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Partito popolare italiano (PPI)

1919

Schede

Solo nel 1919 i cattolici italiani ebbero la possibilità di organizzarsi in partito politico.
Vincolati dal non expedit, avevano sempre dovuto disertare le elezioni, anche se il divieto era stato attenuato nel 1913, quando, con il Patto Gentiloni, concordarono le candidature con i gruppi conservatori, in occasione delle politiche.
Il 18.1.1919, su iniziativa di don Luigi Sturzo e di un gruppo d’esponenti del mondo cattolico - tra i quali i bolognesi Giovanni Bertini* e Paolo Cappa* direttore de “L’Avvenire d’Italia” fu rivolto un appello «A tutti gli uomini forti e liberi», che portò alla nascita del PPI. Il primo congresso nazionale si tenne a Bologna il 14.6.1919.
Alle elezioni politiche del dicembre 1919 ebbe il 20,6 per cento dei voti e cento deputati. Il PPI fece parte di tutti i governi del dopoguerra e suoi ministri entrarono in quello di Mussolini, dopo la “marcia su Roma”. Nell’aprile 1923 il congresso nazionale, riunitosi a Torino, si espresse per la fine della collaborazione con i fascisti. Numerosi esponenti del gruppo clerico-fascista uscirono dal PPI, mentre altri furono espulsi per essersi rifiutati di cessare la collaborazione con il fascismo. Verso la fine del 1923 il gruppo clerico-fascista diede vita all’Unione nazionale, con il proposito dichiarato di fiancheggiare i fascisti. Il PPI ricercò un’intesa con il PSUI di Turati.
Alla proposta di un’alleanza, avanzata da Turati con un’intervista a “Il Popolo” l’1.7.1924, rispose positivamente il segretario nazionale del PPI Alcide De Gasperi il 16.7. Il 21.7 “La Civiltà cattolica”definì «inopportuna» l’alleanza tra cattolici e socialisti. Dopo avere avuto il via libera dal segretario di stato vaticano Pietro Gasparri (R. Sgarbanti, Ritratto politico di Giovanni Grosoli, Roma, Cinque lune, 1959, p.155 e 187), il gruppo clerico-fascista del PPI guidato da Giovanni Grosoli si riunì a Bologna il 12.8.1924 Con l’assenso di «un fiduciario del Vaticano finora non ben conosciuto», come si legge nel rapporto del questore al prefetto, (ASB, GP, 1924, b. 1.405, cat.7, fas.1, “Partito cattolico nazionale), fu decisa la scissione dal PPI e la costituzione del Centro nazionale italiano. Il 28.8 la nascita del partito clerico-fascista ebbe il consenso de “L’Osservatore romano”. Don Sturzo - che aveva rassegnato le dimissioni il 10.7.1923 - il 25.10.1924 andò in esilio. Il PPI - che nelle elezioni del 1924 aveva raccolto il 9% dei voti - fu sciolto nel novembre 1926, come gli altri partiti.
A Bologna il PPI nacque dall’incontro di uomini che - accomunati dalla fede religiosa - provenivano da esperienze diverse. Alcuni, per avere militato nel Partito democratico cristiano, avevano un interesse sociale molto vivo. In altri era prevalente la tematica religiosa. A tutti era comune il desiderio di affermarsi autonomamente sul piano politico, come cattolici. Fu così che - solo perché uniti dalla fede religiosa si ritrovarono a militare nello stesso partito uomini come Antonio Masetti Zannini, Filippo Sassoli De’ Bianchi e Carlo Malvezzi, nobili e grandi proprietari terrieri, e altri come Massimo Federici, un contadino dirigente delle Fratellanze coloniche, le leghe “bianche”. Tra i primi non mancavano - vedi Sassoli - i nemici del suffragio universale. Le due anime del PPI convissero senza grossi problemi, sino a quando l’avversario era il PSI. Ma quando, nell’estate 1921, le Fratellanze accarezzarono l’idea di conquistare il controllo dei lavoratori della terra - dopo che i socialisti erano stati piegati dalla violenza fascista e indeboliti dalla scissione comunista - si videro sbarrata la strada dai grossi proprietari terrieri e dai fascisti.
Per i grossi proprietari terrieri il leghismo “bianco” non era molto diverso da quello “rosso”. I fascisti, invece, miravano a controllare le campagne con i loro sindacati. Dopo avere imposto al PPI alleanze elettorali con i fascisti - pur di strappare al PSI le amministrazioni comunale e provinciale di Bologna e i comuni minori - la destra clerico-fascista considerò conclusa l’esperienza del partito e propose la confluenza nel PNF. Uno dei primi a aderire al fascismo fu Masetti Zannini, seguito nel 1923 dall’ex deputato Carlo Ballarini e da Carlo Enrico Bolognesi che il 10.7.1924 aveva sostituito Cappa alla direzione de “L’Avvenire d’Italia”.
Un primo gruppo di cattolici uscì l’1.4.1924 con un manifesto di adesione al PNF firmato dal marchese Filippo Baviera, dal marchese Filippo Boschi, dal dott. Giuseppe Cosentino, dall’industriale Ermete Maccaferri, dal conte Pio Ranuzzi de’ Bianchi, dal dott. Michelangelo Riccomini e dal conte Paolo Senin. Il 12.8.1924, nella sede de “L’Avvenire d’Italia”, quando nacque il Centro nazionale italiano, erano presenti i delegati dei clerico-fascisti bolognesi ed emiliani. All’epoca, come risulta da un rapporto del prefetto al governo, in data 16.7.1924, nel Bolognese i «popolari ammontano ad alcune migliaia» (ASB, GP, 1924, b. 1.405, cat.7, fas.1, “Situazione ordine pubblico”). Il 3.1.1925, dopo il discorso di Mussolini, a Bologna furono messe a sacco le sedi dei partiti e gli studi di alcuni avvocati antifascisti. Gli squadristi penetrarono nella sede del PPI e in quella dell’Unione del lavoro, in via Marsala 6. Mobili e documenti furono incendiati. Analogo trattamento fu riservato a “Il Mulo” - il settimanale satirico cattolico diretto da Cesare Algranati* - in via Cavaliera (oggi via Oberdan). Il 27.2.1925 il prefetto, in un rapporto al ministro dell’Interno, scrisse che il PPI aveva «forze modeste» e che i principali dirigenti erano Fulvio Milani*, Carlo Strazziari* e Antonio Bonfiglioli dirigente delle Fratellanze (ASB, GP, 1925, b.1.418, cat.7., fas.1, “Partiti politici esistenti”). I membri del PPI che ancora sedevano nel Consiglio provinciale e in quelli comunali con i fascisti rassegnarono le dimissioni.
La sezione bolognese del PPI fu sciolta il 13.11.1926 con decreto prefettizio. Le carte furono sequestrate dalla polizia e i mobili ceduti al proprietario dello stabile, a saldo delle mensilità arretrate d’affitto. Nelle politiche del 16.11.1919 nella città di Bologna il PPI ebbe 4.810 voti (13,8%) e 21.115 (18%) nella provincia. Fu eletto Fulvio Milani. In quelle del 15.5.1921 nel comune di Bologna ebbe 3.887 voti, 13.372 nella provincia di Bologna e 42.549 nella circoscrizione (BO, FE, FO e RA) e 3 deputati: Milani, Carlo Zucchini e Giovanni Braschi. Paolo Cappa* fu eletto a Genova e Giovanni Bertini a Ancona. In quelle del 6.4.1924 nella circoscrizione regionale ebbe 51.230 voti e 4 deputati: Giuseppe Micheli, Felice Corini, Milani e Braschi. Nella provincia di Bologna raccolse 6.504 voti, dei quali 2.548 nel comune di Bologna.