Schede
Le fotografie del Fondo Belluzzi del Museo del Risorgimento si riferiscono ai progetti studiati per un monumento che doveva celebrare gli eventi dell’8 agosto 1848, quando un’insurrezione popolare costrinse alla ritirata le truppe austriache del generale Welden, arroccate in questa zona della città.
Alla celebre giornata era già stata intitolata, nel 1874, la vecchia piazza d’Armi. Nel 1895, in previsione del cinquantenario, si costituì un comitato per promuovere il progetto del monumento. Ma il bozzetto di Carlo Monari, scultore locale, vincitore del concorso bandito nel 1898, fu respinto dal Consiglio comunale in quanto «male rappresentava con un leone ferito la gloriosa vittoria, ma piuttosto una sventurata sconfitta». In una foto è visibile, in alto, un’altra proposta avanzata da Tito Azzolini e da Attilio Muggia. L’opera, collocata il 2 gennaio 1901 sopra la scalea del Pincio, è una simulazione posticcia per valutare l’effetto del progetto nel contesto, secondo una moda in voga all’epoca. Questo non sembrò raccogliere il consenso cittadino, a giudicare dal commento de “Il Resto del Carlino”: «L'insieme del monumento ha piuttosto l'aria funebre: sembra più un omaggio ai caduti che una gloria pei vittoriosi» (in G. Bernabei, 1986, p. 138).
A fine mese, il primo referendum nella storia della città decretò definitivamente la collocazione del monumento nel cosiddetto ferro di cavallo del giardino della Montagnola, che si affaccia sulla piazza e a ottobre dello stesso anno venne bandito un nuovo concorso. Fra i dieci bozzetti pervenuti alla commissione, il progetto dello scultore Pasquale Rizzoli fu segnalato dalla giuria al comitato, «qualora lo scultore avesse apportato qualche acconcia modificazione» (Relazione storica sull’operato del Comitato esecutivo, 1904, in G. Bernabei, 1986, pp. 57-58). Nacque così il monumento che sarebbe stato realizzato: un popolano a petto nudo regge una bandiera tricolore, ai suoi piedi un soldato austriaco ferito a morte. Il complesso è collocato sopra un alto basamento di marmo bianco, su cui è scolpito un leone in bassorilievo. La scritta recita: «VIII AGOSTO MDCCCXLVIII».
La scelta del “monumento al popolano” - così sarebbe stato nominato dai bolognesi – suscitò alcune polemiche, come il pungente intervento satirico di Giuseppe Ceri di cui qui riportiamo uno stralcio: «Piattaforma inchinata a modo di pescaia. Grandioso insieme di svariati oggetti. Popolano strappante bandiera da nemico in terra morto e già imputridito cadavere; [...] E’ un vero peccato che il bozzetto del valentissimo Rizzoli abbia un poco del presepio con la relativa Stella elettrica per illuminare la via dei santi Re Magi. Quel cagnetto pomero, di razza bolognese, ormai scomparsa, creduto dall’autore Rizzoli un leone posto su quell’ardua roccia, abbaja ad un calzolaio [...]. Falso, falsissimo quel simboleggiato popolano sventolante una bandiera, che agli austriaci non fu tolta dai bolognesi nel 1848» (in F. Cristofori, 1978, p. 365). Fu entusiastica invece la reazione di chi vedeva nel popolano il simbolo delle lotte democratiche e socialiste che si stavano combattendo; tra questi Carlo Zangarini, che al monumento di Rizzoli dedicò l’ode Ricordando l'VIII agosto MDCCCXLVIII. A Pasquale Rizzoli scultore, nella quale l’entusiasmo per la scultura si mescolava all’invettiva politica: «[…] Ma il popolano eroe, fatto del saldo / cubito schermo al viso, / come a celare all’atterrato il baldo / suo trionfal sorriso / urla: - Or muori. Ora va. Ben ti sapremo / ricacciare in inferno: / birro, prete o tiranno, io non ti temo: / io vincerò in eterno» (in “Il Resto del Carlino”, 20-21 settembre 1903).
L’inaugurazione fu inizialmente fissata nella ricorrenza dell’8 agosto 1903 ed ebbe l’adesione delle associazioni clericali locali, creando malumore nell’Unione socialista bolognese, che dichiarò l’intenzione di organizzare una dimostrazione popolare distinta. La Giunta comunale, riunitasi d’urgenza, risolse la crisi spostando l’evento al 20 settembre - anniversario della presa di Roma - data che non poteva certo invogliare i clericali a partecipare. Nel corteo che attraversò vie cittadine, fra le rappresentanze politiche non sfilarono le associazioni e i circoli aderenti al partito moderato che, con i monarchici, celebrarono l’evento separatamente, in polemica con la Giunta e i promotori dell’iniziativa. Qualche incidente si registrò per la presenza dell’Unione anarchica bolognese, i cui membri, mescolati fra i circoli socialisti e le leghe operaie, rifiutatisi di ritirare dalla manifestazione le loro bandiere, furono “caricati”.
Giuliana Bertagnoni
Testo tratto da Cent'anni fa Bologna: angoli e ricordi della città nella raccolta fotografica Belluzzi, Bologna, Costa, 2000.