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Bartolo Nigrisoli

18 dicembre 1858 - 6 Novembre 1948

Scheda

Bartolo Nigrisoli, da Carlo e Domenica Cavassini; nato il 18 dicembre 1858 a Mezzano (RA). Nel 1943 residente a Bologna. Laureato in medicina e chirurgia. Ordinario di clinica chirurgica all'università di Bologna.
Fu uno dei più famosi clinici del suo tempo. Primario dell'ospedale Maggiore di Bologna nel 1905, il 16 ottobre 1922 salì in cattedra all'ateneo. Senza iscriversi a un partito, militò sempre nell'area della sinistra laica.
All'avvento del fascismo prese aperta posizione contro la dittatura. Il 16 febbraio 1923 salvò la vita a Giuseppe Bentivogli - uno dei principali esponenti del socialismo bolognese - quando impedì ai fascisti di ucciderlo mentre era ricoverato in ospedale facendogli scudo con il corpo. Nel 1924, per manifestare pubblicamente la sua opposizione al regime, rifiutò la nomina a senatore del Regno. Nel 1925, con altri dieci professori dell'università di Bologna, firmò il manifesto redatto da Benedetto Croce e pubblicato ne "II Mondo" l’1 maggio 1925.
Nel 1931 - unico tra i docenti ordinari dell'università di Bologna - non giurò fedeltà al regime fascista. Nel suo fascicolo personale, conservato nell'archivio storico dell'ateneo, non esiste un solo documento in merito a questo gesto di alto coraggio civile e morale.
Vi è conservata la copia di una lettera che il rettore Alessandro Ghigi inviò il 15 dicembre 1931 al ministro dell'istruzione Balbino Giuliano, per comunicargli che erano state vane tutte le pressioni fatte nei suoi confronti, anche da colleghi universitari, perché giurasse ed evitasse uno scandalo politico, nocivo per il regime. «.. .è un testardo, - scrisse - ma è onesto, un filantropo, un apolitico. Non è entusiasta del regime, ma non è contrario, anzi lo accetta; non risulta che assuma atteggiamenti antifascisti». [...] «Egli dice che non si sente di rinunziare, con un giuramento, alla propria libertà di pensiero; che egli non ha mai voluto accettare costrizioni».
Il 29 dicembre 1931 il ministro comunicò al rettore che il clinico, non avendo giurato, era dispensato dall'insegnamento a partire dall'1 gennaio 1932.
Pochi mesi dopo l'esonero, fu aggredito e bastonato da alcuni fascisti. Costretto a interrompere l'insegnamento per motivi politici, intensificò l'attività professionale nella sua casa di cura privata. Durante la lotta di liberazione il CLN decise di nominarlo rettore onorario dell'università con Edoardo Volterra pro rettore.
A causa dell'età non potè accettare i due inviti a riprendere l'insegnamento dopo la Liberazione. Il 7 maggio 1945, rispondendo al commissario straordinario del sindacato dei medici di Bologna, scrisse che la «tarda età e le mie tristi condizioni di salute non mi consentono di prestare loro alcun aiuto nella opera intrapresa per rialzare la misera Italia dalla rovina in cui è stata precipitata».
Non accettò neppure la richiesta fatta il 13 luglio 1945 da Armando Businco, preside della facoltà di Medicina, ed approvata dal senato accademico il 2 agosto 1945, perché riprendesse l'insegnamento in base alla legge del 5 aprile 1945.
Ripose che «per il mio stato di salute e per la mia età non posso in nessun modo tornare alla cattedra, da cui del resto non mi dimisi, ma fui dimesso». Il suo nome è stato dato a una strada di Bologna. Ha pubblicato: Parva. Perché e come fui nominato clinico e dopo dieci anni deposto. [O]