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Uccisione di Luigi Piretti

9 Maggio 1923

Schede

A Calderara di Reno i fascisti uccidono il colono socialista Luigi Piretti e feriscono il padre Gaetano.

Alle ore 23 del 9 maggio 1923 tre fascisti armati, spacciatisi per agenti di polizia, si presentarono alla sua abitazione a Calderara di Reno e invitarono il padre Gaetano a seguirli nella caserma di Borgo Panigale (Bologna).
Temendo che i tre stessero tramando un'aggressione, chiese e ottenne di accompagnare l'anziano genitore. A metà strada, quando i fascisti dissero che li avrebbero uccisi, e spianarono le rivoltelle, i due si diedero alla fuga e cercarono di nascondersi in un canneto.
La reazione dei tre squadristi fu immediata: spararono numerosi colpi e lanciarono una bomba a mano. I due Piretti furono colpiti in varie parti del corpo e restarono a terra esanimi.
Ritenendo di averli uccisi, i tre tornarono all'abitazione colonica e picchiarono l'altro figlio Gualtiero.
Essendo rimasto ferito leggermente, Gaetano Piretti potè soccorrere il figlio Luigi che versava in gravi condizioni.
Dopo avergli tamponato le ferite alla meglio, si recò a Borgo Panigale per chiedere l'intervento di un medico. Quando, poco dopo le 24, tornò con un sanitario, il ragazzo era già spirato.
Un giornale cittadino, il giorno dopo, scrisse che era stato ucciso dai comunisti. Furono gli stessi fascisti che provvidero a ristabilire la verità, perchè in quel periodo - si era all'indomani della "marcia su Roma" - ci tenevano a dimostrare che il paese era pacifico e tranquillo.
Leandro Arpinati condusse personalmente un'indagine, al termine della quale arrestò e consegnò alla polizia i tre fascisti assassini: Antonio Dirani, Carlo Randi e Filippo Tincalia.
Il 10 luglio 1923 numerosi fascisti assalirono, in via de' Chiari, il cellulare che trasportava alle carceri di S. Giovanni in Monte i tre criminali. Dopo una violenta sparatoria, nella quale un carabiniere restò ferito, i tre furono liberati e caricati su un'auto. Ma il Dirani, rimasto accidentamente ferito da uno dei suoi liberatori, morì poche ore dopo. Il suo cadavere venne abbandonato in una strada deserta in comune di S. Lazzaro di Savena.
Il 5 maggio 1926 il Randi e il Tincalia furono processati e assolti in tribunale. Il nome di Dirani figura nell'elenco dei caduti della "rivoluzione fascista". [AR-O]