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Giuseppe Antonio Ferrari

24 Maggio 1822 - 6 Gennaio 1896

Scheda

Da non confondere con lo scultore Giuseppe Ferrari di Ferrara, iscrittosi in Accademia a Bologna nel 1823 e successivamente professore di scultura nella sua città natale. Il nostro Giuseppe Ferrari si firma Giuseppe Antonio almeno dall'Esposizione dell'Emilia del 1867, forse proprio per quest'omonimia e per quella con il pittore veronese Giuseppe Ferrari (1835-1871), anch'esso presente alla mostra del 1867.

Giuseppe Antonio Ferrari nasce a Corticella il 24 maggio 1822 e si iscrive in Accademia di Belle Arti nel 1833 frequentando con discreta continuità fino alla metà degli anni Quaranta (pur continuando a seguire i corsi di Pittura e di Nudo, anche negli anni Cinquanta e fino al 1861) e ottenendo premi scolastici in elementi di Figura (1839 e 1840) e in Pittura (1842 e 1843). Espone suoi disegni alle mostre accademiche fin dagli anni Trenta (1835: "Tobia mezza figura da Raffaello a matita"; 1837: "Disegno a penna di figura, copiato da uno del Guercino"; 1840: "Disegno in litografia rappresentante una vecchia che annaspa" copia da stampa). Dagli anni Quaranta inizia ad esporre olii; nel 1842: "Tre ritratti dal vero dipinti ad olio"; nel 1853: cinque ritratti ad olio e tre copie ("la Maddalena di Timoteo Viti, la Santa Cecilia di Raffaello, il Salvatore di Tiziano"), uno studio dal vero e una Madonna con il Bambino da Raffaello; nel 1856: "Quadro ad olio - Ritratti di famiglia". Quest'ultimo è La famiglia Massei, che Bellentani già nel 1855 dice atteso, ma che una volta presentato mostra tutte le difficoltà del pittore che lo espone incompleto: "ma le mille difficoltà, fra le quali erano minori l'efficace distribuzione dei colori e delle linee locali, mobigliari, di abbigliamento, di acconciature e di foggie, in breve l'ebbero persuaso, malagevole essere impresa, che non compiuta fu mostrata all'Esposizione, solo essendo data per finita la testa di un Suonatore di flauto, quantunque tutte si dica somigliassero". Si propone anche alle mostre della Protettrice. Nel 1862 presenta una natura morta, Cocomero e uva, acquistato per 100 lire e assegnato al dottor Gaetano Stagni. L'anno successivo una mezza figura ad olio Sdegno e fuga, in vendita a 220 lire. Di questi anni è anche un'Indovina popolare, che la Società si aggiudica per 180 lire. Nel 1865 espone due delle opere presenti nella raccolta Belluzzi, che presumibilmente furono tra le più notevoli della sua carriera artistica: Il colonnello Bechi toscano fucilato dai russi nel 1863 (n. 21) e La suonatrice d'arpa (n. 22), insieme a dei Fiori dipinti dal vero. In occasione dell'Esposizione Emiliana del 1867 presenta La conversione di Fabiola (n. 20). Nel 1877 porta a Milano una Margherita, soggetto tratto dal Faust di Goethe (1749-1832), a mezza figura. Abita a Bologna in piazza d'Armi, l'attuale piazza 8 Agosto, n. 1233. Abbiamo ancora notizia di lui quando propone - senza successo - due olii per la selezione di opere in occasione dell'Esposizione Universale di Parigi del 1878: L'infanzia di Raffaello d'Urbino e Messalina. È nota anche una sua attività di ritrattista. Dal matrimonio del 1856 con Luigia Rivabella gli nasce una figlia nel 1858 di nome Ginevra che si iscriverà in Accademia nel 1877 ma che smetterà di frequentare nel 1884 dopo aver portato a compimento i primi due anni di scuola preparatoria (ASABABo, Posizioni degli studenti 1-80, Ferrari, Ginevra). Giuseppe Antonio muore il 6 gennaio 1896.

Isabella Stancari

Testo tratto da: Isabella Stancari, 'Il Primo album fotografico Belluzzi e i pittori bolognesi della Seconda metà del secolo XIX', Bollettino del Museo civico del Risorgimento, Bologna, anno LXIII - LXVI, 2018 – 2020, Bologna, 2022. Bibliografia e fonti: L'Arte Bolognese [post 1898]; Atti 1836, p. 65; Atti 1837, p. 66; Atti 1839, p. 41; Atti 1840, pp. 33, 45; Atti 1842, pp. 29, 39; Atti 1843, p. 35; 1853, p. 61; Bellentani 1855, p. 113; Bellentani 1856, pp. 4, 35-36; Atti 1856, p. 76; Bellentani 1857, p. 13; Opere 1862; Rapporto 1862, n. 26; Opere 1863; Società Protettrice 1865, nn. 93, 94, 95; Atti 1867, pp. 22, 83; Esposizione Milano 1877, n. 345, p. 24; Bologna 1983b, p. 67; Giumanini 2000, p. 198; Giumanini 2002, p. 149; Degli Esposti 2018, p. 127.