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Mario Bergamo

8 febbraio 1892 - [?]

Scheda

Mario Bergamo, da Luigi e Virginia Callegher; nato l’8 febbraio 1892 a Montebelluna (TV). Avvocato. Iscritto al PRI. Di idee repubblicane come il fratello Guido *, prima della guerra mondiale partecipò a Bologna - dove studiava all'università - ai movimenti interventisti. Non si sa se, come il fratello, aderisse al Fascio d'azione rivoluzionaria. Anche se riformato, si arruolò come soldato e si guadagnò la promozione a ufficiale e delle decorazioni. Restò invalido per cause belliche. Tornato a Bologna, il 9 aprile 19 partecipò alla costituzione del Fascio di combattimento, il cui programma fu illustrato dal fratello. Fu eletto nella commissione stampa del Fascio e ne divenne un dirigente solo quando il fratello - nell'autunno 1919 - lasciò Bologna per trasferirsi a Treviso. Conservò al Fascio bolognese la linea democratica e antimussoliniana che era stata fissata sin dalla fondazione. Infatti il 26 settebre 1919, quando si riunì per decidere il comportamento elettorale, il Fascio bolognese - su sua proposta - respinse la richiesta di Mussolini di presentare una lista che comprendesse anche elementi della destra. Il Fascio bolognese aderì alla lista dei Combattenti sostenuta, sia pure indirettamente, dal PRI e dagli interventisti democratici. Dopo le elezioni, fece un'irritata e dura dichiarazione antisocialista al comitato centrale del Fascio e per la prima e ultima volta si allineò alla linea politica di Mussolini. Nei mesi seguenti - anche perché nel Fascio avevano cominciato ad entrare elementi di destra guidati da Leandro Arpinati - sia Bergamo che gli iscritti al PRI presero a uscirne alla spicciolata. Il 4 marzo 1920, in una lettera inviata al segretario nazionale del Fascio, motivava la sua uscita e quella degli elementi del PRI col fatto che esso continuava «a svolgere una politica che io non credo conforme alle intime caratteristiche del vario movimento nazionale né agli interessi comuni della nazione». E proseguiva: «Credo perciò che a noi resti un solo compito, quello di moralizzare, in quanto possibile e quanto più possibile, il movimento». Uscito dal Fascio, accentuò la sua presenza all'interno del PRI, al quale cercò di imprimere una linea di sinistra. Sul piano professionale, assunse la difesa di numerosi contadini - i quali chiedevano l'applicazione del concordato Paglia-Calda - e di numerose persone perseguitate dal fascismo. Per questa sua attività professionale fu bastonato più volte. Il 3 aprile 1922, mentre usciva dal tribunale di Bologna dove aveva sostenuto la parte civile in un processo contro alcuni fascisti, fu picchiato assieme al magistrato Mario Neri * da una squadra fascista guidata da Augusto Ragazzi di Molinella. Il 9 agosto 1923 fu bastonato al termine di una causa nel corso della quale aveva difeso gli interessi di alcuni contadini di Molinella. Le bastonature continuarono anche dopo la sua elezione a deputato avvenuta il 6 aprile 1924. L'1 luglio 1924 si fece promotore di una riunione di tutti i partiti antifascisti, per costituire un unico organismo, ma senza successo per il rifiuto del PPI e del PLI. Pure sua era stata l'iniziativa di creare a Bologna una sezione de l'Italia libera, l'associazione di combattenti antifascisti. Sia pure tardivamente, il 6 aprile 1925 riuscì a costituire il Comitato delle opposizioni, ma nacque debole perché vi aderirono solo il PRI, il PSI e il PSUI. Bergamo - che il 3 gennaio 1925 aveva avuto lo studio distrutto dai fascisti - si trasferì a Roma, essendo stato nominato segretario nazionale del PRI al termine del congresso nazionale del maggio. In questa nuova veste, si fece promotore di un'iniziativa per dare un accentuato orientamento di sinistra al PRI - propose addirittura la fusione con il PSI - e sostenne la necessità di abbandonare l'Aventino. Nel novembre 1926 - con la soppressione delle libertà democratiche - andò in esilio in Francia. Il 14 dicembre 1926 fu condannato a 5 anni di confino. Il provvedimento venne revocato nel 1937. Durante il suo soggiorno francese, assunse posizioni politiche altalenanti e le più diverse. Accentuò la sua linea politica di sinistra - mettendosi in contrasto con molti uomini politici moderati - poi, all'epoca della guerra d'Africa, si avvicinò al regime fascista. Durante l'occupazione tedesca, poté restare indisturbato a Parigi, anche se aiutò e soccorse numerosi antifascisti. Al termine del conflitto non volle tornare in Italia e rivolse dure critiche al nuovo regime democratico. [O]