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don Luigi Tommasini, parroco di Burzanella e partigiano della Stella Rossa

Schede

La notte del 17 luglio venne uccisa a Camugnano la sorella della moglie del reggente fascista di quel comune, maggiore Bacchetti e subito un grosso reparto tedesco, partito da Castiglione de’ Pepoli, comandato da un capitano e guidato dal vice reggente di Camugnano, Aldo Degli Esposti, fu inviato nella zona in rastrellamento. Seguendo il tracciato dei cavalli dei partigiani, il reparto giunse nell’accampamento partigiano nel centro della macchia del beneficio parrocchiale di Burzanella. Nello scontro che seguì, cinque partigiani morirono e Bill, pur ferito e catturato, riuscirà poi a fuggire.
I tedeschi giunsero a Burzanella trascinandosi dietro nove partigiani prigionieri e subito si disposero per la loro fucilazione. La situazione era drammatica. Io entrai in Chiesa, implorai Dio per la salvezza dei giovani. Poi uscii e, alla presenza della popolazione terrorizzata, mi avviai verso i tedeschi. Fra i partigiani c’erano Aristide Ghiddi e Sirio Fabbri, che erano due giovani bravi e leali, e Sirio, colpito nel combattimento, era in fin di vita. Mi presentai al capitano, chiesi un atto di clemenza e ottenni miracolosamente la liberazione di sette arrestati, cinque dei quali erano partigiani e due, i fratelli Nicolini, miei parrocchiani. Alcuni minuti dopo mi feci nuovamente coraggio e tentai di intercedere anche per Aristide e Sirio, ma la risposta fu negativa poiché nel combattimento erano rimasti feriti dalle loro armi due tedeschi. Preso dalla disperazione supplicai il capitano perché mi concedesse almeno di dare loro i sacramenti e ottenni il consenso alla condizione che mi sbrigassi in fretta. Mentre mi accostavo ad Aristide, dal gruppo dei sacerdoti presenti si staccò Padre Cappelli che volle coadiuvarmi recandosi da Sirio. Poi Sirio volle che anch’io andassi da lui e fu una scena straziante: mi abbracciò e, frattanto, senza che i tedeschi se ne avvedessero, mi infilò nella tasca un portasigarette di metallo dicendomi di darlo alla sua fidanzata e facendomi capire che dentro c’era un elenco con nomi di partigiani. Ricordo che morendo disse: “Muoio per l’ideale comunista”. Avrei voluto che avesse detto che moriva per la fede cristiana: però fu un momento tragico che non dimenticherò mai. Conclusa la mia missione di sacerdote scoppiai in pianto e rientrai in Chiesa a pregare. L’appassionato gesto di Sirio mi aveva scoperto, tanto che il capitano tedesco gridò: “Anche il parroco è un partigiano!”. E fu a questo punto che Aldo Degli Esposti intervenne e mi salvò rispondendo che io ero solo un buon prete che faceva del bene a tutti. Uccisi che furono Sirio e Aristide, entrambi con un colpo di pistola alla nuca (alle 10.45 del 18 luglio) il capitano ordinò che i partigiani morti, che erano sette, non dovevano essere sepolti. Poi radunò gli uomini e se ne andò.
I tedeschi erano da poco partiti quando arrivò il secondo battaglione della “Stella Rossa”, col Lupo e Gianni Rossi, che era il suo vice. Mi chiamarono dietro al muro del cimitero perché volevano sapere che cosa era successo. Il mio consiglio fu che se ne andassero perché tutta la zona brulicava di tedeschi e di fascisti. Mi dissero che potevo contare su di loro e se ne andarono.

Luciano Bergonzini, "La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti", vol. V, Istituto per la Storia di Bologna, Bologna, 1980
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Note
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