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Guido Bergamo

26 dicembre 1893 - [?]

Scheda

Guido Bergamo, da Luigi e Virginia Callegher; nato a Montebelluna (TV) il 26 dicembre 1893. Medico chirurgo. Iscritto al PRI. Aderì giovanissimo al movimento mazziniano - come il fratello Mario  - e si schierò subito nell'ala sinistra e operaistica. Nel 1913 promosse e diresse le lotte dei contadini nella zona del Montello e nello stesso periodo fondò il settimanale «La Riscossa».
Nell'estate 1914 abbandonò l'università di Padova per recarsi a Nizza dove si arruolò nella Compagnia dei volontari italiani Mazzini. Per l'ostilità del governo italiano, la Compagnia non ebbe il permesso di raggiungere il fronte francese e fu sciolta il 15 ottobre 14. Rientrato in Italia, non tornò a Padova, ma raggiunse a Bologna il fratello Mario, studente in legge all'università. Si iscrisse alla facoltà di medicina, ma poté dare pochi esami, preferendo dedicarsi alla lotta politica, nelle fila degli interventisti democratici.
Il 18 dicembre 14 - unitamente a Dante Calabri , Ulisse Lucchesi , Pietro Martinelli, Gino Bondanini e altri - fondò il Fascio d'azione rivoluzionaria di Bologna. Assieme a Maria Rygier, Lucchesi e Torquato Nanni, fece parte della redazione de «La Riscossa», il periodico del Fascio. Allo scoppio della guerra si arruolò volontario negli alpini.
Si conquistò cinque medaglie d'argento, numerose croci ed encomi e fu promosso capitano per merito di guerra. Come pluridecorato, fu uno dei pochi ufficiali che accompagnò le spoglie del milite ignoto, quando furono tumulate a Roma. Al termine della guerra, tornò a Bologna per ultimare gli studi di medicina.
Il 9 aprile 19 - unitamente al fratello Mario, Pietro Nenni, Dino Zanetti, Adelmo Pedrini  e altri - fondò il Fascio di combattimento di Bologna. A lui toccò l'incarico di aprire la riunione e di illustrare il programma. Il suo discorso fu antibolscevico, ma non antioperaio. Fu anche, secondo l'orientamento del primo Fascio bolognese, nettamente antimussoliniano e antimperialista. Come la maggior parte dei fondatori del Fascio, usciva dalle fila dell'interventismo democratico e disapprovava la linea politica di Mussolini. Sia pure per breve tempo, fu uno dei massimi dirigenti del nuovo organismo, essendo stato eletto nella giunta provinciale e nella commissione stampa. Nel settembre 1919 lasciò Bologna per trasferirsi a Treviso, dove aprì una clinica, senza abbandonare la vita politica. Riprese le pubblicazioni del periodico «La Riscossa» e nelle elezioni politiche di quell'anno fu eletto deputato nella lista del PRI. Rieletto deputato nelle elezioni del maggio 1921 e in quelle dell'aprile 1924, fu un fiero oppositore del regime fascista e partecipò alla secessione dell'Aventino. Fu più volte bastonato e nel 1926 i fascisti gli bruciarono la clinica. Lo stesso anno fu sospeso dal grado di capitano per la durata di sei mesi. Il 9 novembre 1926 fu dichiarato decaduto da deputato e dovette andare in esilio in Egitto. Per intercessione di Italo Balbo - suo compagno di trincea - poté rientrare in Italia nel 1927, ma, bandito da Treviso, dovette risiedere a Mestre (VE). Senza rinunciare alle sue idee politiche - nel 1931 fu «dichiarato impromovibile per ragioni politiche. Non retrocesso perché promosso per merito di guerra» - si dedicò completamente al suo lavoro. Raggiunse una notevole notorietà e riportò gravissime lesioni - in seguito alle quali morirà - per una continua esposizione ai raggi X. Dopo la caduta del fascismo, partecipò alla vita politica e quindi alla Resistenza nella zona di Mestre (VE). [O]