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Milizia volontaria sicurezza nazionale, (MVSN)

1920 - 1943

Schede

Tra la fine del 1920 e l’inizio del 1921 i fasci di combattimento organizzarono squadre armate per colpire il movimento operaio e i partiti di sinistra.
Erano bande irregolari che si muovevano in assoluta autonomia - grazie alla complicità di polizia e carabinieri - e avevano una totale impunità.
Dipendevano dai “ras” fascisti locali e Mussolini - come nell’estate 1921, in occasione delle trattative per il patto di pacificazione - non sempre riusciva a controllarle.
Questi gruppi armati irregolari ebbero un primo inquadramento nazionale al termine del congresso fascista del 7.11.1921, quando nacque la MVSN. Una vera e propria organizzazione armata, al servizio  di un partito.
L’Italia fu divisa in 4 zone, a capo delle quali fu messo un ispettore generale. A lui facevano capo le legioni, organizzate su scala provinciale, comprese nella zona sottoposta alla sua giurisdizione. Le quattro zone non corrispondevano ai tradizionali confini geografici. Ogni legione era costituita - secondo l’ordinamento militare dell’antica Roma - da 3 coorti, ognuna delle quali era suddivisa in 3 centurie. Ogni centuria era formata da 3 manipoli.
I militi avevano la divisa degli arditi: pantaloni e giacca grigioverde, fez e camicia nera. L’armamento era quello dell’esercito.
Dopo la “marcia su Roma”, la MVSN ebbe il riconoscimento giuridico legge n.31 del 14.1.1923 - di corpo armato dello stato. All’articolo 2 della legge si afferma che la milizia «è al servizio di Dio e della Patria italiana, ed è agli ordini del capo del governo».
Il suo compito era di «provvedere, in concorso coi corpi armati della sicurezza pubblica, e con l’Esercito, a mantenere all’interno l’ordine pubblico; preparare e conservare inquadrati i cittadini per la difesa degli interessi dell’Italia nel mondo».
I militi ebbero la qualifica di pubblico ufficiale e di agente di polizia giudiziaria. Gli organici della MVSN - il cui nucleo iniziale era stato costituito dagli squadristi - furono potenziati dopo la “marcia su Roma” dalle guardie regie, il cui corpo fu sciolto.
Capo supremo era Mussolini, anche se, inizialmente, il comando fu affidato ai “quadrumviri”. Le quattro zone furono trasformate in raggruppamenti (che facevano capo a Milano, Bologna, Roma e Napoli) con un totale di 120 legioni. Il comandante delle legioni si chiamava console. Accanto al corpo principale della MVSN, sorsero numerose milizie minori: universitaria, ferroviaria, coloniale, stradale ecc.
Durante le guerre d’Africa e di Spagna furono organizzati speciali btgg d’assalto. Fu costituito anche un reparto, i Moschettieri del Duce, con il compito di guardia personale del dittatore.
Il 25.7.1943, quando Mussolini fu destituito ed arrestato, la MVSN non si oppose. I militi si lasciarono disarmare dall’esercito con il quale i rapporti erano sempre stati tesi - senza sparare un colpo.
Fu sciolta il 26.7.1943, con uno dei primi provvedimenti del governo Badoglio.
A Bologna operò la 67a legione dei “Volontari del Reno” e ad Imola la 68a, la “Riario Sforza”. Erano 5 le coorti che componevano la legione bolognese: 2 avevano sede in città, e le altre a Vergato, S. Giovanni in Persiceto e S. Giorgio di Piano. Inoltre erano operanti 36 presidi comunali.
L’ultimo comandante della 67a legione bolognese fu il seniore Aldo Resega che, dopo la fine del regime, consegnò l’archivio storico e la cassa agli ufficiali del Corpo d’armata.
L’esercito assunse il controllo della caserma principale, che si trovava in via Mascarella n.79. Dopo l’occupazione tedesca a Bologna fu ricostituita la 67a legione, il 16.9.1943, comandata da Augusto Ferrozzi dal 13.10 al 2.11.1943 quando gli subentrò Gaetano Spallone.
Ad Imola fu ricostituita la 68a al comando di Gernando Barani, il quale fu giustiziato dai partigiani il 4.11.1943.
Il 19.11.1943 la legione bolognese e quella d’Imola confluirono nella GNR. La legione di Imola fu declassata a btg. [O]