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Sindacalisti denunciati per Estorsione

Sociale 21 Giugno 1919

Schede

Nell’estate 1919, quando a Molinella fu chiusa la vertenza iniziata nel gennaio 1914 e interrotta dopo l’eccidio di Guarda del 5.10.1914, la lega sindacale chiese e ottenne - oltre a richieste salariali e normative il pagamento di una cifra forfettaria di 270 mila lire.
Gli agricoltori, pur sostenendo che si trattava di una “taglia”, accettarono per chiudere la vertenza. La lega controreplicò che era la compensazione che spettava a braccianti e mezzadri per mancati guadagni.
Dopo l’eccidio di Guarda e il conseguente arresto di oltre 200 dirigenti sindacali e lo scioglimento della lega, gli agricoltori avevano corrisposto a braccianti e mezzadri livelli salariali e retributivi inferiori a quelli previsti dai contratti in vigore. Di qui la richiesta di compensazione collettiva.
L’accordo sindacale, “taglia” compresa, fu firmato con l’assenso della prefettura. Le 270 mila lire non furono divise tra i lavoratori, ma versate al comune di Molinella e destinate alla costruzione dell’asilo infantile della frazione Alberino.
Nel gennaio 1920 la Federterra, - la Federazione provinciale dei lavoratori della terra promosse una vertenza provinciale, per mezzadri e braccianti, analoga a quella di Molinella. Durò sino al 25.10.1920 quando -con la mediazione della prefettura - fu firmato il Concordato Paglia-Calda.
La vertenza ebbe aspetti di grande asprezza, da ambo le parti. Gli agricoltori, piuttosto che cedere alle richieste dei mezzadri, preferirono lasciare marcire nei campi la metà del raccolto, anche perché la mutua antisciopero avrebbe risarcito il danno. Le leghe usarono l’arma dei boicottaggio in modo indiscriminato e spesso incomprensibile.
Quando furono firmati i patti aziendali come prevedeva il Concordato - le leghe comunali chiesero una cifra extra-contrattuale come a Molinella. Furono così pagate centinaia di piccole “taglie”.
Firmato la mattina del 25.10.1920, il Concordato fu strappato nel pomeriggio quando le squadre fasciste cominciarono le prime spedizioni punitive a S. Lazzaro di Savena e Ozzano Emilia, poi estese ad altri comuni agricoli.
Nei primi mesi del 1921, quando la violenza fascista trionfò nelle campagne, numerosi proprietari agricoli - non si sa se con una strategia preordinata - cominciarono a denunciare i sindacalisti con i quali avevano firmato i patti comunali e aziendali.
L’accusa era d’estorsione. Essendo obbligatorio il mandato di cattura per questo reato, la magistratura ordinò l’arresto di un centinaio di sindacalisti, non pochi dei quali si rifugiarono nella Repubblica di S. Marino.
Alcuni magistrati emisero sentenze d’assoluzione e altri di condanna. Poi in estate - difficile dire il motivo, anche perché le carte processuali non sono ancora consultabili - quasi tutti i mandati di cattura furono revocati.
Tra i numerosi condannati va ricordato Attilio Gadani*, condannato a 2 anni e 4 mesi e ucciso dai fascisti nel 1944. Andrea Ercolani e Luigi Fabbri- capolega di Castel S. Pietro il primo e di Budrio l’altro - mentre erano in prigione in attesa del processo furono presentati dal PSI quali “candidati di protesta”, alle elezioni politiche del 1921, ed eletti alla Camera.
Le “taglie”, come a Molinella, non furono divise tra i lavoratori. Il grosso delle somme andò agli enti assistenziali comunali e solo una minima parte pare sia restata nelle casse del sindacato.
Essendo stata distrutta dai fascisti tutta la documentazione archivistica della Federterra, è difficile oggi fare il punto. L’8.4.1921 il sindacato fascista di S. Pietro in Casale in un esposto al prefetto scrisse che la lega aveva donato 105 mila lire alla Congregazione di carità comunale. Poiché la cifra era depositata presso l’esattoria Santi di Bologna, ne chiese il sequestro e la restituzione ai proprietari (ASB, GP, 1921, b. 1.346, cat.7, fas.1). Il settimanale cattolico d’Imola “Il Diario” chiese ripetutamente alle leghe locali il rendiconto delle somme ricevute. Scrisse che nell’Imolese poco meno di 60 mila lire erano state versate alle congregazioni di carità comunali: 30 mila a quella d’Imola e il resto a quelle di Dozza, Casalfiumanese, Fontanelice, Borgo Tossignano e Castel del Rio (“Il Diario”, n.45, 1921).
Anche se la magistratura non aveva avallato completamente la tesi delle estorsioni sindacali, la questura proseguì a lungo su questa linea.
Il 4.4.1923 il questore informò il prefetto di avere fatto arrestare e denunciare 4 operai per «appropriazione indebita per riscossioni percentuali salari operai organizzati Bonifica Renana» a Molinella. (ASB, GP, 1923, b. 1.389, cat. 7, fas. 1, “Molinella”).
All’epoca - mentre oggi i contributi sindacali sono trattenuti in busta paga - i braccianti erano soliti versare il 10 per cento del salario alla lega quale quota sindacale.
Inoltre, il 14.4.1923 il questore informò il prefetto di avere fatto arrestare per estorsione 2 operai perché «nella loro qualità di collettori dell’organizzazione socialista di Molinella riscuotevano dagli operai organizzati la percentuale del 10 per cento» (ASB, idem). [O]