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Birichini e Ritirati bolognesi

1600 | 1900

Schede

Nel seicento, in un tempo cioè in cui la sicurezza pubblica non era troppo garantita dagli ordinamenti civili, fioriva in Bologna una singolare associazione di malviventi: quella dei Birichini. Appartenenti tutti all'infima classe della plebaglia, i Birichini rappresentavano per Bologna ciò che erano i Lazzaroni per Napoli e i Maffiosi per la Sicilia. Segretamente organizzati in masnade, essi dipendevano da certi capi, secondo la strada cui appartenevano. Le bande più numerose e potenti erano, com'è naturale, quelle del campetto, del Torleone, di Fiaccacollo, di Mirasole, del Borgo di Santa Caterina, del Pratello, di Pietralata, della Sega dell'Acqua e del Borgo San Pietro.

I Birichini erano tutti ladri famosi, terribili pel coltello. Rubavano e ricattavano per professione e spartivano fra loro l'eventuale bottino. Pagando ad essi una convenuta somma, la designata vittima poteva però salvarsi dalle ruberie, e aveva anche il diritto d'essere scortata, per maggior sicurezza, tanto in città che in campagna. Leggendo le antiche cronache, s'ha l'impressione che i Birichini costituissero in Bologna uno “stato nello stato”. Lo stesso bargello (il capo dell'antica polizia) si serviva di questi malfattori per rintracciare qualche oggetto rubato che difficilmente poteva essere venduto agli ebrei o ad altri loschi profittatori. Ai primi del Settecento, la potenza, anzi la prepotenza dei Birichini non ebbe più alcun ritegno. Nella cronaca manoscritta del Barilli, in data 1721: “Peraltro” si legge, “non odonsi furti, né altri disordini, se non quelli che commettonsi dalli Birichini”. L'autorità, allora, cominciò ad intervenire. Nel 1726 furono dati alcuni tratti di corda ad uno dei capi, per aver preteso dalla famiglia Ranuzzi del danaro, con minaccia della sua ciurma. Nello stesso anno, altri tratti di corda furono inflitti a un altro capo di Birichini, per avere derubato e maltrattato il parroco di S. Biagio. Nel 1729, poi come notò il Barilli, “si diede principio alla carcerazione de' Birichini, perché, oltre alle continue rapine, si facevano vedere in grosse truppe con tamburo battente e bandiera e andavano in più case, volendo roba e denari colla forza.” Queste bande finirono con l'occupazione francese di Bologna. I Birichini furono infatti incorporati in alcuni battaglioni e inviati alla guerra. Sotto il regime napoleonico, l'isola d'Elba, fu l'ultimo loro ricetto, poi non se n'ebbe più alcuna notizia. Il nome di “birichino” rimase però fra noi a designare un giovane scapestrato, ineducato, svogliato da ogni ben fare, e in tal senso è usato ancora oggi. Nel Birichino di Bologna, inteso in quest'ultimo significato, il Rubbiani e il Testoni vollero vedervi “l'emulo storico del gamin di Parigi”; cioè del “ragazzo sventato, che dava la baia a tutte le novità, mandava giù di strada i forestieri, zufolava spietatamente, fino ad averne allungato il mento; inventore di gerghi ironici popolari a proverbiare le grida, le provvidenze governative o gli insuccessi del bargello".

Altra sorte di ladroni bolognesi erano i Ritirati, così detti perché, commesse le loro furfanterie, trovavano sicuro rifugio nei circuiti delle chiese: cioè nei sagrati (a Bologna se ne contavano ben duecentotrenta), e anche nei circuiti dei palazzi di quei signori che godevano il privilegio dell'immunità. Nei punti ove si trovavano uno di rimpetto all'altro due palazzi immuni, tutta la strada diventava una specie di sagrato, com'era, ad esempio, la via Castiglione fra i palazzi dei Pepoli. “La gente onesta” dice il Bosi “che di notte camminava per quelle strade buie con una lanterna che serviva più che a vedere ad essere veduto, sentiva il batticuore come se fosse stato in mezzo ad una foresta di malandrini: molti portavano armi, col permesso del bargello o senza, al fine di difendere se stesso contro i Ritirati quasi ad ogni uscio...” i patrizi, invece, si compiacevano di potere passare impunemente in mezzo a quella sentina di bricconi ciò che i birri non potevano e gli altri non osavano. I birri però facevano spesso la ronda per vedere d'acciuffare qualcuno di quei furfanti che fosse uscito dai sagrati, e i Ritirati, infatti, talvolta ne uscivano, ma per dar loro la baia, “e massime” seguita il Bosi “se v'era concorso di popolo, ché allora avevano cent'occhi che loro guardavano le spalle e cento voci preste ad avvisarli del rischio che loro sovrastavano d'essere presi, poiché in quei tempi i birri erano odiati dal popolo più che gli stessi Ritirati”. Secondo alcuni, da ciò avrebbe tratto origine il gioco detto dei quattro cantoni o dei birri e ladri, consistente, come ognuno sa, nel fare ammattire il supposto birro che sta nel mezzo a sostenere le beffe degli altri, i quali s'ingegnano di tornare sul posto di immaginaria immunità senz'essere acchiappati. Qualche volta accadde che i Ritirati venissero alle mani coi Birichini. Qualche altra volta, invece, le due associazioni agirono di comune accordo, o una in aiuto all'altra, come nel 1728, quando un senatore, in occasione della sua elezione al Gonfalonierato di Giustizia, concesse ad alcuni Ritirati e Birichini un po' di vino, facendoli poi arrestare. Tutta la birichineria, allora, si recò a palazzo e, con grida e minacce, ottenne la scarcerazione dei compagni e il ricupero del vino. (B. B.)

Testo tratto da 'Figure d'altri tempi: I Birichini e i Ritirati' dalla rivista 'Il Comune di Bologna', gennaio-febbraio 1936. Trascrizione a cura di Zilo BRati.