Note sintetiche
Scheda
Giuseppe Ruggi nacque a Bologna nel 1844. Si laureò in medicina presso la locale università nel 1868, avendo come insegnanti tra gli altri anche Francesco Rizzoli. Primario dell'ospedale Maggiore di Bologna dal 1877, nel 1894 venne chiamato alla cattedra di clinica chirurgica a Modena; nel 1906 assunse lo stesso incarico all'Università di Bologna. Fu tra i primi ad eseguire in Italia operazioni importanti quali laparatomie e grandi resezioni articolari, riportando i suoi studi nell'opera Lezioni di chirurgia del 1901. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale ebbe modo di sperimentare nuove tecniche di guarigione e di operazione, rivestendo importanti compiti di organizzazione dei servizi sanitari nelle retrovie in qualità di Presidente del V Comitato Regionale Sanitario Militare di Bologna. Nel primo dopoguerra si avvicinò al crescente movimento fascista, in cui vedeva un tutore dell'ordine contro il pericolo di una rivoluzione “rossa”, tra cui anche l'amministrazione socialista di Bologna. Lasciato l'insegnamento nel 1919, scrisse nel 1924 i Ricordi della mia vita. Si spense a Bologna nel 1925. Riposa nella cella di famiglia collocata nel Chiostro IX della Certosa di Bologna.
"La notte del quattordici marzo si spegneva serenamente mostrando fino all'ultimo quella elevatezza di spirito e quella forza di carattere che furono ornamento della sua vita, il prof. Giuseppe Ruggi, chiururgo di fama mondiale e maestro fra i più insigni dell'ateneo bolognese. Aveva 81 anni e fino all'ultimo fu rigorosamente gagliardo. Attorno al suo letto di morte erano il nipote Lorenzo Ruggi, che l'assistette durante la breve malattia e fino al momento estremo e per il quale l'eletto cittadino era stato come padre, e tutti i suoi cari discepoli, ad alcuni dei quali rivolse parole di saluto e di tenerezza. Coscienza limpida, mente elevata e cuore generoso, Giuseppe Ruggi non si assentò mai dalla vita pubblica, pur essendo schivo dal farne professione; e soltanto nei momenti più gravi, quando l'autorità del suo nome e la serenità del suo spirito erano utile elemento a risolvere situazioni delicate e difficili, Egli interveniva, guidato sempre da un superiore criterio di ordine e di amore patriottico. Fu deputato di parte liberale nella 16a legislatura e fu Presidente del famoso comitato «Pace, Libertà e Lavoro» dal quale uscì il movimento di riscossa nazionale. Ma anche durante la guerra, l'allora più che settantenne professore diede tutto sé stesso per i feriti, e sia come chirurgo, sia come organizzatore di stabilimenti sanitari rese importanti servizi alla patria. Appartenne per lunghi anni alle amministrazioni Comunale e Provinciale, e fu membro di numerosi Enti cittadini. Le pubblicazioni scientifiche di Giuseppe Ruggi raggiungono il numero di 140 e portano un notevolissimo contributo ai progressi della moderna chirurgia.
Fu uno di quei chirurghi che si possono definire costruttori della propria arte in quanto che molte delle moderne operazioni vanno appunto col suo nome. Della sua opera scientifica scrive un suo caro discepolo, il prof. G. B- Stretti: «Sarebbe fuor di luogo dire dell'opera chirurgica del prof. Giuseppe Ruggi dopo l'esposizione in una lucida sintesi illustrativa che egli stesso ha dato del contributo scientifico-pratico da lui portato alle discipline chirurgiche in un libro pubblicato pochi mesi or sono («Ricordi della mia vita») che è testimonio di quella meravigliosa freschezza fisica ed intellettuale che serbò il maestro fino all'ultimo momento della sua vita». Ma il ricordare qui, nell'ora in cui Egli scompare per sempre ai nostri occhi, l'influenza fruttifera e duratura che Egli ebbe nella evoluzione chirurgica della sua epoca, è dimostrare alle generazioni che sorgono quello che noi tutti dobbiamo a Lui, alla sua attività. Al suo volere, alla sua alta intelligenza. Io non dirò delle sue qualità personali, perché più che tre lustri d'intimità chirurgica hanno acceso in me un'affezione che è nel contempo ammirazione. Ma quelli dei suoi allievi che, al pari di me, più a lungo hanno avuto dimestichezza con lui, hanno potuto conoscere che la sua dirittura, la sua probità, la sua coscienza era pari tanto nel Chirurgo, come nel Maestro, come nell'Uomo. «Volendo fare il chirurgo – egli scrive nei suoi «Ricordi» – in un periodo nel quale tutto era da rinnovare, dovevo sovente interrogare me stesso per conoscere se la mia azione era in regola colla mia coscienza». Ed egli, che così profondamente e umanamente sentiva, si era preparato alla carriera fino dai suoi primi anni universitari, mettendo alla base dei suoi studi una seria e perfetta conoscenza dell'anatomia. Quelli che hanno il desiderio profondo di dedicarsi interamente all'esercizio della chirurgia, a questa professione splendida ma terribile che mette ogni giorni nelle nostre mani la salvezza di quelli che sono uomini come noi che fa di noi i giudici sovrani della loro vita e della loro morte, hanno il dovere di non affrontare responsabilità talvolta tragiche se non hanno nell'intimo della loro coscienza il senso profondo del diritto che vi vien dato dalla conoscenza delle scienze difficili che sono il fondamento della nostra arte. Il sentimento di sapere tutto ciò che è necessario per intraprendere un'operazione delicata, con tutti i suoi rischi e le sue sorprese è indispensabile alla buona esecuzione di questa. Solo tale sentimento può render sicura la nostra mano e il nostro pensiero di fronte a difficoltà impreviste, e darci quella subitaneità nella decisione e quella sicurezza di gesto che solo possono qualche volta nei momenti critici ispirare e dirigere l'azione che trionferà della morte. A fondamento di queste altre questioni di morale, di coscienza, di dovere, vi è la conoscenza dell'anatomia e della medicina operatoria che costituiscono, con la scienza diagnosticata e le regole imprescrittibili dell'asepsi, i principali definitivi della chirurgia moderna.
La conoscenza profonda dell'anatomia dà dunque al chirurgo quella sicurezza morale, quel sentimento intimo di sapere dove egli è, dove va, e ciò che fa, gli dà quella visione chiara della sua azione all'infuori della quale non c'è che incertezza, esitazione, inettitudine. La sua alta intelligenza gli aveva fatto comprendere istintivamente che, per bene operare occorreva un metodo impeccabile; e tale metodo egli aveva appreso in dieci anni di studi indefessi, nella camera mortuaria dove ebbe per compagno e mentore fedele il prof. Giovanni Battista Fabbri, e l'aveva completato ed affinato in più corsi di anatomia chirurgica che egli impartiva agli studenti fino dall'inizio della sua carriera di insegnante. L'anatomia dunque gli è stata di sommo aiuto in tutti i periodi della sua attività chirurgica: sia nel periodo settico come in quello antisettico e asettico. Ed Egli ha potuto in tal modo eccellere nella ginecologia, che è stato il suo primo e favorito campo, con l'asportazione, per quei tempi spesso difficile e pericolosa, di tumori addominali, immaginando il suo processo di isterectomia vaginale, il taglio vulvo-vaginale laterale a sinistra, la resezione ovarica per via vaginale, la cura radicale per via vaginale del processo dell'utero, ecc. e in momenti di intuizione felicissima ideò la cura radicale dell'ernia crurale per via inguinale, metodo servendosi della capsula renale; quella del varicocele, ecc. Fu il primo ad eseguire di deliberato proposito, con decisione presa sul momento la laringectomia, chiudendo in primo tempo la comunicazione fra tra faringe e trachea. E a Lui dobbiamo quel metodo di laringostomia, che tanti benefici risultati ha dato anche nei feriti di guerra. Ma se egli ha avuto una influenza profonda sullo sviluppo e sul perfezionamento della tecnica chirurgica, ideando moltissimo metodi operatori che pongono il suo nome alla pari dei più reputati fra gli stranieri e la chirurgia italiana a livello di quella dei paesi più progrediti, più efficace ancora e più profonda fu la influenza Sua proprio nei primordi della sua carriera. Allora anche i più semplici interventi operatori, eseguiti dai più arditi ed abili chirurgi, davano una mortalità altissima per le complicazioni settiche di ogni specie. Nel maggio del 1872, ebbe il primo successo laparatomico in Bologna, e il quarto in Italia, operando nella pratica privata una signorina affetta da cistoma ovarico. E poco prima, nel 1870 aveva eseguito una resezione tipica del ginocchio, che fu la prima guarita in Bologna.
Questi primi successi erano dovuti indubbiamente alla sagacia ed allo spirito di osservazione del giovanissimo chirurgo che intuiva come solo colla estrema pulizia si potesse avere successi operatori; onde all'Ospedale del Ricovero, dove allora Egli era primario, i casi di influenza erano rari. Pasteur da poco aveva dimostrato esperimentalmente l'origine delle infezioni e Lister ne traeva quelle illuminate leggi che furono il fondamento dell'antisepsi. Ma questa pratica così benefica, che già in Francia e in Inghilterra e in Germania trovava larghi fautori, non aveva ancora avuto in Italia alcuna razionale applicazione. Quando nel 1877 il Ruggi fu chiamato a sostituire il Rizzoli nella prima sezione chirurgica dell'Ospedale Maggiore, dove frequentissime erano le infezioni chirurgiche, intuì come l'unico possibile rimedio stesse nella pronta adozione della medicatura antisettica alla Lister e richiese i mezzi per metterla in pratica. La pubblicazione stessa del Ruggi, fatta poco dopo dimostrò subito quale profonda modificazione il metodo Listeriano apportasse nella percentuale delle guarigioni degli operati e come si rendessero maggiormente possibili le grandi operazioni senza correre troppi rischi. La originale medicina alla Lister, fu poco dopo pure da lui modificata e le sue sale chirurgiche furono delle prime a vedere sparire l'idoformio, l'acido fenico, il sublimato, il permanganato, ecc. La costanza dei suoi successi operatori più che le ricerche di laboratorio e le discussioni delle società scientifica, ha servito alla volgarizzazione del metodo e alla introduzione della asepsi. In possesso del metodo antisettico che dava ormai così ampie garanzie di successo e poscia di quello asettico l'attività del prof. Ruggi non ebbe più riposo perché gli apriva la via a più vasto campo di studi e di esperienze. Diventato per tenacia di lavoro e per serietà di propositi professore ufficiale di Clinica Chirurgica prima a Modena poi a Bologna, il suo insegnamento fu improntato a un perfetto spirito di praticità perché in cima ai suoi pensieri vi era l'uomo, il suo simile bisognevole della sua opera fattiva". Testo tratto dalla rivista 'Il Comune di Bologna', marzo 1925. Trascrizione a cura di Zilo Brati, 2020.