Schede
«La Società del Balanzòn ha pubblicato un sesquipedale manifesto in cui annunzia al pubblico magre cose, è vero, ma in compenso, spiritose nella forma e nella sostanza. Non si farà quest’anno la Fiera-Festival propriamente detta: sarà riprodotto, in piccole e grottesche proporzioni, un paese di campagna con tutte le sue specialità e in tutte le sue parti caratteristiche. Vi saranno le botteghe, coi tipi soliti; vi sarà il sindaco, il farmacista, il prete, il dottore; vi saranno tutti. Saranno riprodotti insomma gli usi e i costumi di un piccolo paese. Il paese si chiamerà Ungia ed toc, che è come dice il manifesto, un paieis arious, gradevol, dov a truvarì una curtsì e un alegrezza ch’a n’nol mai vest l’ugual» (“Il Resto del Carlino”, 7 gennaio 1888).
Il Festival, organizzato per celebrare il carnevale del 1888, rimase a lungo nei ricordi dei bolognesi proprio per l’allestimento del piccolo paese di “Ungia ed toc”. Il perimetro di piazza Otto Agosto, infatti, era circondato da fondali che riproducevano portici, vie, piazze ed edifici pubblici presenti in un vero borgo: dal municipio alle scuole, dall’ufficio postale alla sede del giornale, mentre all’interno trovavano posto diverse botteghe - molte di gastronomia, di arredamento e chincaglieria oltre ad una orologeria e una tabaccheria - ristoranti, caffè, il «gran baraccone a scopo di beneficenza» e diversi palchi per le esibizioni più disparate (“Il Resto del Carlino”, 5 febbraio 1888). La geniale trovata fu di Antonio Fiacchi, «uno dei pochi, autentici umoristi in lingua bolognese» e anima di “Ehi! ch’al scusa” (F. Cristofori, 1973, p. 35), mentre la realizzazione fu dei pittori Gaetano Malagodi e Annibale Magrini.
Dal 29 gennaio al 26 febbraio, periodo in cui rimase aperta la fiera, la singolare cittadina visse di “vita propria” tratteggiando una versione caricaturale e burlesca dei soggetti, più o meno autorevoli, che potevano animare un piccolo paese di provincia: il suo sindaco il sgner Pirein Sbolenfi - impersonato dall’attore Cesare Magagnoli - incontrò, oltre al Dottor Balanzone, il sindaco di Rivabella; spalò la neve - che cadde abbondante nel febbraio 1888 - prendendosi un violento raffreddore; inaugurò l’utilizzo del gas nelle pubbliche vie; celebrò le nozze di sua figlia Ergia col cittadino Viullard, redattore de “La Gazzetta d’Ungia ed Toc”, giornale di feroce opposizione, confezionato per l’occasione da Cesare Moscata - pseudonimo del pubblicista Cesare Dalla Noce - che ne impersonò anche il direttore (“Il Resto del Carlino”, 5 febbraio 1888; F. Cristofori, 1973, pp. 213; F. Cristofori, 1978, p. 206).
Oltre a queste giocose messeinscene, che richiamarono centinaia di spettatori, nuove attrazioni vennero affiancate alle più conosciute: si moltiplicarono le giostre, le altalene, i tiri a segno, i giochi di forza, i concerti e i balli e numerosissimi furono gli spettacoli: da quelli ginnici a quelli del circo equestre oltre alle rappresentazioni della compagnia Pierantoni «dove vi sono cavallerizze grottesche e cavallerizze a dorso nudo» (“Il Resto del Carlino”, 26 gennaio 1888).
Il pubblico accorse entusiasta così come testimoniano le cronache del tempo: «fiera popolatissima»; «sempre maggior gente accorre alle feste del simpatico paese», «la circolazione era addirittura impedita. Maschere d’ogni genere che si intrecciavano, ballavano, rumoreggiavano, con una gran voglia di divertirsi» (“Il Resto del Carlino”, 3, 5 e 6 febbraio 1888).
Rossella Ropa
Testo tratto da Cent'anni fa Bologna: angoli e ricordi della città nella raccolta fotografica Belluzzi, Bologna, Costa, 2000.