Schede
La mattina del 7 agosto 1848 una Bologna deserta, con le botteghe chiuse e le finestre serrate, seguì con attenzione ed ansia malcelata l’ingresso di soldati austriaci che andarono ad occupare la Gran Guardia del Palazzo Pubblico. Ma poco dopo, così come erano entrati, all’improvviso gli imperiali abbandonarono Piazza Maggiore, ritirandosi fuori porta San Felice, dove li attendeva il grosso delle truppe, lì accampate, secondo l’uso del tempo, a spese della città. Immediatamente venne pubblicato, a firma del Pro-Legato Bianchetti, un Proclama nel quale si spiegava alla popolazione che: “dietro la conferenza testè avuta con Sua Eccellenza il Signor Tenente-Maresciallo Welden si è potuto ottenere che le Truppe II. RR. Austriache non stanzino armate in Città, riservandosi la sola guardia delle Porte di S.Felice, Galliera e Maggiore”.
Gli spasmodici tentativi del Pro-Legato Bianchetti di trovare un accordo con gli emissari del feldmaresciallo Welden giunsero ad un epilogo nel pomeriggio dell’8 agosto. Con un Proclama emanato alle 5 pomeridiane, il Bianchetti informava i suoi concittadini che: “A riparare le offese riportate da alcuni isolati Austriaci, il signor Generale Welden avrebbe fatta l’alternativa o di avere nelle mani gl’individui offensori, o sei ostaggi di persone distinte, finché non si fossero quelli rinvenuti e puniti. Il perentorio termine di due ore non mi poteva lasciare perplesso di offrire piuttosto me medesimo ad ostaggio sino a che la Divina Provvidenza avrà ricondotte più favorevoli combinazioni. Recandomi al campo ho fiducia che i miei Concittadini vorranno rispettare questo mio sagrifizio, sicuri che io mi adoprerò per la salvezza del paese con tutti gli sforzi e gli affetti del cuore. Intanto lascio rappresentante del Governo S. Ecc. il sig. Senatore colla cooperazione del sig. Dott. Cesare Brunetti Presidente Regionario”.
Ma le buone intenzioni dell’anziano Pro-Legato non trovarono modo di realizzarsi, tanto che il manifesto venne poi affisso con questa postilla: “Ore 6 e mezza pomerid. Ho tentato di compiere quanto io vi annunciava superiormente. Le barricate e il fuoco vivo di una virile difesa che ho incontrato ad ogni Porta della Città me lo hanno impedito.Il Pro-Legato Bianchetti”.
Nel frattempo divampavano i combattimenti, e il tentativo degli austriaci di impadronirsi della città venne rintuzzato a suon di fucilate e con mezzi di fortuna. Tutte le campane suonarono a stormo, le porte della Città vennero chiuse, ed il popolo corse ad armarsi con tutto ciò che riusciva a trovare in una città nella quale, da mesi, erano assenti gli uomini validi più favorevoli all’unificazione italiana, impegnati con i corpi volontari sui campi di battaglia oltre il fiume Po, nella prima fase della prima Guerra di Indipendenza. Per la prima volta nella storia bolognese, e tra le prime in Italia, il popolo si fa protagonista, affiancandosi alle Guardie civiche e ai carabinieri, ribellandosi al sopruso ed all’oppressione, e spiegando tutta la propria forza nonostante la presenza, sulla piccola collinetta del giardino della Montagnola, di alcuni cannoni austriaci. Sempre per la prima volta, tra i combattenti per le strade di Bologna si trovano donne, del popolo in prevalenza, ed alcune delle classi borghesi o aristocratiche, che fanno così la propria comparsa sulla scena politica nazionale. A fine giornata, verso il tramonto, gli austriaci sono respinti, e ricacciati fuori dalle mura attraverso l’ultima porta rimasta aperta, Porta Galliera.
Così, con un manifesto affisso sui muri della città all’indomani della “gloriosa” giornata dell’8 agosto, il Comitato di Salute Pubblica descrive gli avvenimenti del giorno precedente: “...l’insolente austriaco credeva di poter gettare il fango a piene mani su un popolo Italiano: il castigo fu pronto.[...] In breve ora, dopo ostinata pugna, furono cacciati dai posti che avevano occupati, e dalla Montagnola, ove fecero proditoriamente il principal baluardo, e che credevano di tener saldo coi cannoni bombardando anche la città. Un popolo quasi inerme fece mordere la polve a molti di quei tristi, e ne incatenò altri molti”.
Gli austriaci, ripiegando, si lasciarono alle spalle un centinaio di uomini, fatti prigionieri dal popolo bolognese, e un numero indefinito di morti (quando possibile, gli austriaci in ripiegamento non lasciavano in mano al nemico né i corpi dei caduti in battaglia né documenti). Lungo gli stradali di Corticella e di Panigale verso il Po, che oltrepassarano pochi giorni dopo, riparando il Veneto, gli austriaci sconfitti sfogarono le proprie ire sulla popolazione del contado, lasciandosi alle spalle morti e ingenti danni alle case coloniche ed alle colture. La loro assenza da Bologna durò solo pochi mesi: nella primavera successiva si riaccese con una seconda fase di combattimenti la Prima Guerra di Indipendenza. I soldati dell’Imperial-Regio esercito austriaco scesero nuovamente verso sud, riattraversando il Po ed avviandosi verso le ex-Legazioni “per ristabilire il legittimo governo del Sommo Pontefice, rovesciato da una fazione perversa”. Bologna, che dal 9 febbraio 1849 faceva parte della Repubblica Romana, nel maggio venne sottoposta ad un assedio durato 9 giorni, e culminato con un intenso bombardamento effettuato dalle postazioni di artiglieria poste sui colli. Il 16 maggio gli austriaci rioccuparono la città. Se ne andranno definitivamente solo il 12 giugno 1859.
Mirtide Gavelli