Schede
Il camice in batista di cotone è finemente plissettato e nella balza e nei polsini reca un pizzo in filo di lino lavorato a fuselli (punto Milano), raffigurante sette lampade pendenti da un’arcata a balaustra ed un fitto intreccio di racemi, alcuni dei quali sono disposti in modo da richiamare la sagoma di un ostensorio; la balza e i polsini in pizzo sono foderati con seta rossa. Sul profilo dello scollo e sopra le cuciture della spalla sono cuciti bordini a fuselli di diverse dimensioni, ma entrambi probabilmente di epoca posteriore. All’interno è cucita un’etichetta cartacea con la scritta: «Amministrazione dell’Opera Pia Vergognosi, ed. Aziende Unite, Cardinal Caprara n. 34I»; «inv. 55»; in un’altra etichetta «Camice del valore dichiarato di L. 500». Lo stato di conservazione è discreto. La parte in batista presenta numerose macchie di ossidazione di sostanze inquinanti e alcune zone di alterazione dovute forse a interventi di stiratura non idonei. Il merletto ha delle lacerazioni distribuite in modo non omogeneo.
Il camice – assieme ad un altro coevo e simile, ma bordato da un merletto più semplice – fu ottenuto in deposito nel 1920 dall’Opera Pia dei Poveri Vergognosi (dove era conuito dalla piccola Opera Pia Caprara) al Museo Davia Bargellini, grazie all’interesse del suo fondatore Francesco Malaguzzi Valeri. Considerato cimelio dell’epoca napoleonica, la veste fu trasferita nel 1934 al Museo civico del Risorgimento.
Venne indossato dal cardinal Giovambattista Caprara Montecuccoli (1733 - 1810), arcivescovo di Milano, durante la messa nel Duomo il 26 maggio 1805, durante la quale l’imperatore Napoleone si pose sul capo la Corona Ferrea di Re d’Italia, che aveva già cinto la testa di Carlo Magno e dei suoi successori. Il cardinal Caprara era membro di una delle principali famiglie senatorie bolognesi, che lo aveva avviato alla carriera ecclesiastica ancora fanciullo; ricoprì per anni il ruolo di nunzio papale in diverse città d’Europa, fino ad essere nominato nel 1801 legato a latere della Santa Sede a Parigi, con il delicato compito di reintrodurre nella Francia rivoluzionaria il culto cattolico come religione ufficiale. Nel 1802 riuscì a far firmare il Concordato tra Napoleone e la Santa Sede, evento per il quale il cardinale venne onorato dai Francesi come amico dell’Impero e sepolto nel Pantheon parigino, ma che gli procurò aspre critiche negli ambienti papali. In seguito la sua vicinanza all’imperatore ne determinò la nomina diretta da parte di Napoleone – come previsto dal Concordato – ad arcivescovo di Milano, città dove risiedette solo in occasione dell’incoronazione napoleonica.
Il solenne evento venne rappresentato da Andrea Appiani, pittore ufficiale del Regno d’Italia, in una grande tela oggi perduta, che ornava la Sala delle Cariatidi nel Palazzo Reale di Milano: a ricordo rimane un’incisione. Appiani descrisse con dovizia di particolari gli ornamenti del duomo e le vesti dei presenti. In particolare il cardinal Caprara, visto di spalle per esaltarne il ruolo di pastore della diocesi, venne raffigurato con un piviale ornato da un prezioso ‘capino’. Quest’ultimo – oggi custodito nel Tesoro del Duomo – fu ricamato nel 1610 e utilizzato durante la cerimonia di canonizzazione di Carlo Borromeo. In esso è raffigurata l’Incoronazione della Vergine, protettrice della diocesi e figura centrale nella predicazione di Borromeo, mentre il motivo delle lumiere nel merletto del camice allude alle teorie del santo sulla mistica della luce. Infatti nel suo officio Caprara si pose come continuatore dell’apostolato di Sant’Ambrogio e di san Carlo Borromeo e basò il suo programma di cura della diocesi sull’esempio fornito dal loro operato: custodia della fede, lotta contro le false dottrine, promozione della moralità e della semplicità dei costumi nella chiesa. Il camice fu indossato sotto ai paramenti sopra descritti e la perfetta coerenza dell’iconografia dei motivi del merletto con i temi borromeiani della celebrazione delle funzioni religiose, suggerisce che la veste sia stata realizzata proprio per l’occasione. Da parte di Napoleone l’aver accettato nel complesso cerimoniale l’utilizzo di questo abbigliamento così ricco di simbologie, equivalse ad un pieno riconoscimento dell’autorità della capitale del nuovo Regno d’Italia.
Camice liturgico. Fine del XVIII secolo. Cotone, lino, seta altezza max cm 164 (balza h. cm 59), polsi h. cm 24,5; bordo a fuselli dello scollo h. cm 5,5; delle spalle h. cm 11 inv. n. 1905.
Silvia Battistini
In collaborazione con IBC - Istituto per i beni culturali dell'Emilia Romagna.