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don Dario Zanini, parroco di Sasso Marconi

Schede

Il 30 settembre i soldati del 105 regg. Flak, di stanza lungo la Venola, ritornarono a Sperticano, salirono a S. Martino verso mezzogiorno, fecero uscire dalle case del parroco e del contadino tutte le persone che ancora vi si trovavano, e compirono la strage che avevano risparmiato il giorno prima. Mi dice Peppino Lorenzini: “Da lontano vidi i tedeschi che ammassavano la gente contro la nostra casa, li uccisero tutti, poi da una massa di fascine ammucchiate sull’aia ne presero da buttare sopra i cadaveri e diedero fuoco. Quando andai ad aiutare altri a seppellire, raccogliemmo soltanto delle ossa. Nel cimitero di S. Martino non fu ucciso nessuno”.
Elena Ruggeri mi raccontò questa versione, confermata da Duilio Paselli: “In quel giorno Dante Paselli uscì dal bosco dov’era nascosto per andare a vedere i suoi che erano nella chiesa di S. Martino; incontrò sua moglie, Anna Naldi, (due sposi diciottenni) davanti alla chiesa mentre vi giungevano dall’altra parte anche i soldati, e lui, sospettato di essere partigiano, venne ucciso lì davanti alla moglie. Questa come impazzita, cominciò ad urlare disperatamente e andò contro i tedeschi coi pugni chiusi e con parole di fuoco. Lei, il suo bimbo Franco di 40 giorni e tutti gli altri furono uccisi per quello”.
Gino Calzolari mi dice che Dante Paselli era armato quando fu sorpreso dai tedeschi ed è convinto anche lui che questa sia stata la causa della strage di S. Martino.
Fra le vittime ci furono i Lorenzini, che erano coloni della chiesa, la famiglia Paselli, la famiglia Luccarini che proveniva dalle Calvane, l’altro podere della chiesa. Ci furono anche la madre e la sorella del parroco. Una signora aveva invitato Marta Marchioni a seguirla a Poggiolo, ma la sorella di d. Ubaldo aveva risposto: “Voglio restare al Rosario”. Lo stesso invito era stato rivolto a Vittorina Ventura, la ragazza che era giunta da Caprara con le gambe insanguinate. Rispose: “Voglio restare con la mia amica Marta”. Le due ragazze furono uccise insieme. La signora che le aveva invitate al Poggiolo si salvò.
I resti delle vittime di S. Martino furono sepolti in una fossa comune nel vicino cimitero. A compiere la pietosa opera c’era anche Antenore Paselli, che aveva fra i morti dieci familiari. Quando li raccolsero di nuovo, dopo la guerra, per portarli a Marzabotto, i resti di tutti, mi dice, “stavano in un corbello”.

Dario Zanini, "Marzabotto e dintorni 1944", Ponte Nuovo editore, Bologna, 1996
[MD]
Note
6