La Repubblica Romana del 1849

La Repubblica Romana del 1849

9 febbraio | 3 luglio 1849

Scheda

Il 15 novembre 1848 l'uccisione del ministro Pellegrino Rossi fece precipitare lo Stato Pontificio in una nuova profondissima crisi. I sommovimenti popolari si sfogarono in tumulti ed eccessi, il popolo ed i circoli politici tentarono di imporre al Papa Re un governo moderato con un programma liberale e nazionale, ma Pio IX, spaventato, ignorando il consiglio dei suoi ministri, il 24 novembre fuggì a Gaeta, mettendosi sotto la protezione di Ferdinando II Re di Napoli. Tutti i tentativi di mediazione con il Pontefice fallirono e all'alba del 9 febbraio la giunta provvisoria di Governo proclamò “decaduto di fatto e di diritto” il potere temporale dei papi e la nascita della Repubblica Romana.

Alla Repubblica aderirono i territori dell'ex Stato Pontificio: Roma e il Lazio, l'Umbria, le Marche e le Legazioni. A capo della Repubblica venne posto un comitato esecutivo di tre membri: inizialmente Carlo Armellini, Mattia Montecchi e Aurelio Saliceti, questi due ultimi presto sostituiti da figure più autorevoli e rappresentative: Giuseppe Mazzini ed Aurelio Saffi. Il nuovo triumvirato, più forte e deciso e dotato di illimitati poteri dovette far fronte a forti difficoltà interne, ad una situazione internazionale ambigua e rischiosissima e alla gravissima situazione economico-finanziaria. Ordine, moralità, temperanza, proclamate da Mazzini, si scontrarono anche con contrasti interni e con difficoltà di gestione delle forze, anche molto estremiste, che avevano dato la propria adesione alla Repubblica.

La pressione internazionale a favore del Papa , ed in particolare la discesa in campo di quattro potenze cattoliche al suo fianco (Impero Austrio-Ungarico, Spagna, Francia e Regno delle Due Sicilie) portarono in tempi relativamente brevi alla fine della Repubblica. Il ruolo principale fu ricoperto dal nuovo presidente della Repubblica francese Luigi Napoleone, desideroso di ottenere l'appoggio dei conservatori cattolici e preoccupato d'impedire ogni rafforzamento austriaco nella penisola. In tal modo venne rinnegato ogni principio di fratellanza repubblicana, sulla quale avevano contato sia i patrioti romani che i repubblicani francesi.

Il corpo di spedizione francese, comandato dal generale Nicolas Charles Victor Oudinot, sbarcò a Civitavecchia il 25 aprile convinto di trovare appoggio fra la popolazione. In realtà, i Francesi dovettero fronteggiare una resistenza popolare inattesa, e vennero respinti sotto le mura di Roma il 30 aprile. Per tutto il mese di maggio e giugno si susseguirono scontri e battaglie, in cui furono impegnate le migliaia di volontari guidati da Giuseppe Garibaldi ma anche i popolani romani, e la città fu sottoposta a violenti bombardamenti di artiglieria, che, soprattutto nelle zone periferiche, provocarono ampie distruzioni, e centinaia di morti e feriti. A questo proposito, per la prima volta venne organizzato un servizio di sussistenza e di assistenza infermieristica e medica, cui diedero fondamentale apporto medici garibaldini e tante donne - nobildonne, compagne e mogli di volontari, semplici popolane, donne dei bassifondi della città – che gestirono un inedito ed avanzatissimo servizio di ambulanze e di assistenza ospedaliera per i feriti.

Negli scontri sui colli, tra le vigne ed i frutteti, tra le ville dei signori romani (il Vascello, Villa Corsini, Villa Spada, Villa Pamphili, il Casino dei Quattro Venti) morirono tanti giovani e giovanissimi patrioti provenienti da ogni città della penisola, passati poi alla storia come “padri” della libertà italiana: tra gli altri, Luciano Manara, Pietro Pietramellara, Enrico Dandolo, Emilio Morosini, Angelo Masina, Francesco Daverio, Goffredo Mameli. Divenuto ormai impossibile ogni ulteriore tentativo di difesa e respinta la proposta mazziniana di proseguire la lotta ad oltranza, la Costituente decise la resa, anche per evitare alla città ed ai suoi abitanti un bagno di sangue. La Repubblica Romana era ormai sconfitta. I Francesi entrarono in città il 3 luglio, accolti dai fischi e da qualche violenza del popolo, mentre l'Assemblea Costituente proclamava, come ultimo gesto di sfida ma anche di autorevole affermazione dei propri principi e della propria legittimità, la nuova Costituzione elaborata in quei mesi di dibattito e confronto democratico. Quirico Filopanti, rappresentante di Bologna presso l'Assemblea, attese con fermezza i soldati francesi nella sede della Costituente, vestendo la fascia tricolore, deciso a rivendicare il proprio ruolo di eletto dal popolo.

Garibaldi, a capo di poco più di 3.000 volontari s'era allontanato dalla città nella notte tra il 2 ed il 3 luglio, intenzionato a raggiungere la Repubblica di Venezia che ancora resisteva all'assedio austriaco: iniziava così la sua leggendaria risalita della penisola lungo la dorsale appenninica, verso la Romagna, verso i luoghi che videro la morte di sua moglie Anita e di alcuni tra i suoi più cari compagni di lotta, tra cui ricordiamo Ugo Bassi ed il romano Ciceruacchio. Questa fuga (Trafila Garibaldi) per lui terminò nuovamente con l'esilio, così come in esilio tornarono Giuseppe Mazzini e la maggior parte di quelli che avevano partecipato alle ultime vicende romane. Pio IX non rientrò subito in città: lo precedette il cosiddetto "triumvirato rosso", i cardinali Vannicelli, Della Genga e Altieri, incaricati di ripristinare l'autorità del governo. Ma la Repubblica Romana aveva scosso nel profondo lo spirito dei Romani e degli italiani tutti, tanto che, da quel momento in poi, lo Stato Pontificio riuscì a reggersi solo con l'appoggio militare delle potenze francese ed austriaca. La forte resistenza, della quale Garibaldi fu il braccio e Mazzini la mente, stupì il mondo intero e suscitò ammirazione fra gli stessi avversari, assumendo i contorni della leggenda, anche grazie ad un uso modernissimo dei mezzi di comunicazione che, in virtù della presenza a Roma di testimoni di ogni paese europeo, ed anche di altri continenti, raccontò le vicende della difesa della Repubblica sulle pagine dei giornali in tutto il mondo.

Mirtide Gavelli

Per approfondire sulla fuga di Garibaldi da Roma a New York cliccare qui

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Il 1848 bolognese: Ugo Bassi
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Il 1848 bolognese
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Intervista ad Mirtide Gavelli e Angelo Varni. A cura del Comitato di Bologna dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano. Con il contributo di Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. www.vedio.bo.it

Il 1848 bolognese - testimonianze
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Il soggiorno di Alberto Mario a Bologna nel 1849. In 'La Lettura - rivista mensile del Corriere della Sera', Milano, 1915

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A. De Angelis, La Mostra storica del Risorgimento in Roma. Da 'Ars et Labor - Musica e Musicisti', Ricordi, Milano, 1911. Collezione privata. © Museo Risorgimento Bologna | Certosa.

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Giovanni Natali, Un patriota bolognese del Risorgimento - Savino Savini (1813 - 1859), Bollettino del Museo civico del Risorgimento di Bologna, 1956

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Antonmaria Bonetti; Pio IX ad Imola e Roma - memorie inedite di Francesco Minoccheri; Napoli, Salvatore Festa, 1892. © Museo Risorgimento Bologna.

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Ebrei in camicia rossa - Mondo ebraico e tradizione garibaldina fra Risorgimento e Resistenza. A cura di Eva Cecchinato, Federico Goddi, Matteo Stefanori, Andrea Spicciarelli. Museo civico del Risorgimento di Bologna, febbraio - marzo 2020.