Schede
Il volume, scritto da Filippo Buonarroti e stampato nel 1698 dalla Stamperia di Domenico Antonio Ercole in Parione, tratta lo studio dei medaglioni appartenuti al cardinale della Santa Romana Chiesa Gaspare di Carpegna (Marche). Gaspare nacque nel 1625 a Roma, dove morì nel 1714. Curiale molto importante, fece parte di numerose congregazioni e tentò addirittura di accedere al soglio pontificio, ma Francia e Granducato di Toscana glielo impedirono.
Filippo Buonarroti, autore del testo, nacque a Firenze il 18 novembre 1661 ed ebbe una formazione giuridico - scientifica. Dal 1684 al 1699 fu al servizio del Cardinale di Carpegna a Roma, con le mansioni di segretario e conservatore del museo e della biblioteca. I suoi interessi erano principalmente di ambito archeologico e scientifico e partecipò a delle ricerche incentrate sui reperti etruschi e romani. Nel 1699 fu mandato a Firenze dal granduca Cosimo III, nel 1700 divenne senatore e nel 1730 segretario del regio diritto. Fu inoltre accademico della Crusca e lucumone dell’Accademia Etrusca di Cortona. Fu una figura polivalente in ambito culturale, in quanto fu antiquario, numismatico ed archeologo. Alla sua morte, avvenuta a Firenze il 10 dicembre 1733, il poeta Tommaso Crudeli scrisse l’”Ode pindarica in morte del senatore Filippo Buonarroti Auditore della Giurisdizione di S.A.R. e celebre Antiquario”. Il soggetto di quest’opera e la numismatica greco-romana, dove per numismatica si intende lo studio scientifico e, spesso, l’arte di collezionare monete, ma anche medaglioni, medagliette religiose e denaro cartaceo.
L’opera comprende una dedica al Cardinale di Carpegna, un intervento dello Stampatore, un proemio di ventotto pagine, la descrizione di 128 medaglioni e del cammeo del trionfo di Bacco, 37 tavole con le illustrazioni dei medaglioni ed un conclusivo indice delle materie. Nel testo sono descritti alcuni medaglioni che rappresentano personaggi storici e divinità. Infine vi è un capitoletto a parte dedicato al cammeo del trionfo di Bacco, dio del vino e degli eccessi, del quale sono presenti nove rappresentazioni diverse. Prendendo come esempio la tavola XXXVII, quindi l’ultima della serie, vediamo che in essa sono rappresentati cinque medaglioni. Il primo, che a detta di Buonarroti è di fattura straordinaria, è un medaglione con cerchio di metallo giallo che come soggetto ha Antinoo, giovane amante dell’imperatore Adriano. Sul fronte ne è rappresentata la testa, sul retro lo si vede in sella ad un grifone e con la lira in mano. Il motivo di questo soggetto si deve al fatto che Antinoo, dopo la sua morte, fu divinizzato per volere di Adriano e da quel momento in poi fu consacrato nelle varie città sotto l’aspetto del dio che più veniva venerato nel luogo. Il secondo medaglione rappresentato è in metallo rosso e ha come figura la testa di Crispina che guarda quella laureata del marito Commodo, il terzo ha sul fronte la testa di Giulia Augusta (ovvero Agrippina, la madre di Nerone) e sul retro Cerere, divinità madre legata alla terra ed alla fertilità. Gli ultimi due sono quello in metallo giallo con sul fronte la testa dell’imperatore romano Caracalla e sul retro una figura su un carro trainato da due draghi e quello in metallo giallo con sul fronte la testa laureata di Gordiano Pio, altro imperatore, e sul retro Diana di Efeso, dea della caccia e dei boschi, e la divinità greco-egizia Serapide su una trireme. Una notazione particolare si può fare a proposito del cammeo di Bacco che vede due centauresse, l’una che suona le tibie, l’altra che suona il cembalo e due centauri che conducono il carro sopra il quale ci sono Bacco, Cerere ed un Genio. Bacco tiene nella mano destra una coppa di vino ad anse alte detta cantaro e nella sinistra un bastone rituale detto tirso, Cerere è rappresentata con le spighe, mentre il Genio alza una foglia. Il motivo della presenza dei centauri è duplice, in quanto nella mitologia essi sono non solo coloro che guidano i carri sacri degli dei, ma anche gli animali fantastici connessi al mondo orientale che, come le sfingi ed i satiri, sono spesso legati alla figura di Dioniso, divinità che i Romani hanno ripreso, chiamandola Bacco (Bakkhos era il nome che veniva dato a Dioniso nei momenti di estasi).
Per quanto riguarda il motivo della presenza di questo testo nella biblioteca Venturoli, sappiamo che fu una donazione Conti Castelli, grazie al timbro nel retro della copertina dove è presente la scritta “Legato Conte”. Il palazzo Conti Castelli, che in origine si chiamava Bolognetti e poi prese il nome di Mattei-Venturoli, si trova all’odierno numero 46 di Strada Maggiore, nel centro di Bologna. Cesare Mattei, colui che costruì la Rocchetta a Riola di Vergato e fu inoltre l’inventore dell’elettromeopatia, acquistò il palazzo nel 1846 e, quando nel 1896 morì, lo lasciò in eredità a Mario Venturoli, suo figlio adottivo. I discendenti di Venturoli ne sono tuttora i possessori.
Barbara Valdinoci
Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.