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Selezione di 15 campioni di marmi appartenuti ad Angelo Venturoli.

Schede

La raccolta dei marmi appartenuti ad Angelo Venturoli, è una delle più interessanti conservate a Bologna, e formata da 605 campioni di litotipi lucidati e levigati nonostante le consistenti perdite segnalate nel 1914 quando fu revisionato il precedente inventario del 1876. Il valore veramente eccezionale della collezione emerge dalla volontà di Venturoli di lasciarla al Collegio insieme ai libri: “Rapporto però alla colezione de’ miei libri di belle Arti, ed a quella de’ Marmi, che non senza molte cure, e dispendio mi è riuscito di fare, ordino, e voglio, che non siano distratte, ordinando, e volendo anzi che si conservino ad istruzione dè Giovani del mio Stabilimento”.

La collezione formava un insieme unitario e inseparabile con la biblioteca: gli allievi trovavano nei libri “di belle Arti” i modelli della grande tradizione classica e si esercitavano a imitare i marmi prediletti dal gusto neoclassico. Infatti, le pietre non erano solo belle da vedere ma rappresentavano in modo esemplare l’Antichità come le monete e le statue. Sorprende tuttavia che l’acquisto di 312 campioni della collezione (“serie di 312 pezzi per mostre di Marmi di diverse qualità”) costati la somma notevole di 330 lire risale al dicembre 1814, pochi anni prima della morte come si legge nelle “vacchette” dei conti conservate nell’archivio del Collegio Venturoli (Samoggia 2014, p. 374, fig. 5). I campioni di marmi colorati e di altre pietre sono di forma quadrangolare mediamente di 7,5 cm di lato, in parte ancora incollati su basette molate di ardesia. Ogni campione è stato catalogato dall’architetto in un registro conservato nell’archivio del Collegio e fornito di etichette autografe ancora leggibili sul verso delle pietre. Oltre all’interesse scientifico della collezione è da segnalare la rilevante importanza per la storia del collezionismo di epoca neoclassica quando le raccolte di marmi erano di gran moda, soprattutto a Roma e a Napoli, non solo per gli appassionati cultori di antichità ma anche per soddisfare i viaggiatori stranieri che alla fine dei grands tours in Italia riportavano in patria raccolte accompagnate da accurati cataloghi a stampa. La collezione di Venturoli è collocabile nel momento di passaggio tra il collezionismo settecentesco che amava presentare i marmi all’interno di litoteche o piccoli mobili di grande raffinatezza e la predilezione ottocentesca per un ordinamento più scientifico e sistematico dei pezzi. Oltre agli esemplari della collezione acquistata in blocco nel 1814 (alabastri, agate, africani, diaspri, “bianchi” ecc.) Venturoli ricercava anche pietre locali di più esclusivo interesse geologico probabilmente attraverso i contatti professionali con i marmorini che lavoravano nei suoi cantieri.

Da una sommaria lettura dell’inventario prevalgono i campioni provenienti da Castel S. Pietro e da Ozzano. Oltre ai “sassi” trovati nei torrenti Quaderna e Sillaro non mancano, per esempio, la “breccia corallina” e il “tuffo” di Bologna, il “diaspro di Sassone, territorio di Cartel S. Pietro”, il “Macigno della grotta del Merlino a Ozzano”, la “Pietra gallina della Quaderna territorio di C. S. Pietro, Prov. di Bologna” e il “Macigno duro delle grotte fuori di Strada Castiglione”. Interessante e anche il recupero di frammenti di marmo da monumenti cittadini come il “Marmo detto selice gentile, di Cava di Monte Selice, questo e levato dal monumento di S. Petronio”, identificabile con la statua seicentesca di Gabriele Brunelli infelicemente riportata qualche anno fa dalla basilica di San Petronio a Porta Ravegnana dove si e rapidamente deteriorata. Il colore preferito da Venturoli era il verde utilizzato moltissime volte, per esempio, negli altari in finto marmo (Samoggia 2014 cit.): l’inventario descrive moltissimi campioni di “Verde” con interessanti provenienze (“di Susa”, “di Prato”, “di Genova”, “di Carrara”, “di Piombino di rara macchia” ecc.). Dei Cipollini generalmente verdi e biancastri Venturoli possedeva ben undici varietà ma un pregevole campione di “Verde antico” di origine greca e purtroppo scomparso. Non mancano cinque varietà di “Fior di Persico” o “Fior di Pesco” di origine greca e asiatica dagli intensi colori rossi e violacei. I vari campioni di “Bianco” - amatissimi nel periodo neoclassico ma notoriamente i più difficili da riconoscere - vanno dal “Greco” allo “Statuario di Carrara” ma incuriosisce il Bianco di Carrara detto “a zaverzone” (inv. p. 10 e sgg.).

Purtroppo non conosciamo il nome del possessore della collezione acquistata da Venturoli nel 1814 e probabilmente integrata con i campioni di pietre del territorio bolognese. Nell’inventario e descritto un “Marmo greco segato da un fragmento de’ bassorilievi del Partenone portato a Roma da Milord Dowdel” (inv. pp. 11, 26). “Milord Dowdel” e identificabile con l’inglese Edward Dodwell o Dowdell, archeologo e collezionista di marmi antichi che aveva compiuto importanti viaggi di studio in Grecia, morto a Roma nel 1832. Una copia del suo importante volume Alcuni bassirilievi della Grecia (Roma, 1812), sicuramente conosciuto da Venturoli, fu pubblicato solo due anni prima dell’acquisto dei marmi (Pelagio Palagi ne possedeva una copia nella sua biblioteca). Siamo intenzionati a intraprendere uno studio più approfondito sulle collezioni di marmi a Bologna per chiarire i punti ancora oscuri sull’acquisizione dell’importante collezione, forse formata a Roma subito dopo il ritorno in Italia dell’archeologo inglese.

Antonio Buitoni

Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.