Schede
Provenienza: San Pietro in Casale (Bologna), località Gavaseto. Rinvenuta nel 1533.
TRASCRIZIONE
C(aius) Cornelius
C(ai) L(ibertus)
Hermia
V(ivus)
Fullonia
Sal(vi) L(iberta)
Officiosa
V(iva)
Cornelia
C(ai) L(iberta) Prisca
Θ (theta nigrum)
TRADUZIONE
Caio Cornelio
Hermia, liberto
di Caio
vivo
Fullonia Officiosa
liberta di Salvo
viva
Cornelia Prisca,
liberta di Caio
morta
La stele ha la forma di una piccola edicola, una sorta di tempietto ornato da sculture alla sommità: la centrale è perduta, mentre le due laterali rappresentano ciascuna un leone che afferra con la zampa la testa di un ariete, simbolo dell’inevitabilità della morte. All’interno del tempietto sono ritratti tre personaggi: un uomo anziano vestito di toga, a sinistra, e due donne, una più anziana e una più giovane, vestite con lunga tunica e ampio mantello, la cosiddetta palla. Sopra la testa di ciascun personaggio è inciso il rispettivo nome.
Al di sotto dei nomi le lettere V e Θ (theta), iniziale della parola greca thanatos, morte, indicano che, al momento della realizzazione della stele, l’uomo e la donna al suo fianco erano ancora vivi, mentre la terza donna era già defunta.
Non è indicato che rapporto di parentela ci fosse tra i tre: possiamo ipotizzare che i due personaggi più anziani fossero marito e moglie, come confermerebbe anche il capo coperto della donna, segno distintivo delle donne sposate, mentre la giovane poteva essere la sorella dell’uomo, essendo entrambi liberti dello stesso patrono Caio Cornelio.
Curiosità: trovata nel 1533 vicino a San Pietro in Casale, la stele fu poi trasportata a Bologna e qui esposta all’interno della basilica di San Petronio. Si racconta che la devozione popolare trasformò le figure dei tre defunti in immagini di santi e, per sanare lo spiacevole equivoco, il Cardinal Gabriele Paleotti, Arcivescovo di Bologna tra il 1566 e il 1582, fece ricoprire di gesso la lapide, che tornò visibile soltanto nel 1620, quando fu trasportata all'esterno. Più tardi, in piena età napoleonica, un fanatico mosso dal fervore della Rivoluzione Francese, distrusse la decorazione scolpita a bassorilievo nel timpano, forse una scena di sacrificio, scambiandola per uno stemma nobiliare.
Pietra d'Aurisina: 268x142x48,5 cm. Inv. 19008