Schede
L'opera costituisce una delle fonti più importanti per lo studio del cimitero della Certosa. Le miniature, pur nella loro qualità quasi ingenua, ci documentano un gran numero di opere disperse o distrutte, soprattutto dipinte. I volumi, ambedue firmati, ci documentano i monumenti fino al 1822 circa. Per le opere riprodotte che sono tuttora esistenti ci fornisce invece l'aspetto complessivo e cromatico prima dei danni subiti dal tempo. Questa raccolta, conservata presso il Gabinetto Disegni e Stampe della Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, costituisce al momento l'unico fondo di disegni del pittore, specializzato in ornato e che oltretutto ha lasciato un cospicuo catalogo di tombe dipinte in Certosa di cui molte purtroppo andate distrutte. Rivestono quindi una preziosissima testimonianza i due volumi di disegni acquerellati. I due tomi contengono rispettivamente 80 e 62 fogli delle dimensioni di 450 x 300 mm., e in carta leggermente azzurrata. Il primo volume si apre con una copertina di carattere vagamente classico (ma su cui dominano un cumulo di teschi), il secondo di gusto più piranesiano. Ambedue comunque spiccatamente laici. Il pittore, specializzato nell'esecuzione di ornati, è un protagonista nel camposanto bolognese. A lui si deve l'esecuzione di circa quaranta memorie dipinte e, dove vi era bisogno di esperti nell'esecuzione di parti di figura e paesaggio, viene coadiuvato da altri pittori quali Serafino Barozzi (1735 - 1810) o Vincenzo Armani (1750 - 1825). Lavori a volte semplici e discreti, utili però a perpetuare la memoria di tanti cittadini non troppo agiati. Le sue opere sono precisamente descritte nell'insieme delle sue 157 riproduzioni, che ci consegnano l'aspetto cromatico di tante opere perdute che, poste al fianco delle riproduzioni a stampa del Terry e del Salvardi - più precise nelle proporzioni ma inevitabilmente lacunose per i colori - ci consentono di capire come il cimitero sia stato a lungo la Pinacoteca d'arte moderna della città.
Il nostro pittore ci descrive opere perdute di gusto barocco, quale quello eseguito da Pietro Fancelli per Pietro Tinti (m. 1808), o viceversa quella sobria e raffinatissima eseguita in memoria di Rosalia Velluti Zati. Numerosissime le riproduzioni dei monumenti antichi salvati dalle soppressioni napoleonice e traslate in Certosa, spesso ignorati dalle pubblicazioni coeve: possiamo così vedere l'aspetto del sepolcro di papa Alessandro V o del glossatore medievale Rolandino de' Romanzi, consentendoci di notare i radicali mutamenti apportati al momento della ricollocazione in San Francesco tra 1897 e 1900 su progetto di Alfonso Rubbiani. Altre opere riprodotte sono più note, provenienti anche dalla basilica di san Petronio, dalla Chiesa dei ss. Vitale e Agricola e da altri luoghi sacri felsinei. Gli acquerelli costituiscono una mole documentaria che si rivela preziosissima per il restauro delle tombe della Certosa, avviato con continuità dall'amministrazione comunale dal 2003.
Poche le notizie biografiche certe sull'artista, che si firma alternativamente Rizzi o Ricci. Nato verso il 1791, viene indicato morto in villa nella guida locale del Bianconi, datata 1845. Suoi interventi sono documentati per le residenze bolognesi al fianco di Antonio Basoli e degli altri pittori con cui interveniva sia nella città dei morti che in quella dei vivi.
Roberto Martorelli