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Cesare Lugli

1829 - 1902

Scheda

L'ingegner Cesare Lugli, nato a Modena nel 1829, rappresentò in Parlamento il collegio di Vergato per sette legislature: dalla XIII (1876) alla XX (1807) con l'intervallo - perchè infermo - della XIX. Caso non frequente di fortuna politica e di reciproca fedeltà del deputato al suo collegio e degli elettori al loro deputato, fortuna e fedeltà rimaste immutate anche quando nelle elezioni dell'82, dell'86 e del '90 si sostituì al sistema uninominale lo scrutinio di lista. Modenese, come si è detto, Cesare Lugli ebbe in Bologna prima che il centro dell'attività politica, il centro di un lavoro intenso e fortunato nelle costruzioni, negli appalti ferroviari e nelle industrie di materiali edilizi. Svelto d'ingegno, abile negli affari e professionalmente ben preparato, non tardò ad arricchire, ciò che gli permise in tempi di assoluta gratuità delle cariche pubbliche - di darsi alla politica portandovi «quel tatto pratico che si acquista lungo una vita spesa nel lavoro indipendente». Fu così consigliere comunale di Bologna dal '72 al '95 e assessore ai lavori pubblici, consigliere provinciale per il mandamento di Porretta (1880-95), amministratore di istituti bancari e di beneficenza. Malgrado il censo cospicuo, visse sempre modestamente, anzi invecchiando prese del misantropo, forse anche per le non buone condizioni di salute che lo obbligarono nel '95 a ritirarsi dalla vita pubblica. Aveva affrontato il responso delle urne già nel 1874, avendo a competitore Paolo Silvani, minghettiano, deputato di Vergato da un decennio: rimase soccombente di stretta misura, ma doveva affermarsi nelle successive elezioni del 1876, battendo il campione della Destra, Guglielmo Capitelli. Cospiratore, poeta, giureconsulto, giornalista, sindaco di Napoli a ventisei anni e a poco più di trenta prefetto di Bologna, il conte Capitelli fu uomo di vena brillante e di subitanee improvvisazioni: alla caduta della Destra -nella psicosi di quella che fu definita una «rivoluzione parlamentare» - si dimise da prefetto e si dette alla lotta politica cimentandosi nel collegio di Vergato. La Patria, magno organo progressista bolognese, annunciava la candidatura Capitelli in questi termini: «I consorti puri portano il Capitelli..., questo curioso tipo di prefetto di combattimento.

Il Lugli esordi nelle file progressiste con Ferdinando Berti, col Panzacchi e col senatore Magni: lo troviamo anzi vicepresidente della Associazione Progressista delle Romagne, presieduta dal ministro Baccarini. Staccatosi dalla Progressista nel 1882, in tempi di trasformismo, fondò a Bologna il Partito Progressista Costituzionale che ebbe il suo organo nella Stella d'Italia. Attivo in politica come lo era stato negli affari, con una modestia di modi che gli conciliava le simpatie, oratore spicciolo ma di notevole efficacia e comunicatività, "spirito pronto e acuto se non fine" (tale lo riconobbe un avversario), seppe guadagnarsi i suffragi di non pochi fra gli stessi moderati. Con un tantino di acredine il democraticissimo Resto del Carlino lo definiva: «L'on. Lugli è il Maometto della montagna.... Non è nè un moderato nè un progressista. Lugli è Lugli. Politicamente assume il colore dell'ambiente parlamentare che per lui è dato dalla maggioranza». E sempre il Carlino ne schizzava questo velenoso ritrattino: «Cesare Lugli va ogni momento a visitare i suoi elettori: parla loro in dialetto montanaro: li abbraccia: chiede loro notizie della moglie, dei bimbi, del granturco: si interessa della vacca che ha partorito da poco: si informa del come il giovinetto porco vada sviluppandosi e ingrossando: stringe in un tenero amplesso il parroco: bacia in fronte il sindaco: fa la corte alla moglie del segretario comunale: dà un pizzico alla fattoressa: batte allegramente sulla pancia del campanaro». Il ritratto è - conveniamone - gustoso, e certo il Lugli fu uomo semplice e bonario, ma fu anche un conoscitore espertissimo dei problemi della montagna bolognese. Questo «Maometto della montagna» girava sul serio i monti e le valli del suo collegio, sempre interessato ai piccoli problemi locali, alle strade, allo spaccio di sali e tabacchi, alla fontana, alla scuola, in corrispondenza continua con gli elettori che riversavano pene, desideri e petizioni nel grembo del loro deputato. Il quale affrontava lietamente il non lieve onere dei fitti rapporti epistolari: «scriveva cinquanta-sessanta lettere e cartoline al giorno - ricorda il prof. Ruggi - e questo per mantenere il legame con sacerdoti».

Dopo diciannove anni di ininterrotto mandato parlamentare, nel 1895 Cesare Lugli, malfermo di salute, si dimise dalle cariche e rifiutò la candidatura, cedendo il collegio all'avvocato Rodolfo Rossi, un moderato di origini radicali e repubblicaneggianti, già deputato di Bologna I e Bologna III nelle precedenti elezioni. Volle invece ripresentarsi nel 1897, e ritrovò ancora una volta il favore dei fedeli elettori di Vergato. Ma era ormai stanco e malato, fisicamente e spiritualmente abbattuto: ritiratosi definitivamente dalle competizioni politiche, mori a Bologna nel 1902. La tradizione liberale del collegio di Vergato restò affidata a Luigi Rava, degno successore che superò il Lugli per dottrina e meritati successi (fu lungamente ministro e vicepresidente della Camera), non per onesta passione politica e fervidissima cura degli interessi del collegio.

AGOSTINO BIGNARDI

testo tratto da "Cesare Lugli deputato di Vergato", in "Strenna storica bolognese", 1956. E' sepolto alla Certosa di Bologna, Sala del Colombario, loculo 339.