Scheda
Patriota e giurista, nasce a Bologna il 17 gennaio 1827. Frequenta il seminario e si laurea in diritto il 13 maggio 1848 grazie alla beneficenza dell'Opera pia poveri vergognosi, in quanto suo padre era morto nel 1836 lasciando modeste sostanze economiche. Nel 1853 ottine una cattedra di insegnamento presso l'ateneo bolognese. Dal 1859 partecipa attivamente alla vita politica come democratico, divenendo presidente della Società democratica (di cui fecero parte personalità come Quirico Filopanti e Giosue Carducci). Dal 1859 al 1889 viene eletto più volte nel Consiglio Comunale di Bologna, mentre alle elezioni per la Camera del 1869 batte Marco Minghetti, candidato della destra. Si dimette da deputato nel 1870 in quanto si rifuita di giurare fedeltà alla monarchia. Favorevole all'abolizione della pena di morte, vede nel sitema penitenziario l'occasione per la "reintegrazione dell'idea di giustizia turbata dall'azione delittuosa: - emendazione, riabilitazione del colpevole: - difesa della società". Insieme a Carducci e Pietro Piazza è tra i promotori di un banchetto che si tiene il 22 marzo 1868 in ricordo dell'anniversario della Repubblica romana: a causa di questo l'Università gli sospende per quattro mesi l'insegnamento. Ceneri reagisce dimettendosi poichè "non credo della mia dignità d'uomo vendere la mia libertà politica o di cittadino per conservare la cattedra". In un celebre processo del 1876 difende insieme a Barbanti Brodano Andrea Costa e altri repubblicani che parteciparono al fallito moto del 1874 e accusati di cospirazione: si conclude il 17 giugno con una clamorosa assoluzione degli imputati. Negli anni successivi non aderisce alle idee più radicali e dell'uso della violenza in chiave politica. Nel 1888 per problemi di salute abbandona l'insegnamento che aveva ripreso all'Università. Muore il 7 giugno 1898.
Così viene ricordato dal celebre commediografo Alfredo Testoni (1856-1931) nel suo "Bologna che scompare" edito da Zanichelli nel 1905: "Il prof. Ceneri, anche al caffè, tra gli amici, adoperava la frase incisiva e scultoria che era una sua specialità alla Corte d'Assise, accompagnata dal largo movimento delle braccia. Ei nascondeva spesso la sua testa, scarna e giallastra fra le mani magre e trasparenti, poi la rialzava fissandovi in faccia due occhi aperti, lucenti che penetravano fin dentro l'anima. Interrompeva spesso, precisamente come a un processo, e le sue interruzioni erano in dialetto bolognese, in italiano, in francese, in latino. (...) Anche ranicchiato nella sua pelliccia, per via o al caffè, senza però lo scaldino che d'inverno soleva portare in tribunale, era sempre un modello d'eleganza e di signorilità. Da giovanotto era stato uno dei più amabili lyons bolognesi, e in età avanzata, più che per qualche sua splendida orazione, provava piacere, un piacere grande a sentirsi elogiare per le sciarade, che egli stesso compose e raccolse in un elegante volumetto intitolato Nugalia." Per dare una idea della sua oratoria e delle sue opinioni sulla 'questione sociale', riportiamo questo discorso riportato in 'Nuovi ricordi di cattedra' ed. Zanichelli del 1881: E per fermo ci vuol ben poco a persuadersene. Per prendere ad esame uno solo, ditemi - quando vediamo il modo di vivere, che dico vivere? di lentamente morire di gran parte dei nostri simili - quando vediamo in mezzo agli splendori dell'odierna civiltà, la pellagra, dovuta alla scarsa e cattiva nutrizione, fare strage spietata di lavoratori dannati a morire o a menar vita peggiore della morte - quando vediamo tanti contadini costretti ad emigrare in traccia di un tozzo di pane - quando leggiamo negli studi statistici che la vita media delle classi non abbienti è di 32 anni, mentre quella degli abbienti è di 50. (...) Non sentiamo commoverci e sanguinare il cuore? non siamo noi spinti a dire: non è questo l'assetto vero della proprietà; non è questa l'equazione giusta tra capitale e lavoro: l'organismo sociale male, assai male funziona? Ha percorso le campagne di certe parti d'Italia l'onorevole contraddittore? ha visitato i meschini abituri degli operai? ha visto di che lagrime grondi e di che sangue il pezzo del pane del povero, e di tutta una caduca generazione morta alle gioie del pensiero o dell'affetto? (...) L'Internazionale sorge come vivace protesta dove tanto, dove sì immane è l'abuso.
E' sepolto alla Certosa di Bologna, Chiostro Maggiore, lato sud-est, arco 19. Il monumento è composto da una finta stele in scagliola rosa su fondo nero, poggiante su tre gradini. Ad essa sono applicati quattro bassorilievi in marmo bianco, tre ovali e uno circolare, rappresentanti i busti di Giuseppe e dei suoi familiari: i genitori Gaetano (m. 9 novembre 1836), la madre Claudia (m. 27 gennaio 1879), la moglie Luisa (m. il 19 marzo 1895) ed il figlio Luigi, morto il 20 maggio 1866. Tutti sono ritratti dallo scultore con freschezza e attenzione al loro abbigliamento. Ogni bassorilievo è corredato dalla didascalia a lettere incise e rubricate. Sul fondo nero vi è il nome della famiglia in lettere riportate in bronzo.