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Imola (BO)

1919 | 1943

Insediamento

Schede

Il comune di Imola è il più consistente della provincia di Bologna sia per territorio che per popolazione. Cerniera fra l'Emilia e la Romagna, esso si estende su una superficie di quasi duecentocinque chilometri quadrati e registrava alla fine del 1996 una popolazione residente di 63.814 persone con un incremento di circa il 4% rispetto a dieci anni prima. Si tratta di un tasso di crescita che si è riproposto costantemente negli ultimi cinquant'anni, dovuto in larga misura all'immigrazione.
La città è posta sulle rive del fiume Santerno a ridosso delle ultime propaggini dell'Appennino e si trova al centro di un Circondario che comprende i comuni di Castel del Rio, Fontanelice, Casalfiumanese, Dozza, Castel S.Pietro, Castel Guelfo, Medicina e Mordano. L'economia del comprensorio imolese ha subito negli ultimi trent'anni un radicale processo di trasformazione, spostando il proprio baricentro dall'agricoltura all'industria e al terziario, settori nei quali operano attivamente ben 6.494 imprese, alcune delle quali di dimensioni assai consistenti. Si tratta per lo più di imprese cooperative, quali la CEFLA, la SACMI, la Ceramica, che esportano i loro prodotti in tutto il mondo, proponendosi spesso come leaders sui mercati internazionali negli ambiti di loro competenza.
La cooperazione è presente, attiva e vivace in ogni settore della vita economica e sociale: dai servizi alla distribuzione, alla ricreazione, all'agricoltura, dove opera, fra gli altri, la PEMPA, che ha assunto dimensioni regionali per la commercializzazione e la trasformazione dei prodotti agricoli, in particolare della frutta e dell'uva, distinguendosi per la capacità di preservare la fragranza e la genuinità dei vini tipici locali, il sangiovese e l'albana, di cui le colline imolesi sono ancora generose produttrici. Le novantatre cooperative attive nell'Imolese contano complessivamente 42.793 soci, occupano permanentemente 5.500 persone, più 1.200 stagionali e realizzano un fatturato che sfiora i 3000 miliardi di lire.
La vita economica si innesta su un tessuto ambientale, sociale e culturale ricco di risorse e di creatività. Ai parchi naturali della Tozzona e delle Acque Minerali, che conservano piante di ogni tipo, fra cui rari esemplari di alberi centenari, si sono aggiunte negli ultimi tempi aree di verde attrezzato nelle zone di nuova urbanizzazione e lungo il fiume Santerno, le quali attutiscono i rumori e alleviano gli inevitabili disagi prodotti dall'uso dell'autodromo, su cui si disputa, fra l'altro, il gran premio di S. Marino di "formula uno", gara che ha reso Imola famosa in tutto il mondo.
All'attività sportiva e ricreativa si intreccia quella culturale, che può giovarsi di una biblioteca comunale fra le più cospicue e attrezzate della regione, di un teatro, di una pinacoteca, di alcuni musei e di interessanti monumenti storici, quali la Rocca Sforzesca, il Palazzo Tozzoni, i Chiostri di San Domenico, e di una gamma di edifici ricchi di valenze artistiche e architettoniche. In tale contesto sono sorte e si sono sviluppate Istituzioni culturali originali e di grande prestigio, che spesso hanno assunto rinomanza nazionale e internazionale. Basterà citare per tutte l'Accademia Pianistica Incontri col Maestro ", a cui accedono studenti provenienti da tutte le parti del mondo; il gruppo folcloristico "Danzerini e Ballerini Romagnoli", che gode di fama mondiale anche per la sua capacità di organizzare annualmente una rassegna del folclore internazionale, alla quale partecipano alcuni fra i più prestigiosi complessi di ogni continente; e l'Università Aperta, un'associazione cooperativa finalizzata alla formazione permanente degli adulti, che, per le sue peculiarità didattiche e organizzative e per il numero degli iscritti provenienti da tutta l'area provinciale e dal Ravennate, si è imposta all'attenzione di coloro che si occupano di queste problematiche in Italia e all'estero. Ma più che per ogni altro motivo Imola è nota per essere stata la culla del "movimento operaio e socialista italiano", da cui trassero forza l'Antifascismo e la Resistenza.
Essa diede i natali a uomini come Andrea Costa, Luigi Sassi, Anselmo Marabini, Antonio Graziadei, solo per citare le figure più significative, che con la loro azione e con la forza del loro pensiero gettarono le basi ideali e organizzative, sulle quali doveva sorgere e svilupparsi tale movimento. Per opera loro i contadini poveri, le grandi masse bracciantili della bassa imolese e del centro urbano, che all'inizio di questo secolo costituivano la grande maggioranza della popolazione, spesso abbruttiti ed esasperati dalla miseria e inclini a forme di ribellione sterili ed improvvisate, furono trasformate, attraverso le Leghe di resistenza, le cooperative, i sindacati e, poi, i partiti politici, in forza cosciente impegnata nella lotta per la conquista democratica del potere politico.
Imola fu uno dei primi comuni italiani amministrati fin dal 1889 da una coalizione di forze democratiche e socialiste e un imolese, Andrea Costa, giunse alla Camera dei Deputati a rappresentare fra i primi il Socialismo italiano.
Essa fu anche per qualche tempo sede della Federazione Socialista Romagnola, che raggruppava le sezioni socialiste di Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì e avrebbe dovuto ospitare, nel 1894, il III° congresso nazionale del Partito Socialista dei Lavoratori, che fu proibito dalle autorità di polizia.
Gli ideali democratici e socialisti dibattuti con grande passione e fervore fin dagli albori del Movimento Operaio penetrarono profondamente nella coscienza dei lavoratori imolesi, i quali, assumendoli a guida della loro azione per l'emancipazione, seppero fare della loro città un centro importante di lotta e di resistenza al fascismo. Così quando i fascisti, provenienti da Bologna e da altre città limitrofe, tentarono, per la prima volta nel dicembre del 1920, con grande dispiegamento di forze, di fare la loro apparizione a Imola, dove contavano solo 4 iscritti, trovarono ad attenderli una popolazione decisa a non lasciarli passare. I rintocchi della campana della torre civica, fatta suonare per l'occasione, spinsero ad uscire in un batter d'occhio dalle loro case uomini, donne e giovani, che, armatisi di sassi, tegole e bastoni, si disposero sui tetti delle case e agli angoli delle strade, pronti a dare battaglia ai fascisti, i quali, avuto sentore di ciò che bolliva in pentola, se la diedero a gambe.
Essi tornarono all'attacco dopo alcuni mesi, solo quando ebbero la certezza che carabinieri e poliziotti, fatti affluire numerosissimi in città per "tutelare l'ordine pubblico", erano in grado di proteggere la loro "marcia su Imola" e di impedire che i cittadini si sollevassero per difendere la democrazia, la libertà e le conquiste economiche e sociali realizzate col loro lavoro e con le loro lotte. Ma la marcia dei fascisti sulla città fu accolta con diffidenza e freddezza dalla popolazione e soprattutto non affievolì la resistenza agli attacchi squadristici e alla tracotanza ormai trionfanti. Decine di volte i fascisti furono messi in fuga e costretti a desistere dai loro tentativi di incendiare e distruggere le Leghe operaie, le Cooperative, le Case del Popolo e le sedi dei partiti politici.
Spesso in tali occasioni la resistenza al fascismo fu pagata col sangue e con le bastonature. Emblematiche a questo proposito furono le aggressioni ripetute subite da Giulio Miceti, sindaco socialista della città, costretto nel 1921 a dimettersi dall'incarico assieme agli altri socialisti impegnati nella vita amministrativa. In altra circostanza i fascisti tentarono di colpire a pugnalate Anselmo Marabini, deputato al Parlamento, che fu salvo solo grazie al coraggioso gesto del giovane comunista Andrea Mancini, il quale gli fece scudo col proprio corpo, rimediando una ferita, di cui soffrirà i postumi per tutta la vita. Così come per tutta la vita restò semiparalizzato Paolo Baroncini, colpito alla testa da un proiettile sparato da un fascista durante l'assalto al circolo Andrea Costa. Non è possibile ricordare anche solo i nomi di tutti coloro che furono protagonisti di tanti gloriosi episodi della lotta antifascista, la quale fu particolarmente aspra nella bassa imolese, dove la violenza delle squadre fasciste al servizio degli agrari si scontrò con la forza organizzata e la resistenza delle masse bracciantili.
Quando il fascismo si affermò su scala nazionale, l'antifascismo imolese non si dissolse. Se alcuni dei personaggi più noti, fra cui Anselmo Marabini e il figlio Andrea, furono costretti a prendere la via dell'esilio, decine di altri uomini restarono ad operare clandestinamente, affrontando disagi e pericoli di ogni sorta per creare quell'ossatura politico-organizzativa che, attraverso la resistenza armata, avrebbe portato alla riconquista della libertà e della democrazia. Contro di essi si accanì particolarmente la reazione fascista.
Cominciarono le denunce, gli arresti e le condanne. I cittadini imolesi denunciati per attività antifascista furono 433, gli arrestati furono 313 e i condannati al confino furono 88, che scontarono complessivamente 242 anni di carcere; 47 furono i confinati e 51 coloro che furono sottoposti ad ammonizione e a sorveglianza speciale. Nonostante la situazione difficile creata dagli arresti, dalle condanne e dall'azione repressiva, messa in atto dal potere costituito, l'attività antifascista non si spense mai. Vi fu agitazione e educazione politica fra gli operai, i contadini e i braccianti della "bassa", che furono protagonisti di agitazioni e di scioperi anche negli anni più bui della dittatura. Particolarmente attivi furono i comunisti, la cui organizzazione, per quanto fosse quella verso la quale più si accaniva la repressione, non fu mai annientata. Anzi essa spingeva la popolazione, attraverso la propaganda scritta e orale, alla lotta contro una politica che accresceva la miseria e portava verso la guerra. Le campagne fasciste, da quella "etiopica", alla "battaglia del grano", all'intervento nella guerra di Spagna, vennero accolte nell'Imolese dall'apparizione di scritte ostili sui muri e dall'esposizione di bandiere rosse su edifici pubblici o su alberi nelle campagne. Ben 19 imolesi, fra cui una donna, parteciparono direttamente alla lotta in difesa della Repubblica spagnola, aggredita dalle armate franchiste. Alcuni di essi, dopo lunghe traversie, finirono nei campi di sterminio nazisti e non poterono mai più rivedere la loro terra. Quando con la seconda guerra mondiale ebbe inizio la catastrofe, che tanti lutti avrebbe procurato alla cittadina emiliana, apparvero sui muri del più grosso stabilimento industriale scritte con vernice che chiedevano la fine del conflitto e l'abbattimento della dittatura.
Nella primavera del 1943, a seguito degli scioperi di Milano e di Torino, si ebbe anche a Imola un'accentuazione della lotta contro il regime, che si espresse fra l'altro con l'affissione di centinaia di manifestini sui muri della città, che investirono perfino la caserma dei Carabinieri.
Il 25 luglio 1943 trovò la città in un clima insurrezionale. In quella stessa giornata si costituì a Imola un Comitato Unitario Antifascista, che era composto dai comunisti Quinto Golinelli, Egidio Lenci, Guido Gualandi, Andrea Mancini, Francesco Sangiorgi e Nino Zani; dai socialisti Romeo Galli, Silvio Alvisi, Giulio Miceti e Decio Marchesi; dall'azionista Anselmo Galassi; dal democristiano Ubaldo Venturi; dai repubblicani Mansueto Cantoni e Ubaldo Neri; dal sacerdote don Gracco Musconi; dal prof. Francesco D'Agostino e dal geom. Nullo Gardelli. Tale comitato rivendicò, fra l'altro, la fine immediata della guerra, il ripristino di tutte le libertà civili e politiche, la liberazione di tutti i detenuti politici, la costituzione di un governo di unità nazionale e indisse una grande manifestazione popolare per il giorno 27 luglio, a cui parteciparono poi oltre diecimila persone. Nei giorni successivi si costituiva, per iniziativa dei comunisti, "La guardia Nazionale", un'organizzazione giovanile a carattere militare, cui si affidava il compito di sollevare il popolo contro la prevedibile invasione tedesca.