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Bologna criminale

Schede

Fra le strade e vicoli di Bologna, alla fine dell’Ottocento, proliferavano crimini e misfatti, come rapine, omicidi, ferimenti e furti. Una “Bologna Criminale”, dove al calar della sera gli abitanti si rinchiudevano nelle loro case per paura, e le strade venivano illuminate solo dalla fioca luce delle finestre delle abitazioni, ma non appena si udivano dei passi in lontananza, la gente serrava tutto, segregandosi in casa, e lasciando al buio il malcapitato viandante, criminale o innocente che fosse. La storia di una Bologna passata, dove fra sangue e misteri la vera protagonista di queste vicende è la città stessa. Tra vari documenti e racconti, sono stati riportati alla luce molteplici episodi di cronaca sulla criminalità comune a Bologna, dove esistenze si intrecciano in un tragico istante, mentre il tempo si cristallizza per l’eternità, come in una fotografia. Una memoria ferma nel tempo.

Esaminando e osservando la scena del crimine, mettendo da parte il carnefice e la sua ferocia, ci si ritrova a contemplare un “memento mori”, dove le vittime, assopite in un sonno senza fine possono raccontarci molto sul loro vissuto, attraverso un ultimo gesto, una smorfia, un oggetto o i loro abiti. La fotografia ci permette di trasformare la visione del mondo e di conseguenza anche dei fatti, come la scena di un crimine efferato e sanguinoso, rappresentato e interpretato in una delle tante possibili realtà e verità, come quella di una morte estetica che si svela quasi fosse la scena di un dipinto simbolista, dove la raffigurazione si compone in una narrazione, collocando i personaggi in situazioni poetiche e mirando a conferire all’opera un significato morale e storico. La fotografia restituisce un’immagine delle vicende attraverso un velo di situazioni e persone dai contorni indefiniti, in cui tutto assume un valore simbolico. Una creazione fotografica, in grado di trasformare e anche di inventare la realtà, una realtà fra le tante possibili. La sequenza dei ritratti e degli epitaffi è l’idea che l’opera fotografica non si esaurisca in una sola immagine ma che possa invece avere uno sviluppo narrativo, che possa creare dei brevi racconti attraverso le immagini e le parole. Un frammento di vita, un documento, una memoria, catturati in una fotografia eterna.

Loredana Lo Fiego

Coniugi Fini | Uniti in vita e in morte
L’intreccio di situazione ed esperienze che portano all’amore fra due persone, può dirsi coincidenza o fatto già stabilito dal destino? La storia d’amore dei Coniugi Fini si conclude in una morte violenta, ma che si potrebbe anche definire romantica. Vivere e morire fra le braccia del proprio amato o amata che sia, potrebbe definire il concetto stesso di vero amore. Un ritratto di morte poetica dove i due amanti resteranno uniti per l’eternità.

Pietro Biraghi | La morte del Maresciallo, vittima del dovere
Camminare fra le vie malfamate del centro di Bologna, negli anni Venti del Novecento, era rischioso anche per le forze dell’ordine, ne è un esempio la tragica fine del Maresciallo Biraghi ucciso da dei malfattori per via del ruolo che ricopriva. Ritrovato in una pozza di sangue, il cadavere del Maresciallo venne riconosciuto solo per via della divisa che aveva indosso. Eternamente fedele al suo dovere.

Raffaele Mazzoli
Il primo custode-dimostratore del Cimitero Comunale della Certosa di Bologna, venne incaricato del suo ruolo nel 1826, luogo dove trovò anche la sua fine. Un’istante funesto, dove i suoi due vili omicidi, assassinarono Raffaele Mazzoli per una banale controversia. L’episodio scatenò negli animi delle persone del tempo, onori e riverenza per quell’uomo rispettabile in vita come in morte.

Stefano Pelloni
Stefano Pelloni era detto il “Passatore”, un brigante della Romagna della metà dell’Ottocento. Terminò la propria carriera nel marzo del 1851, rimanendo ucciso nello scontro a fuoco fra la Gendarmeria Pontificia. Il suo cadavere venne trasportato su un carretto lungo tutte le strade della Romagna, siccome le autorità volevano che si sapesse che quel bandito era stato fucilato. Il 23 marzo del 1851 il corpo del Pelloni venne gettato nell’ossario sconsacrato della Certosa, ma la sua fama resta tutt’oggi eterna per via delle sue imprese, era detto il “Robin Hood” romagnolo, era venerato dalla gente comune, poiché rubava ai ricchi per dare ai poveri.