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L'Accademia di Belle Arti al momento dell'annessione

1859

Schede

Nel quadro degli eventi militari e politici del 1859-60 e dei rivolgimenti delle istituzioni pubbliche, culturali e sociali, che ne seguirono, s'inseriscono pure le vicende di cui fu protagonista l'Accademia di Belle Arti di Bologna. Cessato il dominio pontificio, e costituitosi il Governo Provvisorio delle Romagne, nel nuovo fervore di molteplici iniziative tendenti ad attuare in ogni campo le più ardite innovazioni, si avvertì come la vecchia e gloriosa Accademia di Bologna non rispondesse più alle esigenze dei tempi nuovi, e urgesse, quindi, un radicale rinnovamento di metodi, di statuti, di cattedre ed anche di insegnanti. Fu così che, sollecitato in tal senso, da più parti, il Ministro della Pubblica Istruzione e Belle Arti del Governo Cipriani, Conte Cesare Albicini. - sull'esempio di quanto aveva disposto Vittorio Emanuele II per l'Accademia di Milano - con Decreto 21 Ottobre 1859, ordinò lo scioglimento dell'Accademia di Belle Arti di Bologna, non essendo più conforme «né allo spirito del tempo presente, nè agli attuali bisogni delle arti, nè all'indole delle nostre istituzioni».

L'art. 3 dello stesso Decreto stabiliva, inoltre, che «un'apposita Commissione di Artisti, di Amatori di Belle Arti e di persone distinte per ingegno e dottrina» avrebbe provveduto alla compilazione dei nuovi Regolamenti, mettendosi in relazione con l'analoga Commissione istituita con lo stesso scopo a Milano.
E l'Art. 5 precisava che, nel frattempo, le scuole sarebbero state affidate a «una Direzione formata da un Direttore ed otto Consultori, assistita da un segretario» Ma mentre la Commissione attendeva al compito affidatole, giunse inatteso, da Modena, nuova sede del Governo dopo le radicali trasformazioni della prima decade del novembre 1859, il Decreto 6 marzo 1860, col quale il Governatore Farini «considerando che le Belle Arti non possono fiorire quanto conviene all'utile e al decoro della nazione, ove si esercitino in una sfera angusta, nella quale i concorsi poco numerevoli male aiutano gl'ingegni più eletti e favoriscono soverchiamente i mediocri; considerando doversi ricostituire l'Accademia di Belle Arti di Bologna, già stata sciolta, ed essere necessario assegnarle quel grado eminente che le compete per l'antica reputazione di quella scuola, e che le fu confermato già dal sapiente Governo di Napoleone il Grande (...) promulgava il nuovo Statuto Generale delle Accademie di Belle Arti dell'Emilia.

Il concetto fondamentale di tale Statuto era la riunione delle tre Accademie di Modena, Parma e Bologna, con preminenza di quest'ultima, per il conseguimento dei seguenti fini:
1) promuovere il lustro e l'incremento delle Arti del disegno;
2) ammaestrarvi i giovani, che vi dimostrano inclinazione;
3) vegliare alla conservazione dei monumenti e delle opere d'arte, che appartengono allo Stato, alle Provincie, ai Comuni, ai Pubblici Istituti, opportuni ristauri;
4) dare giudizio ad opere di Belle Arti, e alla erezione di nuovi monumenti ed edifizi pubblici”

E così il 10 aprile 1860 l'Accademia riapriva i battenti, venendo assegnate le cattedre d'insegnamento a uomini di idee assedimenti più avanzate e d'intensimenti più conformi alle nuove correnti. Fra questi appare il Prof. Fortunato Lodi, che per cinque anni aveva insegnato Architettura all'Accademia Carrara di Bergamo. E, come suole accadere in periodi di brusco trapasso, quando, in omaggio alle nuove ideologie, si vuole, ad ogni costo, rompere i ponti col passato, vennero messi in disparte elementi che pure avevano occupato degnamente il loro posto, affermandosi quali docenti e quali artisti di chiara fama. Tra costoro fu compreso Cincinnato Baruzzi, che per trent'anni, nell'Accademia, aveva tenuto la cattedra di scultura, e che, sull'esempio e imitazione del Canova, aveva dato innumerevoli saggi di un'arte non del tutto originale ma tuttavia ispirata ai canoni più puri del neoclassicismo, e ravvivata da grandiosità di concezione, esuberanza di fantasia e raffinatezza di tecnica. Con la Legge del 21-10-1859, il Baruzzi, pur rimanendo colpito dal decreto di scioglimento dell'Accademia, faceva ancora parte del gruppo degli otto consultori incaricati di creare il nuovo Statuto. Ma col successivo Decreto del Farini, veniva definitivamente messo in disparte e posto nel numero dei professori pensionati, pur ottenendo, dal Ministro Mamiani, la nomina a «Professore onorario dell'Accademia di Belle Arti di Bologna» e a «Ispettore straordinario sulle opere plastiche a disposizione del Ministero» , titoli puramente onorifici, destinati, forse, ad attenuargli l'amarezza dell'allontanamento. Il Baruzzi rimase profondamente addolorato del provvedimento; e all'amico Silvestro Gherardi, l'illustre e ben noto scienziato e patriota di Lugo, apriva l'animo suo, pieno di risentimento e di sdegno per la misura adottata nei suoi confronti, e che a lui sembrava assurda e ingiustificata. L'arte del Baruzzi poteva, forse, giudicarsi superata, alla luce dei nuovi ideali estetici e con l'anelito a radicali riforme che pervadeva gli spiriti di allora; ma chi può affermare fossero del tutto estranei al drastico provvedimento motivi di invidia o di malvolere da parte di colleghi senza scrupoli, desiderosi di farsi strada e di occupare la nuova cattedra che, in tal modo, si sarebbe resa vacante? A questo proposito si ritiene utile, e di qualche interesse, riportare integralmente due lettere, inedite , che Silvestro Gherardi indirizzò all'Intendente di Bologna, Carlo Mayr, e che, senza bisogno di commento, possono illuminare chiaramente la situazione. Gli accenni, che vi compaiono, sul comportamento non certo corretto e lineare del già ricordato Prof. Lodi, e di altri, ci rivelano l'aspetto più deteriore di quel delicato momento politico, nel quale come suole, del resto, accadere in tutti i tempi, in circostanze analoghe ad alte e nobili idealità, a sincera e sentita ansia di rinnovamento, si accompagnano ambizioni e interessi, del tutto personali, che gettano un'ombra opaca sul quadro dei grandi avvenimenti storici.

A Mayr Intendente di Bologna
Carissimo amico, Valga questo mio viglietto ad agevolare al Prof. Baruzzi il vantaggio e l'onore di giungere fino a te, per essere ascoltato sulla mortificante e spietata misura onde è stato colpito, senza dirgli un motivo, una ragione, un addebito. Tu non gli occulterai nulla, che sappia, sulle ragioni della gravissima misura, e vorrai sentire benignamente la sua difesa. E poi nella tua imparzialità e giustizia, giudicherai; e lo coprirai di quella protezione che tu creda meritare. Addio, addio. Il tuo GHERARDI. Torino, 11 aprile 1860.

Torino, 17 aprile 1860
Carissimo amico,
Ieri l'altro incontrai qui per istrada quel cotale cav. Lodi, Professore di Architettura in codesta Accademia di Belle Arti, e Vice Direttore della medesima, di cui ti dissi qualcosa l'ultima volta che fosti qui (del 48 mise in croce noi del Comitato di Pubblica Salute perchè lo nominassimo Direttore delle Barricate. e in capo a due o tre giorni ci mise in croce perchè lo deponessimo o dispensassimo pubblicamente dalla carica; ed accaduta la restaurazione del Governo Pontificio, si valse del nostro decreto di deposizione per farsi perdonare dal Radetski le imputazioni di liberalismo, che gli venivano opposte ad ottenere un posto a Bergamo; posto da lui conseguito e coperto fino alla cacciata degli Austriaci dalla Lombardia). Volle parlare a lungo con me per difendersi dalle accuse, oppostegli generalmente in Bologna, d'aver vessato il Prof. Baruzzi e gli altri suoi colleghi, colpiti di dimissione dal cessato Governo, perchè sgombrassero entro breve termine ogni locale da essi occupato nell'Accademia. E per verità mi mostrò ch'egli non era stato che esecutore degli ordini ricevuti dal Malatesta, dal Selmi, dal Montanari, dal Manfredini negli ultimi giorni del detto governo. Pervenutogli da codesta Intendenza l'ordine ministeriale di sospensione d'ogni misura diretta al suddetto sgombro, egli si portò a Modena, e dal Malatesta e dal Selmi e dal Manfredini, anzichè a codesta Intendenza, venne mandato a Torino perchè vedesse di aggiustare le cose, o col Farini o col Mamiani. In sostanza l'aggiustamento da loro vagheggiato sarebbe stato che venisse tolta l'importuna mentovata sospensione. Benchè io l'avvisassi che avrebbe speso il suo tempo indarno, e che il miglior consiglio sarebbe stato di trattare direttamente l'affare con codesta Intendenza da cui era venuto l'ordine di sospensione, e di presentare ad essa il piano, che dicevami avere egli stesso ideato per un temperamento conciliativo (di che io lo lodai moltissimo e gli promisi di renderne consapevole il Baruzzi, al quale professavasi meco riconoscente per benefizi ricevuti), ieri egli in compagnia del Direttore Prof. Arienti vollero tentare tanto dal lodo del Farini, quanto da quello del Ministero di Pubblica Istruzione. Non so cosa gli abbia risposto il Farini; il Sig. Castelli, che in questi giorni ha discusso col Farini medesimo in proposito delle restrizioni usate al Baruzzi e agli altri, mi ha assicurato che se ne sarà lavato le mani, se pure non li avrà mandati al diavolo. Gli uffiziali del Ministero anzidetto hanno rimandato il Lodi a Bologna perchè tratti l'affare col Ministro Mamiani al suo prossimo passaggio per costi. Rividi ieri il Lodi mentre era stato così spedito dal Ministero di P. Istruzione, essendo il Ministro ritornato a Firenze con S. M., e lo tornai a consigliare di portarsi da te, anche perchè poteva darsi che il Ministro tornasse direttamente a Torino, di Toscana, senza passare per l'Emilia. Sono quasi certo che si presenterà a te dimani o postdimani, benchè sembri che tanto egli quanto li suoi superiori su nominati bramassero tagliar fuori codesta Intendenza dalla pratica in discorso; perciò ho voluto prevenirtene con questa troppo lunga tantafèra. Dal Lodi stesso ho potuto intendere che hanno nella cassa dell'Accademia una cospicua somma di scudi, avanzo delle questioni di molti anni, cui vogliono impiegare (altri dicono sciupare) nelle fabbriche e restaurazioni dell'edificio del l'Accademia, ideata da questa testa balzana dell'Architetto Prof. Lodi, ed ordinate dal mentovato governo negli ultimi di della sua vita: uno de' grandi pensieri dell'Architetto è d'allestire una bella abitazione, nell'edificio medesimo, alla famiglia del Segretario Prof. Masini, che non l'ha mai avuto. Metti tu un fermo sulla detta somma, chè ne avrai lode dal Governo. Sappi che era qui l'altro ieri l'Intendente di Finanza di Modena per protestare ch'egli non avrebbe riconosciuti li tanti e tanti decreti e mandati di pagamento, di pensioni, ecc., spediti dal sudd. cessato Governo, quando dovevasi considerare esautorato; ma tu di questo ne saprai più di me. Addio, addio, e tante cose alla tua signora e alle figlie da parte anche delle mie. Chi sa che non dia una corsa a Bologna per la venuta di S. M. Mi saluti Pedrini. Dimani vengono Borgatti e Pichat. Il tuo aff.mo GHERARDI

Lucetta Franzoni Gamberini

Testro tratto da: 'L'Accademia di Belle Arti di Bologna al momento dell'annessione  1859. Cincinnato Baruzzi e Fortunato Lodi in due lettere inedite di Silvestro Gherardi a Carlo Mayr', in 'Strenna Storica bolognese', 1957. In collaborazione con il Comitato per Bologna Storico Artistica.