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Silvio Marabini

18 Aprile 1896 - 1984

Scheda

Silvio Marabini, da tutti chiamato Checco, è nato nella frazione San Martino di Medicina, in via Sillaro, il 18 aprile 1896. Appartenente ad una famiglia di birocciai era il secondo di otto figli: il babbo si chiamava Giuseppe e la mamma, moglie di seconde nozze, Enrica Zacchiroli. In casa c’erano anche un fratello del padre, Adolfo, e il nonno paterno Filippo, l’azdôur.

Nel 1902 Checco va a scuola a S. Martino, in una stanza della casa dei Fabri. Finita la prima il nonno lo affidò ad un pastore di nome Dovardo, che aveva il gregge a Monte S. Domenico, presso il quale stette per due anni. Poi il padre lo riprese per farlo lavorare come muratore. Questo mestiere si esercitava d’estate e durante l’inverno Checco, che sapeva imparare guardando chi esercitava un mestiere e sapeva applicarsi con naturale inventiva, esaminava com’erano fatti telai e filarini. Così cominciò a farne di propri, modernizzandolli.
I suoi filarini per la produzione di filati piacevano alle donne e non tornavano indietro. Allora il padre, visto che il figlio riusciva in queste attività, nel 1912 gli comprò una bottega da ebanista a Medicina. Gli pagò anche una bicicletta, per cui spese 104 franchi, con la quale, alla sera, Checco, col suo amico Zampina, andava a Castel S. Pietro a prendere lezioni di disegno dal prof. Romiti.
C’erano in quel tempo tre famosi produttori di filarini, uno di Argenta, uno della Riccardina di Budrio, e il migliore tornitore che era Filicori di Castel S. Pietro. A tutti questi Checco propose di costruire un filarino con i posti per tre donne a tre piedi, il trifilarino, da usare come reclame nelle fiere e nei mercati.

I suoi concorrenti non credevano che fosse possibile costruire un trifilarino a tre piedi, magari era possibile farne uno di quattro piedi, come un tavolo, ma Checco, aiutato da Zampina, cominciò a fare degli esperimenti con modellini di cartone. Tanto pensò che una notte trovò il punto di partenza per realizzare la sua idea: bisognava partire da un albero posto nel mezzo. Quando ebbe costruito il trifilarino i tre tornitori vennero a casa sua e rimasero meravigliati. Il trifilarino fu inaugurato in piazza a Medicina, con tre donne che filavano vicino alla fontana. La fortuna dei suoi filarini crebbe, allora Checco pensò di aumentare la produzione, dividendo il lavoro, facendo segare e tornire i pezzi a Castel S. Pietroi poi li componeva ed in questo modo riusciva a produrre fino a settanta pezzi all’anno. Aveva tre modelli di filarino, quello meno caro si vendeva per 2 o 3 franchi, quelli più ricercati, di noce, di ciliegio o di gelso costavano 5 franchi. Silvio Marabini si sposa nel 1923 con Emilia Verlicchi. Avrà sei figli, di cui due morti precocemente, e negli stati di famiglia del Comune la sua attività verrà indicata con il termine di “trafficante”, che sta forse a significare un mestiere non ben definito di artigiano-commerciante. Nonostante i suoi malanni, che spesso vengono commentati nei brevi e concitati appunti lasciati su foglietti di ogni genere, Checco vivrà fino all’età di 88 anni, senza cessare mai la sua fervida attività di artigiano eclettico.

Il Museo civico di Medicina conserva diverso materiale appartenente a Silvio Marabini. L’attenzione rivolta da Checco al lavoro domestico della filatura e della tessitura, che lo ha portato alla ideazione dei trafilarini, è documentata anche dai modelli di fusi, rocche e filarini. La sensibilità per le tecniche usate nel lavoro agricolo è attestata dalla riproduzione di macchine e utensili contadini. La sua perizia nel mestiere di falegname ha lasciato sui manufatti una firma inconfondibile data dalla particolarità delle torniture. Le sue manie collezionistiche e il ricordo della guerra come un’esperienza incancellabile ed inscindibile dalla propria vita, sono evidenti attraverso gli oggetti e i cimeli raccolti e conservati. La ricostruzione, seppure stilizzata e rappresentativa della bottega di Marabini, rende vivo il ricordo di questo artigiano di Medicina. Il museo posside il trifilarino, il suo capolavoro; il tornio con gli utensili per lavorare il legno; le riproduzioni in miniatura; i modelli di macchine e attrezzature per i lavori agricoli; la collezione di utensili da lavoro e di oggetti di casa; la sua produzione di oggetti curiosi e utensili da lavoro; la raccolta di pipe in gran parte di sua fabbricazione; i cimeli e i riconoscimenti militari; gli appunti sparsi annotati su ritagli di carta di qualsiasi tipo (carta da medicinali, sigarette e altro); le fotografie di lui che lavora o dei prodotti del suo lavoro.

In collaborazione con il Comune di Medicina.