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GIULIO III

10 Settembre 1487 - 22 Marzo 1555

Scheda

GIULIO III - Giovanni Maria Ciocchi del Monte (1487 – 1555)

Il cartiglio papale dice:  IVLIVS III· PONTIFEX MAX / OL· BON· GVB· DEIN LEG

I Ciocchi del Monte traevano il cognome da Monte S. Savino paese in territorio di Arezzo di dove erano originari. Da Fabiano, avvocato di fama morto nel 1498, nacque Antonio che fu poi Cardinale. Un altro figlio Vincenzo divenne avvocato concistoriale in Roma, questi sposò Cristofora Saracini da cui nacque Giovanni Maria.

Nacque a Roma il 10 settembre del 1487 da Vincenzo e Cristofora Saracini.
Conclusi gli studi di diritto a Siena e Perugia, intraprese la carriera ecclesiastica.
Chiamato a Roma come cameriere di Giulio II, partecipò al Concilio Lateranense V nel 1513. Venne eletto vescovo di Pavia nel 1521.
Fu inviato a Venezia nel 1528 per concludere delle trattative di restituzione di alcune città romagnole e nel gennaio dell’anno successivo esercitò, anche senza nomina, le funzioni di governatore di Roma. Divenne poi presidente di Romagna.
Qui si concentrò nella riconquista di Rimini e attese alla pacificazione di Cesena e Forlì.
Richiamato a Roma, tenne l’incarico di governatore della città dal 1529 al 1532.
All’inizio del Pontificato di Paolo III (1534) acquistò la carica di presidente della Camera apostolica e nel 1534 fu chiamato al governo di Bologna e della Romagna per spegnere gli episodi di lotte di fazione, verificare l’operato degli amministratori e correggere i casi di malgoverno.
Fra il 1537 e il 1540 la sua legazione si spostò nell’Emilia settentrionale. Per i successivi 5 anni lavorò alla preparazione del Concilio di Trento e nel 1545 fu fatto legato all’interno di questo.
Il papa, Paolo III, intendeva avere un canonista pratico ed esperto, convinto sostenitore della superiorità del pontefice nei confronti del Concilio.
Il Concilio di Trento era il XIX concilio ecumenico, convocato per rispondere e reagire alla diffusione della Riforma Protestante, riformando la Chiesa stessa cercando di farle riottenere la credibilità persa negli ultimi secoli, anche a causa dell’alto livello di corruzione e nepotismo nella sede Papale.
Iniziato nel 1545 si concluse nel 1563 e fu ovviamente soggetto alle influenze dei diversi sovrani europei, rappresentati dai propri vescovi presenti al concilio.

Il Del Monte dimostrò di essere in grado di gestire la situazione conciliare solo in certi casi. Non venne mai messa in discussione la superiorità del pontefice o altri punti teologici sui cui doveva dimostrarsi fermo.
Ma non riuscì a dominare sempre la discussione quando venivano affrontati i temi della riforma, o a indirizzare sempre la discussione verso i temi prediletti da lui o dal Pontefice.
Nel 1547 il Concilio venne trasferito a Bologna, Giovanni ne mantenne la presidenza e tentò di far crescere il numero di partecipanti.
Anche se il trasferimento non fu facile (i rappresentanti di Carlo V non volevano spostarsi da Trento), Giovanni fu più forte delle difficoltà e nel 1548 ottenne, anche per motivi di salute, la liberazione dalla presidenza del Concilio, ruolo che iniziava a farsi molto pesante.
Ottenne quindi la legazione nella città di Bologna ma l’anno successivo Pio III si spense. Siamo nel novembre del 1549 e inizia un conclave lungo e complicato che si concluderà con l’elezione di Giovanni l’8 febbraio del 1550.
Gli schieramenti all’interno del conclave erano due: il partito filofrancese, guidato dal cardinale di Guisa, e quello filoimperiale, capeggiato da Alessandro Farnese. Per un mese le due fazioni cercarono di superarsi a vicenda, ma all’inizio di febbraio era chiara la situazione: nessuna delle due fazioni riusciva a ottenere un numero di voti sufficienti.
Nei primi giorni di febbraio venne proposto il nome di Giovanni. L’opposizione del partito filofrancese fu presto superata, i filoimperiali diffidavano ma erano ignari del fatto che Carlo V lo avesse espressamente escluso dall’elenco dei possibili papi.
L’8 febbraio del 1550 Giovanni Ciocchi del Monte prendeva il nome di Giulio III e iniziava la sua esperienza al soglio pontificio.
I primi atti furono voti ad attenuare la situazione politica nelle terre dello Stato Pontificio.
Concesse il perdono a un membro della famiglia dei Colonna, conferì al Comune di Perugia una maggior autonomia e permise ai Baglioni di tornare in possesso delle loro proprietà.
Impose a Camillo Orsini di restituire la città di Parma a Ottavio Farnese, come poi stipulato nel breve inviato dai cardinali allo stesso Orsini prima dell’inizio del conclave del 1449.

Gli equilibri nello scacchiere europeo e i rapporti con Carlo V ed Enrico II (Sovrano francese dal 1547) erano invece difficili da mantenere stabili, anche la politica di equilibrio fra le diverse parti non funzionava sempre.
Anzi, in una situazione in cui ci sono diverse variabili, l’equilibrio può dimostrarsi precario in molto poco tempo.
In questo caso, le variabili furono il Concilio di Trento e la questione di Parma.

La riapertura del Concilio, nel 1551, aveva fatto storcere il naso a entrambi i sovrani. Da una parte Carlo V dovette accettare i decreti già approvati, facendo rasentare intorno allo zero le possibilità di un riavvicinamento con i protestanti, sempre più numerosi. Dall’altra Enrico II, già in contrasto col Pontefice, arrivò addirittura a ipotizzare la creazione di un proprio concilio gallicano.
Il monarca francese era infatti molto spaventato dalle mire di Carlo V sulle città di Piacenza e Parma e molto scocciato dalle iniziative di Giulio III per trovare un accordo col sovrano proprio riguardo a Piacenza.
Provvide quindi a trovare un accordo col Farnese, spaventato anche lui dalle mire dell’imperatore nei confronti della città che aveva da poco ottenuto.
Giulio III tutto voleva tranne l’ennesima guerra sul suolo italiano fra Spagna e Francia. Ma l’invasione delle terre pontificie ordinata da Ottavio il 12 giugno rese inevitabile la lotta armata.
Le operazioni belliche non volgevano a favore dello Stato Pontificio, nonostante il contributo dei Gonzaga filoimperiali.
Infatti, a parte un breve assedio di Parma accompagnato da scorrerie nelle terre Farnesi, l’esercito di Giulio III ottenne solo sconfitte. Anche perché in tutto ciò bisognava impedire che Venezia si impadronisse di Ravenna e sedare delle rivolte in alcune città della Romagna.

Il papa allora provò a intavolare trattative di pace col re francese, concluse nell’aprile del 1552.
La città restava sotto il controllo di Ottavio Farnese, il pontefice sospendeva le censure ecclesiastiche disposte contro il duca di Parma ma otteneva in compenso alcuni diritti sul clero francese.
All’accordo fra Giulio ed Enrico aderì, il mese dopo, Carlo V.
Il contesto fu però aggravato da una rivolta che prese parte a Siena alla fine del luglio del 1552, il cui esito fu la cacciata del presidio spagnolo.
Giulio III tentò di evitare che la città si affidasse militarmente ai francesi, ma fallì in questo suo tentativo, nonostante la proposta di una guarnigione pontifica all’interno della città.
Quella Senese fu una questione che turbò il pontificato di Giulio fino agli ultimi giorni. Il tentativo di trovare un accordo fra le varie parti in gioco non trovò mai un esito positivo sotto il suo pontificato. Il 22 marzo 1555 Giulio moriva senza una pace.

Quello di Giulio III non è un pontificato particolarmente positivo. Le sue azioni prima di diventare pontefice son sempre state coronate da buoni risultati, quelle successive al 1550 no.
I rapporti, sebbene difficili, fra Spagna e Francia non furono gestiti nel migliore dei modi. Il ducato di Parma (a differenza di prima) era ormai totalmente indipendente dal volere della Curia e le relazioni con la nobiltà romana non erano mai decollate.

Per altro, sotto il suo pontificato il nepotismo raggiunse uno dei suoi momenti più alti per quanto riguarda la storia dello Stato Pontificio con l’elezione a cardinale del diciassettenne Innocenzo del Monte. Molti storici hanno constatato come Giovanni fosse molto legato a questo ragazzo da diversi anni e praticamente tutta Europa mostrò il proprio sdegno nei confronti di questa nomina.
Oltretutto, Innocenzo si dimostrò totalmente inadatto alla nomina cardinalizia e rimase coinvolto in una catena di fatti ambigui e negativi che lo portarono ad essere esiliato da molti pontefici.

Dal momento che prima di essere eletto Papa, Giovanni Maria Ciocchi del Monte fu Legato di Bologna, nella Sala Urbana è presente anche il suo stemma araldico.