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San Giovanni in Persiceto (BO)

1919 | 1943

Insediamento

Schede

Terminata la prima guerra mondiale, come in tutta la provincia, anche nel Persicetano si svilup-parono le agitazioni dei lavora-tori della terra, determinate dai problemi che lo scoppio del conflitto aveva lasciati insoluti e che ora si ripresentavano ag-gravati dalla disoccupazione in aumento e dal divario tra i sala-ri e il costo della vita; a metà del 1919 alcuni miglioramenti con-quistati dai braccianti aggrava-rono le già difficili condizioni dei mezzadri, tanto che proprio alla trasformazione del vecchio capitolato colonico mirarono principalmente le agitazioni agrarie successive: agitazioni che nel Persicetano durarono più a lungo e furono più aspre che nel resto della provincia perché sostenute dalla Vecchia Camera del Lavoro di ispirazio-ne anarchico-sindacalista.
Durante lo sciopero della pri-mavera 1920 avvenne il grave fatto di sangue di S. Matteo del-la Decima: il 5 aprile i carabi-nieri spararono sulla folla riuni-ta a comizio nel cortile della scuola provocando la morte di otto lavoratori e decine di feriti (è da ritenere che il fascismo avesse già conquistato qualche elemento delle forze dell'ordi-ne; e più tardi i fascisti conside-rarono l'episodio come l'inizio della "riscossa contro l'incalzan-te prepotenza rossa").
La vertenza agraria si concluse soltanto nell'autunno 1920 con notevoli miglioramenti per i la-voratori agricoli; ma non tardò la reazione degli agrari, i quali ebbero l'appoggio, oltre che di categorie come gli esercenti ostili alle cooperative, anche di lavoratori che non avevano condiviso certe forme di lotta.
Già negli ultimi mesi del 1920 fecero la loro comparsa nel ter-ritorio persicetano le squadre d'azione fasciste che si scontra-vano con operai socialisti ade-renti alle leghe. Uno scontro av-venne anche la sera del 25 mar-zo 1921, quando un gruppo di fascisti bolognesi si recò a Persiceto per costituire la sezio-ne locale del Fascio di combat-timento: uno scambio vivace di parole con alcuni socialisti de-generò in una breve colluttazio-ne, durante la quale un fascista ferì mortalmente l'operaio Pirro Moci.
Un appello alla pacificazione proposto dal sindaco socialista Giuseppe Calzati e sottoscritto dai rappresentanti di tutti i par-titi non fu ascoltato; gli squadri-sti, tollerati dalle forze dell'ordi-ne, continuarono le loro gesta: incendiarono il Circolo ope-raio, tre trebbiatrici della Coope-rativa braccianti, la sede di que-sta nella frazione di S. Matteo della Decima; nella località Villa saccheggiarono lo spaccio della Cooperativa di consumo; capi-lega, operai socialisti e quasi tutti i membri della giunta mu-nicipale subirono violenze ed oltraggi; con ogni mezzo i fasci-sti impedirono il regolare eser-cizio dell'attività amministrati-va, tanto che i consiglieri della maggioranza, il 23 ottobre 1921, rassegnarono le dimissio-ni nelle mani del prefetto.
Le violenze fasciste continuarono anche dopo lo scioglimento del consiglio comunale: fu bastona-to, tra gli altri, l'ex sindaco Giuseppe Calzati. Contro le ag-gressioni fasciste si formò an-che a Persiceto un gruppo di "arditi del popolo": esso ebbe uno scontro a fuoco con gli av-versari nei pressi del ponte sul Samoggia nella frazione di S. Bartolo.
Nella frazione di Amola ("la piccola Russia") tutta la popolazione con pochissime eccezioni non si piegò al fascismo. Anche due sacerdoti, don Domenico Gotti (parroco di Amola) e don Manete Tomesani, a differenza dell'alto clero, non nascosero i loro sentimenti antifascisti.
Non pochi furono i persicetani che per il loro antifascismo dovettero lasciare l'Italia o subirono il carcere o il confino. Dopo il consolidamento del regime fascista ottenuto soprattutto con le leggi eccezionali del 1926, ebbe luogo il plebiscito del 24 marzo 1929: nonostante le intimidazioni e i trucchi per costringere gli elettori a scegliere la scheda con il "sì" per la lista dei deputati designati dal Gran Consiglio Nazionale del Fascismo, nel comune di S. Giovanni in Persiceto si contarono 353 voti contrari.
Altri episodi documentano che furono molti i persicetani antifascisti che si mantennero fedeli ai loro ideali democratici e socialisti: per esempio, nell'inverno 1931-1932 fu eletto presidente della Partecipanza agraria una persona sgradita alle locali gerarchie fasciste (le quali indussero il prefetto a negare l'esecutività della nomina); e nelle successive elezioni del 1935 contro la lista del PNF trionfò quella che comprendeva tra i candidati l'ex sindaco socialista Giuseppe Calzati; anche per la nomina di quest'ultimo a presidente il prefetto, dietro intervento dei fascisti persicetani, decretò di non concedere la prescritta esecutività.
Anche all'estero alcuni fuoriusciti persicetani parteciparono al movimento antifascista.
Durante la guerra civile spagnola tra gli antifascisti che andarono volontari a combattere in difesa della Repubblica contro Franco ci furono tre persicetani: Ivo Capponcelli, Raffaele Serra e Danio Galletti; i primi due caddero in combattimento, il terzo rimase ferito. La guerra colonialista per la conquista dell'Etiopia, l'appoggio al franchismo, l'alleanza con la Germania nazista e la guerra al suo fianco accentuarono il sentimento antifascista di molti persicetani, tra i quali alimentava la resistenza in particolare Mario Forni di Tivoli; rientrato dal confino nel 1942, egli già prima del 25 luglio 1943 promosse la ricostituzione di una cellula del PCI.
Nella prima metà del settembre 1943 si tennero le prime riunioni, una nel capoluogo, un'altra ad Amola in aperta campagna, per l'organizzazione della lotta armata contro le forze tedesche d'occupazione ed il fascismo risorgente. Dal novembre 1943 al giugno 1944 un gruppo autonomo di partigiani operò nella zona Permuta-Accatà e preparò, tra l'altro, lo sciopero delle mondine nella Tenuta Locatello; una parte di essi si trasferì poi nell'Appennino modenese e combatté contro i nazifascisti nel territorio di Montefìorino.
Altri forti gruppi partigiani operarono prima separatamente, poi raggruppati nel Battaglione S.A.P "Sergio" della 63a Brigata Garibaldi, nel triangolo Anzola dell'Emilia - S. Giovanni in Persiceto - Calderara di Reno effettuando azioni di sabotaggio alle linee telefoniche ed elettriche, alla linea ferroviaria Bologna-Brennero ed alle strade percorse dagli automezzi tedeschi diretti al fronte; è da segnalare che in decine di case coloniche furono costituite basi partigiane e che centinaia di famiglie contadine prestarono la loro collaborazione al movimento clandestino; numerose anche le donne che operarono come staffette.
Nella clandestinità furono attivi soprattutto i compagni comunisti, i quali costituirono anche il Gruppo di difesa della donna e il Fronte della gioventù.
Delle innumerevoli azioni compiute dai partigiani ricordiamo l'attentato del 1° marzo 1944 mirante alla distruzione dei registri della leva militare presso lo stato civile e la liberazione di un compagno ferito piantonato nell'ospedale avvenuta il 14 settembre 1944.
Nell'ottobre 1944 il comando decise di far entrare a Bologna il Battaglione "Sergio"; durante la marcia lungo la ferrovia Verona-Bologna, nella notte tra il 17 e il 18, nei pressi del Bargellino, alla testa di un centinaio di uomini, cadde il comandante Antonio Marzocchi ("Toni" o "Mas") nello scontro con una pattuglia tedesca. Dopo il proclama Alexander, nell'autunno-inverno 1944 i tedeschi compirono ampie azioni di rastrellamento in varie località del territorio persicetano; la mattina del 5 dicembre occuparono la zona di Amola, dove quasi ogni casa ospitava partigiani organizzati da Adelfo Maccaferri ("Brunello"): dei molti rastrellati condotti nel teatro di S.Agata Bolognese una ventina furono massacrati sui calanchi di Sabbiuno, altri furono inviati nei Lager germanici, dai quali soltanto due giovani riuscirono a tornare.
Per puro caso, in quel tragico giorno, sfuggì alla cattura "Brunello" che i tedeschi cercavano da mesi perché ritenuto il cervello della resistenza persicetana; nel gennaio 1945 egli fu nominato vicecomandante della Brigata e in tale veste diresse importanti azioni fino al suo arresto, avvenuto nel marzo (non ebbe successo l'attentato al carcere mandamentale di Persiceto compiuto il 25 dello stesso mese allo scopo di liberarlo). Dopo il tragico inverno 1944-1945 nella zona anzolese-persicetana furono riorganizzate le forze partigiane con la costituzione del Battaglione "Marzocchi" comandato da Bruno Bencivenni ("Lupo"); continuarono così le azioni di disturbo e di sabotaggio contro tedeschi e fascisti, nonché l'attività di propaganda tra la popolazione.
Nell'imminenza della liberazione fu arrestato un gruppo di partigiani, tra i quali il comandante "Lupo".
Nella notte tra il 20 e il 21 aprile i Battaglioni partigiani "Armaroli" e "Marzocchi" entrarono in azione nella pianura di Anzola, Calderara, Sala Bolognese e S. Giovanni in Persiceto attaccando postazioni tedesche e impedendo la distruzione di magazzini e di fabbriche. Intanto dai nazifascisti si commetteva l'ultima infamia: i repubblichini consegnarono i partigiani arrestati ad una compagnia di SS in ritirata; all'alba del 21 aprile, mentre stava per essere liberata la città, i prigionieri furono condotti oltre il Panaro e nelle vicinanze di Cavezzo, la mattina di domenica 22, furono trucidati (uno solo riuscì a salvarsi con la fuga).
Il giorno stesso della liberazione del capoluogo (22 aprile), alle ore 17, in una sala del palazzo comunale si adunò il locale Comitato di Liberazione Nazionale, il quale all'unanimità deliberò di nominare sindaco provvisorio Giuseppe Calzati, già sindaco nel 1920-1921, dimissionario per le violenze squadristiche, ex confinato politico per antifascismo. Il contributo dei persicetani alla guerra di liberazione si riassume nei seguenti dati: partigiani combattenti nelle varie formazioni circa 200; caduti 66, dei quali 8 in combattimento contro i nazifascisti, 31 per rappresaglia, 18 morti nei campi di concentramento o dispersi, 9 morti per cause diverse; feriti in combattimento 3. Adelfo Maccaferri e Bruno Bencivenni furono decorati con medaglia d'argento al VM. alla memoria; Antonio Marzocchi con medaglia di bronzo.
Il Comune è stato decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare. Questo il testo della motivazione: «San Giovanni in Persiceto, continuando la tradizione risorgimentale e anti-fascista, già nell'imminenza dell'occupazione tedesca, organizzò nuclei di resistenti. Esposta, con le sue frazioni sparse nella pianura, ai facili attacchi dei nazifascisti, anche dopo le feroci rappresaglie del tragico inverno 1944-1945, le deportazioni nei campi di sterminio e le rovine provocate dalla guerra, non si piegò alla prepotenza e, con le armi strappate al nemico, continuò fieramente la lotta con azioni di sabotaggio, contribuendo, infine, alla salvezza degli impianti produttivi della città dalle distruzioni degli invasori in fuga. Con il sacrificio dei suoi numerosi combattenti, con il martirio dei suoi deportati e caduti, pagò il prezzo della libertà».