Schede
Romagna solatìa, dolce paese / cui regnarono Guidi e Malatesta; / cui tenne pure il Passator cortese, / re della strada e re della foresta. Giovanni Pascoli
Per arrestare il Passatore la Legazione di Ravenna aveva provveduto a distribuire in tutta la Romagna i suoi connotati: Stefano Pelloni, figlio di Girolamo custode del fiume Lamone. DOMICILIATO: in Boncellino. SURNOMATO: Malandri. CONDIZIONE: bracciante. STATURA: giusta. D'ANNI: venti (nato il 24 agosto 1824). CAPELLI: neri. CIGLIA: idem. OCCHI: castani. FRONTE: spaziosa. NASO: profilato. BOCCA: giusta. COLORE: pallido. VISO: oblungo. MENTO: tondo. BARBA: senza. CORPORATURA: giusta. SEGNI PARTICOLARI: sguardo truce. (30 dicembre 1844)
Il più conosciuto tra i briganti romagnoli, nasce nel 1824 a Boncellino di Bagnacavallo, vicino Forlì, in quella Romagna sotto il dominio dello Stato Pontificio. La presenza di briganti e banditi nel territorio romagnolo è attestata da documenti storici almeno fin dal ‘500, ma nessuno è famoso come il Passatore. Stefano Pelloni fu un brigante da strada attivo nella Romagna del primo ‘800. Il soprannome gli venne dal mestiere, ereditato dal padre, di traghettatore sul fiume Lamone, tra il comune di Bagnacavallo e quello di Russi . Nel suo lavoro conobbe, specialmente di notte, contrabbandieri, banditi e ladri. Si persuase che l'unica via d'uscita dalla povertà era quella della violenza e, a tale scopo, pensò di sfruttare le conoscenze acquisite, tra coloro che violavano la legge, per costruirsi una rete di confidenti e di collaboratori di vario genere. Pelloni apparteneva stabilmente a una banda locale che agiva tra Brisighella e Casola Valsenio, di cui diventerà uno dei capi verso il 1847. La sua era una banda audace, agguerrita, capace di efferate violenze, sempre più numerosa, composta ad almeno 130 uomini, fra cui braccianti, coloni e contadini, ma vi erano anche artigiani e persino alcuni religiosi. Iniziò a muoversi con decisione poco prima che una notifica pontificia del 1849 aveva obbligato i cittadini romagnoli a consegnare tutte le armi che due anni prima erano state concesse dallo stesso papato per istituire una Guardia Civica con cui difendere la proprietà privata dei cittadini più facoltosi. Evidentemente il papato s'era accorto che quelle armi non erano servite allo scopo e preferiva affidarsi a quelle degli austriaci. Nelle Legazioni Pontificie (province di Bologna, Forlì, Ravenna e Ferrara) la banda operò con successo per tre anni (1849-51), tenendo in scacco la gendarmeria pontificia e austriaca grazie ad una vasta rete di spie, informatori, protettori, ricettatori, addirittura uomini delle forze dell'ordine e la poverissima popolazione, ricompensata con i denari sottratti ai cittadini più ricchi: furono queste donazioni che contribuirono a creare la sua fama positiva di "Robin Hood" romagnolo. Anche Garibaldi ne rimase colpito. Tra le gesta più celebri del Passatore si ricorda quella di Forlimpopoli, la notte del 25 gennaio 1851. Una quindicina di briganti penetrarono, durante l'intervallo di una rappresentazione, nel Teatro Comunale: saliti sul palcoscenico e aperto il sipario, puntarono le armi contro gli spettatori ed iniziarono un appello nominale rapinando gli uomini più ricchi della cittadina presenti allo spettacolo. Quel giorno racimolarono circa 5.600 scudi. Uno scudo, la valuta dello Stato pontificio fino al 1866, corrispondeva a circa 70-75 euro attuali. All’interno del teatro, oggi intitolato a Verdi, è collocata una lapide del poeta Olindo Guerrini che ricorda l’avvenimento. L'attività del Pelloni terminò tragicamente nel marzo del 1851. Grazie ad una segnalazione, fu individuato dalla Gendarmeria Pontificia in un capanno di caccia, nei pressi di Russi, rimanendo ucciso nello scontro a fuoco che ne seguì. Il suo cadavere venne trasportato su un carretto ed esibito lungo tutte le strade della Romagna: le autorità volevano fosse chiaro a tutti che quel bandito era stato fucilato. Il 23 marzo 1851 venne quindi gettato nell’ossario sconsacrato nel campo della Certosa dedicato ai condannati a morte, che si trovava di fianco al Chiostro degli Evangelici, ed a cui era impedito l'accesso per chiunque.
Così viene segnalata la fama del Passatore nel periodico 'Il vero amico del popolo' del 10 maggio 1851: "Alcuni giornali hanno cominciato a fare i più sterminati encomi.... di chi? Di Stefano Pelloni. E' forse egli il Passatore? Per l'appunto. Misericordia! E che dicono mai cotesti giornali? Dicono che Stefano Pelloni era un personaggio colto, erudito, un'uomo di non volgare importanza politica; dicono insomma ch'era un grand'uomo. Possibile? Così non fosse! Intanto, acciochè voi siate in grado di potere rispondere per le rime a chi venisse a farvi l'elogio funebre del Passatore, tenete bene a memoria i seguenti cenni biografici. Stefano Pelloni di Boncellino, territorio di Bagnacavallo, sopracchiamato il Passatore, di mestiere Contadino Bracciante, fin dalla sua età giovanile godeva nel proprio paese fama di un tristo soggetto; i fatti lo addimostrarono ben presto, poichè appena compiuti gli anni 19 si rese colpevole di rapina, armata mano, di due archibugi (già capiva che gli erano necessari al mestiero, ch'ei voleva intraprendere) commessa nella notte 26 marzo 1843, a danno di Luigi Tombini custode dell'argine del fiume Lamone, avendo avuto nella esecuzione del delitto per compagno un tal Matteo Tasselli. Processato per questo titolo, e tradotto nelle carceri di Bagnacavallo gli riescì di fuggire dalle medesime insieme al compagno, e ad altri detenuti, mediante violenze personali usate al custode delle prigioni. Ritornato poscia in potere della giustizia, fu con Sentenza del Tribunale di Ferrara 28 Giugno 1845, condannato alla pena di quattro anni di opera pubblica pel delitto di rapina, ed alla stessa pena di altri anni quattro per la fuga qualificata dalle carceri, avuto riguardo, nell'applicazione, alla età minorenne, in cui era costituito all'epoca dei delitti suddetti. Passata la condanna in autorità di cosa giudicata, fu consegnato alla Forza pubblica per essere tradotto al luogo di pena, ma avendo avuta la sorte di evadere di nuovo anche dalle mani della medesima, nelle vicinanze di Foligno, e ricondottosi nella Romagna, e nei paesi circonvicini al Luogo ove nacque, ne fece teatro delle sue imprese, che da tutti si sanno, finchè sorpreso dalla Forza legittima cadde sotto i colpi di quella, e subì la morte dell'assassino. – Tommaso Montini, detto l'EROE Teggione, e Giacomo Cantoni, detto l'EROE Cornelio, appartenenti alla EROICA compagnia del colto, erudito, e magnanimo Stefano Pelloni, sono stati incarcerati. Si attende che i Giornali devoti al costoro eroismo, ci favoriscano qualche bell'elogio del Cornelio, e del Teggione."
Loredana Lo Fiego
La sua fine vosì viene ricordata da Ercole Bottrigari nella 'Cronaca di Bologna: "Il famigerato bandito Stefano Pelloni, detto il Passatore,quegli di cui testè ho discorso, è stato ucciso dalla forza Pontificia de' Carabinieri, ora Gendarmi, uniti ad alcuni della linea, in uno scontro avuto il giorno 23 corrente al sito detto Muraglione, nel paretajo de' Signori Spadini, posto nella Provincia di Ravenna. Il Pelloni rimasto solo si difese da leone finchè il potè; nella lotta fu ferito il Brigadiere Battistini, il quale però non cessò co' suoi dall'inseguirlo e la tenzone terminò colla morte del Bandito. Il cadavere trasportato a Lugo, fu legalmente riconosciuto per quello del famigerato Capo-banda. Mons. Bedini ha ordinato di trasportarlo in Bologna, non si sa a qual fine, ma dicesi per farlo riconoscere dalla Famiglia, che da qualche tempo, a garanzia propria, era stata condotta e trattenuta costi. Correvano però voci per la Città, che non fosse stato riconosciuto dalla famiglia, le quali voci si sono dissipate perfettamente, non rimanendo più alcun dubbio sovra l'identità del Cadavere; quantunque la stessa di lui Famiglia, spinta forse da un sentimento di particolare amore, abbia protestato di non riconoscerlo. Oggi 28 finalmente gli sarà data sepoltura. In tanta scarsezza di notizie interessanti, il famigerato Bandito forma il tema di tutte le conversazioni. Si vendono pubblicamente i di lui ritratti, ed ognuno fa a gara per possederne uno. Era per verità un bel giovinotto; la sua cattiva stella lo condusse, suo malgrado, ad essere bandito, e quindi da pochi mesi soltanto si diede al malaffare. La natura lo aveva fornito d'un animo forte e generoso, e benchè nella via del delitto, pure non si mostrò giammai feroce e sanguinario. Se la sorte gli avesse sorriso, avrebbe potuto distinguersi sul campo di battaglia o in azioni generose, rendendosi utile alla Patria!".