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Scuole Giovanni Federzoni

Di rilevanza storica

Schede

Al nome di Giovanni Federzoni è stata dedicata, con provvedimento dell'On. Giunta Municipale, la Scuola dell'Arcoveggio Nuovo, in Via Antonio Di Vincenzo. È una scuola che rimane un po' nascosta a chi percorra il prolungamento di Via Indipendenza oltre il cavalcavia ferroviario, ed è anche alquanto oppressa da casette e recenti costruzioni, ahimè troppo prossime; ma si distacca dal solito tipo edilizio scolastico per assumere un carattere proprio, leggero e gaio, e si presenta in una veste decorosa e quasi aggraziata, per i recenti lavori di restauro caldamente raccomandati dall'Assessore alla P. I.

Chi voglia avere un' idea approssimativa dell' importanza della scuola, che raccoglie gran parte della popolazione infantile della così detta Bolognina, consideri questi dati: alunni circa 900, distribuiti nelle 19 classi raccolte nel fabbricato dell'Arcoveggio Nuovo, di cui è diligente e attivissimo caposcuola il m. Marino Muratori, e nelle 6 classi femminili dell'Arcoveggio Vecchio, particolare cura della caposcuola Ada Gasperini; un corpo insegnante ottimo, composto di insegnanti provetti e bene affiatati per ormai lunga consuetudine di lavoro, colle famiglie e cogli alunni del luogo; e due educatori, e tre asili d'infanzia rigurgitanti di bimbi. Poi, una caratteristica direi quasi locale: la solennità e la grandiosità che vi assumono le cerimonie scolastiche: albero di Natale, saggi dell'asilo, feste di fine d'anno. In quei giorni una vera folla di mamme e di amici della scuola si raccoglie a far festa agli alunni; e tutta la popolazione della Bolognina, a richiesta di quegli insegnanti, non lesina il contributo finanziario per potenziare le iniziative filantropiche di cui i maestri si fanno promotori, ed esprime con belle somme in denaro il sentimento di simpatia che la lega alla sua scuola. Il 4 luglio u. s. è avvenuta la cerimonia di chiusura dell'anno scolastico.

Dagli insegnanti è stato distribuito a tutti gli alunni una copia di un opuscolo, dettato dal Direttore prof. Francesco Bonatto e stampato gratuitamente, in mille esemplari, dal benemerito tipografo Giuseppe Gazzeri di Bologna, L'opuscolo che s'intitola Per l'inaugurazione della Scuola Giovanni Federzoni è, più che una commemorazione, una lirica rievocazione della bella figura di educatore cui la scuola deve il suo nome. Giovanni Federzoni vi è presentato prima come «maestro di italianità». «Ci sono stati in Italia, nel ventennio che precedette la grande guerra, degli educatori i quali avevano il presentimento delle ardue prove a cui la gioventù italiana sarebbe stata chiamata, e alla gioventù avrebbero voluto dare subito il senso della responsabilità storica che Dio le assegnava, e ad essa, con voce tremante, amorosa e trepidante, indicavano negli studi severi le glorie del passato, ma per preparare le virtù e le glorie dell'avvenire: erano maestri, ma maestri di italianità». Il prof. Bonatto dimostra, analizzando i volumi che Giovanni Federzoni ci ha lasciato, come Egli meriti questo titolo di maestro di italianità; poi considera in Lui un altro aspetto della sua personalità: quella del filantropo. Pensiamo insieme quale fu l'amore per l'infanzia, la pietà per le mamme povere, che lo condussero all'attuazione dell'iniziativa delle Colonie scolastiche. Egli la vede, la madre italiana, chinarsi amorosa sopra la culla, e interrogare l'anima del suo piccino, e raccogliere tutte le vibrazioni di quell'essere infinitamente piccolo, eppure infinitamente grande che è il cuore d'un bambino; la vede trepidare per una febbriciattola che colpisca il figlioletto, per un colpo di tosse, e poi gioire per una bella risposta, per un bel grado o per un premio avuto a scuola, perché a una mamma basta un nonnulla per consolarsi di tutti i dolori della maternità: la sente tremare e poi gioire, gioire e poi tremare, e affrettare col pensiero il trascorrere degli anni, perchè esso vorrà significare anche il passare di tutti i pericoli, e le insidie alla salute, proprie dell'infanzia, ed esprimere talvolta questo desiderio con una invocazione disperata: Dio, se fossero già grandi! - No, madre,- egli dice non illuderti: quando i tuoi figli saranno diventati adulti e tu vedrai i nuovi pericoli e le nuove insidie urgere contro di loro, tu dirai con accoramento non meno disperato: Dio, se fossero ancora piccini! È questo il dramma eterno della maternità. Giovanni Federzoni lo intende questo dramma, e dice: Raccogliamo questi bambini poveri, e portiamoli l'estate in alto, lassù a Castelluccio, a rinvigorire il corpo e l'anima. E li raccoglie infatti, e li porta lassù, e li circonda e quasi li fascia del suo infinito amore: e li educa alla bellezza, alla poesia, e li vuole fratelli più che compagni, affinchè essi attraverso alla solidarietà che li unisce come compagni arrivino a concepire una solidarietà più grande: quella che li unirà come italiani a tutti i loro fratelli di questa Itala gente dalle molte vite, affinchè quando si dice Italia, questa parola non sia mai per nessuno un nome vuoto di contenuto, ma abbia sempre una significazione precisa di fraternità, sempre e dappertutto, nell'aula della scuola come sul campo del lavoro, il giorno della sventura come il giorno della gloria e della vittoria della patria. La patria, egli dice, non è soltanto questa città che vi ha visto nascere, questi colli che salgono su su verso i monti, o questa pianura che degrada mollemente verso il mare: la patria non è soltanto questo cielo azzurro e queste campagne ubertose, questa Italia cosi grande di glorie e di sventure, così bella per tutte le sue terre e per tutti i suoi mari: la patria è tutta la nostra storia che è la più illustre del mondo, le nostre leggi e le nostre istituzioni, i nostri monumenti e le nostre chiese, è Dante Alighieri e Michelangelo, è Raffaello e Giuseppe Verdi, è la nostra civiltà, è la nostra cultura, è la nostra bandiera che voi avete ereditato gloriosa e che dovete consegnare gloriosa alle generazioni future. C'è discontinuità nell'opera di questo educatore, quale io ve l'ho rappresentato, che passa dallo studio di Dante all'amore per l'infanzia, dalla cattedra del Liceo alla Colonia dell' Appennino? No, perchè chi ha mente e cuore di apostolo non fa queste distinzioni; e se in Dante trova il grande poeta del nostro passato, nello scalpiccio saltellante dei bambini sente il passo delle nuove generazioni che vengono verso di noi e verso l'avvenire: se in Dante trova la poesia che eleva il pensiero fino al Paradiso, nella carità trova, come notò Alberto Dallolio, la rivelazione di Dio. Qual' è, allora il segreto della sua grandezza? Nulla di straordinario e di eroico nel senso che si suol dare a questi aggettivi applicati ai valori umani; anzi, l'animo era mite e schivo di ogni esibizionismo e di ogni vanità, e G. Federzoni aveva un che di modesto e quasi di umile nell'atteggiamento; ma i suoi occhi erano dolci e pensosi, ma la fronte era nobile, ma il tratto era signorile, ma la stessa sua umiltà pareva rappresentare la rinuncia che è propria di certi padri e di certi educatori, il loro oblio di sè, la loro incapacità di vivere all'infuori del sacrificio, della eroica dedizione, della sollecitudine amorosa e generosa per i loro figli e per i loro scolari». L'opuscolo si chiude con questa perorazione: «O bambino della Bolognina, che vieni ogni mattino a cercare luce e conforto per l'anima tua nella scuola che è tua, ascoltami. Hai percorso le vie che chiudono come in un reticolato pulsante di lavoro questa òasi tranquilla che è la scuola Federzoni, le vie intitolate a Jacopo della Quercia, ad Antonio di Vincenzo, a Fioravanti, a Tiarini, ai fratelli Carracci. Luigi Serra ti potrebbe dire: Quanta gloria, quanta arte, quanta Italia in questi nomi augusti della pittura e della scultura. Ma è gloria troppo alta per la tua mente e ti dà un senso di sgomento. Rifugiati qui: Giovanni Federzoni è un altro nome, più vicino a te, e ti parla un'altra arte, un' altra gloria, che tu puoi meglio intendere, e si chiama: Poesia! Se vuoi interpretare Giovanni Federzoni, interroga il tuo cuore. Quando il tuo cuore palpita per la mamma tua, quando il tuo cuore palpita per tutto che è bello e buono e gentile e puro, per lo studio, per l'Italia, raccogli queste voci dell' anima: è quella la tua poesia, è quella la poesia di Giovanni Federzoni. Cantala tu questa poesia è la poesia della bontà operosa, è la poesia d'Italia, è la voce di Dio». Lo stesso giorno 4 luglio, l'opuscolo fu inviato in omaggio a S. E. il Ministro Luigi Federzoni, insieme con l'espressione dell'ossequio degli alunni della scuola Giovanni Federzoni: e S. E. il Ministro dell' Interno rispondeva al Direttore prof. F. Bonatto con la lettera che segue e che riproduciamo integralmente per la bellezza degli affetti che l'hanno ispirata, e per la bontà e nobiltà d'animo di cui è eloquente espressione.

«Roma, 31 luglio 1925

Egregio e caro Professore, La vicenda turbinosa delle mie giornate, costringendomi abitualmente a trascurare la mia corrispondenza personale, mi ha condotto a fare con Lei la figura dell' ingrato e del malcreato, mentre di giorno in giorno sentivo il rammarico di non averle ancora manifestato la mia affettuosa riconoscenza! Mi sia indulgente e accolga il ringraziamento vivo e sincero che mi sgorga dal cuore, con la stessa commozione che provai nel ricevere la cara lettera e il nobile ed efficace cenno commemorativo da Lei inviatimi. Nulla soddisfa l'animo mio più dell' onore reso a Colui al quale devo tutto; nulla, se non il rimpianto memore dei buoni, può alleviare il mio inconsolabile dolore per la perdita del Babbo. Ella ha scritto pagine degne, schiette, vere sull' Uomo che fu cittadino e maestro esemplare. Ella ha insegnato ad amare il nome di Lui a tanti piccoli bolognesi della generazione di domani. Grazie ancora, con tutta l'effusione dell' animo!

Una forte stretta di mano dal Suo L. FEDERZONI».

Testo tratto da 'La scuola Giovanni Federzoni' nella rivista 'Il Comune di Bologna', luglio 1925.