Salta al contenuto principale Skip to footer content

Antonio Puccinelli

19 Marzo 1822 - 22 Luglio 1897

Scheda

Antonio Puccinelli (Castelfranco, Firenze, 1822 - Firenze, 1897). Nato in provincia da famiglia abbastanza indigente, il padre Giuseppe era sarto, e avviato al mestiere del genitore nonostante le sue forti resistenze. Solo in seguito ad una malattia viene ascoltato nei suoi desideri e mandato a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Firenze, nel 1839, dove diventa allievo di G. Bezzuoli, l’esponente del Romanticismo storico toscano; il movimento si era sviluppato sia contestualmente che stilisticamente, in base ad una rilettura neomoderna del Seicento locale, letterario ed artistico. Questa corrente, parallela a quella lombarda promossa da F. Hayez, aveva toccato l’apice nella prima metà degli anni Trenta e, alla data in cui Puccinelli approda nel panorama artistico fiorentino, è all’inizio del suo declino: la cultura stilistica del Romanticismo storico viene superata dal fenomeno del purismo toscano (nella seconda versione formalistico - disegnativa di matrice ingresiana e sturleriana, che ha inizio alla fine del quarto decennio e alla quale si adatterà anche l’ex filo-nazareno L. Mussini), che utilizzerà sia i soggetti storici che quelli religiosi per le proprie soluzioni astrattive neoquattroeentesche, e diventerà il trampolino di lancio per gli esiti del movimento macchiaiolo.

Puccinelli è quindi un artista "di transizione", sia per inconfutabili dati generazionali sia perchè si trova, geograficamente, ad operare in un contesto cultrale fertile, ricettivo all'esterno e in veloce evoluzione; E. Cecchi lo definisce "un precursore, più o meno consapevole della macchia" (E. Cecchi, 1960, p. 129). Per l'artista il primo successo risale al 1846, con la vincita di un'esposizione accademica con l'opera Mosè fanciullo che calpesta la corona del faraone (Accademia di Belle Arti, Firenze), in cui è evidente l'influenza di Bezzuoli e di A. Ciseri. Nel 1848 le operazioni di sintesi formale, caratteristiche di Puccinelli, sono già presenti nei quadri in mostra all'Accademia: espone Colombo e un Ritratto, che potrebbe essere quello di Emilio Donnini, eseguito nel '47. Del '48 è anche il Ritratto di Curio Nuti, vivace e nuovo perchè "affronta in modo diverso il problema della ritrattistica secondo una presa più diretta della realtà" (A. Borgogelli, 1988, p. 332). Nel 1849 vince ancora con Gesù visitato dagli angeli. Nel 1851 compie il viaggio di studio a Roma, come pensionnair, dove dipinge Gli ebrei portati in cattività a Babilonia, in cui si sente ancora l'influenza dei suoi insegnanti d'Accademia, anche se inizia a distinguersi per una maggiore "verità" nel trattare il tema e per un sapiente colorismo, chiaro e vibrante. L’opera, presentata all’Esposizione dell’Accademia insieme a Nello alla Tomba della Pia di Pollastrini, rappresenta una novità. Sempre da Roma invia Un episodio della strage degli Innocenti: qui oltre ad un preciso riferimento a Guido Reni rammenta il disegno forte di W. Bouguereau e l’interesse per il tonalismo veneto di P. Boudry, entrambi a Roma. Al 1852 risale anche la straordinaria Passeggiata al muro torto. L’opera é considerata, all’unanimità, L'"incunabolo della pittura macchiaiola" (E. Spalletti, 1989, p. 65): il soggetto, tratto dalla vita contemporanea è privo di quei messaggi moralistici promossi dalla coeva poetica induniana, e trattato con accentuata sintesi e freschezza cromatica nei valori chiroscurali, desunti dalle ricerche atmosferico-luministiche del vedutismo di Corot, a Roma, e dal confronto con i contemporanei I. Caffi e N. Costa. Dopo un breve soggiorno a Venezia, Puccinelli rientra a Firenze e diviene con Visconti, Cassioli ed altri, uno degli esponenti di un purismo formalistico, asciutto, attento alle poetiche del "vero ideale", e aggiornato su stilemi neoquattrocenteschi, descritti con cromatismo vivace, ma sempre attento all'armonia dei toni. Nel 1853 espone all'Accademia di belle arti L’Accademia platonica: l’opera, con altre quali Cosimo il vecchio, Leone X a Carreggi e Il Savonarola che nega l'assoluzione a Lorenzo il magnifico, é eseguita su commissione di Francis Sloane a Villa Carreggi; a questa data, circa, risale il ritratto della prima moglie dell’artista Ritratto di Francesca Guasconi.

Nel 1854 presenta, a Bologna, Effige di S. Lino Papa, mentre nel 1856 realizza Dino Compagni che fa firrnare la pace ai fiorentini in S. Giovanni. Dal 1858 al 1861 lavora all’esecuzione di affreschi per una sala del quartiere della Meridiana in Palazzo Pitti e per Villa Strozzi. A questa data risale anche Lucrezia Borgia in atto di preparare il veleno. Nel 1859 partecipa al Concorso di Ricasoli dove vince il secondo premio con Federigo Barbarossa vinto dalla lega lombarda, ed espone un Garibaldi, ricollegabile, in parte, alle riflessioni già espresse per la Passeggiata al Muro Torto. Realizza, in questo periodo, il Ritratto della nobildonna Morocchi, in cui dà saggio di grande raffinatezza stilistica unita ad una sensibile introspezione psicologica del soggetto, pregio che caratterizza tutta la sua produzione ritrattistica. Al 1860 risale Il martirio di S. Severo (Collezione Matteucci, Porretta Terme), su commissione del Comune di Castelfranco e non terminato a causa di malintesi. Il quadro, che si confronta stilisticamente con I maccabei di A. Ciseri, eseguito clal 1853 al 1863, é realizzato con un taglio di luce diagonale, "che scorre tagliente e obliqua, come nella famosa Strage degli innocenti, saggio romano del 1852" (A. Borgogelli, 1983, p. 187). All'Esposiazione nazionale di Firenze del 1861 presenta L'Accademia platonica, Lucrezia Borgia e Leone X; alla Promotrice Ricordo amoroso. Lo stesso anno è nominato professore di Pittura all'Accademia di Bologna e ricopre la cattedra che fu del classicista C. Alberi.

Nella città felsinea, nonostante le aperte ostilità del Masini, riesce ad influenzare i giovani allievi dell'Accademia, dove si respirava un clima culturale impostato su un drastico epigonato della tradizione secentesca e tardosettecentesca locale, in netta opposizione a qualsiasi manifestazione di purismo o di pittura dei cosedetti "larghi". Nei primi anni Sessanta a Bologna eseguì il Ritratto della marchesa Albergati (Pinacoteca Nazionale, Bologna) e per il "Salone del Risorgimento" del marchese L. Pizzardi Carlo Alberto a Oporto (Museo del Risorgimento, Bologna) e il bozzetto per La battaglia di Fossalta; sono anche gli anni del Michelangelo a Carrara e Dante che parte per l'esilio. Nel 1865 soggiorna spesso a Pistoia dove sposa Adelaide Badioli; a questo periodo risalgono le tre versioni del Chiostro dell'Ospedale del Ceppo a Pistoia, relazionabili alle opere affini di Lega e Borrani, e Niccolò Macchiavelli che medita nel suo studio, acquistato da Ruffino, per il quale dipinse anche un Ritratto di Ruffino, Piero dé Medici cacciato da Palazzo Vecchio e Ritratto postumo di Vincenzo Gioberti (Galleria d’arte moderna, Firenze), presentato al Concorso di Ricasoli. Inizia a dedicarsi anche a soggetti piacevoli e più facilmente commerciabili come Venere, acquistata da Massimiliano del Messice. Questi soggetti erano stati già trattati dall'artista nella seconda metà degli anni '50: ricordiamo una Bagnante,Leda e il cigno e La Tradita. In questo periodo non mancano alcuni soggetti sacri come: Madonna in cattedra con un puttino ai piedi che suona, Due angeli che portano il triregno. Nel 1867, con Pollastrini e Ussi, partecipa all’Esposizione di Parigi, ma quell’anno il Guidi lo critica pesantemente nel "Gazzettino delle Arti del Disegno" giudicandolo ormai lontano dalla linea di rinnovamento sostenuta dalla rivista; forse la frequentazione dell’ambiente bolognese non lo rende incolume dal recepire istanze naturalistiche, riscontrabili nella produzione degli ultimi anni. Nel Ritratto di Giovan Maria Damiani (Museo del Risorgimento, Bologna), datato 1872, si verifica una duplicità di registro: il volto è reso con accentuato naturalismo, mentre il corpo é sintetizzato e scorciato arditamente, con larghe zone di colore a plat.

All'Esposizione di Vienna, del 1873, parlecipa con Progetto della facciata di S. Maria in Fiore; riprende l'esecuzione di soggetti piacevoli come Muse, Palme, Nonna guarda, Nonna sente. A questi anni risale un numero cospicuo di bozzetti che non hanno trovato una realizzazione finita. Negli anni Ottanta realizza un’Autoritratto, Confidenze e Bambine che crescono. Muore nel 1897, a Firenze dove si è da tempo ritirato; purtroppo non è mai riuscito ad integrarsi completamente nell'ambiente bolognese, che e stato più generoso con il suo conterraneo G. Carducci.

Claudia Collina

Testo tratto da "Collezionisti a Bologna nell’Ottocento: Vincenzo Valorani e Luigi Pizzardi, Bologna, 1994.