale. Il dovere verso Venezia e Roma è dovere nazionale, e voi siete parte della Nazione. Avete diritti; ma non ne otterrete il libero esercizio se non compiendo quel dovere, come non otterrete miglioramenti importanti, stabili e materiali, finché il suffragio non vi abiliterà a scegliere rappresentanti i quali esprimano i vostri bisogni, le vostre vere condizioni nelle assemblee della Nazione. Unitevi; unitevi da un punto all’altro della nostra terra. Vi sono per voi interessi locali, e ciascuna delle vostre Società deve rappresentarli. Vi sono interessi generali, comuni a tutta quanta la classe degli uomini del lavoro, e questi pure devono essere rappresentanti. Come avete statuti locali, dovreste avere uno Statuto generale. Come i primi sono amministrati dai Comitati delle singole associazioni, il secondo dovrebbe essere rappresentato da una Direzione Centrale. Date opera a questo. I congressi senza statuto, senza legge fondamentale, non bastano. Voi dovreste, nel prossimo Congresso, eleggere tra voi una Commissione che dasse opera a questo Statuto. La Fratellanza Artigiana di Firenze e il suo Statuto agevolerebbero di molto il lavoro della Commissione. Discusso ed accettato in un Congresso successivo, quello Statuto sarebbe applicato dalla Direzione centrale, che eleggereste. Allora, la potenza dell’elemento operaio sarebbe costituita. La Lega del popolo sarebbe fondata. Diffondete, se vi paiono giuste, queste idee tra le Società Operaie delle città di Romagna. Preparate il terreno all’unificazione. Date la vostra firma alla protesta per Roma. Date il vostro obolo, qualunque siasi, al fondo emancipatore di Venezia. Quanto a me, se Dio mi dà vita oltre il riscatto di Venezia e Roma, essa sarà tutta consacrata allo sviluppo degli interessi vostri, che sono gl’interessi di Italia. S’ei me la toglie prima, ricordatevi con un po’ d’affetto d’un uomo che v’ha sinceramente amati, e che ha sperato molto da voi per la patria, quando nessuno si occupava di voi, della vostra emancipazione e del vostro avvenire. Abbiatemi fratello, Giuseppe Mazzini."

"Sullo scorcio dell’anno 1867 il Ch. Prof. Luigi Luzzatti teneva, nella sala del Liceo Rossini, varie conferenze sulla utilità delle Associazioni cooperative. A Bologna, come accennammo a suo luogo, la Società Operaia aveva istituito una Provianda per gli operai, ma essa non era basata sul concetto tutto moderno della cooperazione, né i suoi affari procedevano troppo bene. Appoggiati dall’opera efficace del Luzzatti, che ognora seppe unire l’azione alla parola per propagare le istituzioni utili al popolo, vari cittadini posero mano ben tosto a riunire sottoscrizioni per iniziare una vera Società Cooperativa di consumo. L’esito fu superiore alla aspettazione. In pochi giorni parecchie centinaia d’azioni, fissate in L.20 caduna, erano sottoscritte. La nascente Associazione assorbì la Provianda degli operai, accettando le azioni dei vari soci di quella per il loro prezzo del giorno, in acconto di azioni della nuova Società Cooperativa. Con decreto reale del 16 luglio 1868 veniva approvato lo Statuto della Società, che s’intitolò: Società Cooperativa degli Operai di Bologna. Ciò era in relazione col tipo primitivo della Società di Rochdale da cui avevano copiato le Cooperative di Lombardia e Toscana, e ne derivava la necessità delle contromarche o gettoni da darsi ai compratori. Non tardarono però a manifestarsi molti inciampi e conseguenze dannose che da tale sistema (certo per circostanze locali) provenivano, e sullo scorcio del 1869 si dovette pensare a riformare lo Statuto. Prima però di parlare delle sostanziali innovazioni introdotte, accenneremo in breve le vicende che ebbe a subire la Società nei primordi della sua istituzione. A. Ravà" (Testo tratto da Storia delle associazioni di Mutuo Soccorso e Cooperative nelle provincie dell’Emilia, Bologna, Zanichelli, 1873 - trascrizione a cura di Lorena Barchetti).

Così viene descritta la sede posta in via Oberdan 22 nella 'Guida illustrata di Bologna', edita nel 1892 dalla Tipografia Monti: "Questa casa ha pure il portico adorno, del secolo XV. Appartiene alla Società operaia che vi tiene la sua residenza. Internamente, nel cortile, vi è un busto di Garibaldi. Nella Sala delle adunanze, oltre ad altre memorie, si vede un ricordo marmoreo a Guglielmo Oberdan, consistente in un medaglione con l’effigie del martire, sopra cui si stende un grande ramo di palma in bronzo. E’ opera dello scultore Carlo Parmeggiani, bolognese, vivente. L’epigrafe, che vi si legge sotto, fu dettata da Giosue Carducci e suona così: Guglielmo Oberdan / Morto santamente per la libertà / Terrore ammonimento condanna / Ai tiranni di fuori / Ai vigliacchi di dentro. La Casa al n. 24 ha pure internamente qualche pregio artistico." La lapide dedicata a Oberdan è ora collocata nel cortile di Palazzo Comunale o d'Accursio.