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Roberto Pondrelli

24 settembre 1895 - [?]

Scheda

Roberto Pondrelli, da Carlo e Adele Bandiera; nato il 24 settembre 1895 a Molinella. Nel 1943 residente a Bologna. Licenza elementare. Mezzadro.
Iscritto al PSI.
Figlio e nipote di due dirigenti sindacali della categoria dei mezzadri, aderì giovanissimo agli ideali socialisti e prese parte a numerose agitazioni sindacali della categoria a Molinella. Nel 1911 fu arrestato e condannato due volte per attentato alla «libertà di lavoro». Il 5 ottobre 1914 - dopo l'eccidio di Guarda (Molinella) - si rese latitante per non essere arrestato come il padre, gli zii Antonio e Germano e il fratello Aldo.
Espatriò clandestinamente in Svizzera dove, a Zurigo, fu arrestato nel 1915 e consegnato alla polizia italiana. Restò in carcere un paio d'anni a Bologna e dopo essere stato rinviato a giudizio per l'eccidio di Guarda fu internato nell'isola di Capraia (LI).
Vi rimase sino al 21 febbraio 1919 quando venne amnistiato e liberato. Un mese dopo fu eletto segretario del sindacato coloni della Federazione provinciale e divenne uno dei dirigenti dell'agitazione agraria del 1920 conclusasi con il concordato Paglia-Calda.
La sera del 30 aprile 1921 si trovava in una sala, a Santa Maria in Duno (Bentivoglio), dove si teneva una riunione di coloni della zona, ai quali avrebbe dovuto illustrare le caratteristiche del nuovo patto colonico firmato sulla base del concordato Paglia-Calda. A metà della riunione fecero irruzione numerosi fascisti armati e mascherati. Dopo aver gridato più volte «Mussolini a noi!», cominciarono a sparare sui presenti. Restò ferito non gravemente con altri mezzadri, tutti colpiti da proiettili di rivoltella: Mario Degli Esposti, Armando Mengoli, Ernesto Mingardi, Filippo Tartarini, Giuseppe Tugnoli, Ernesto Zanarini e Raffaele Zanardini. Il capolecapolega Amedeo Lipparini morì per le gravi ferite riportate.
Restò segretario provinciale dei mezzadri sino all'ottobre 1922 quando fu costretto a dare le dimissioni a causa delle persecuzioni fasciste. Tornò a Molinella e riprese il lavoro di mezzadro.
Nel 1923, quando i fascisti diedero il «bando» a circa duecento famiglie socialiste a Molinella, la sua era la prima della lista. (vedi Germano Pondrelli). Per sottrarsi alle persecuzioni fasciste, con il fratello Aldo espatriò in Francia clandestinamente. Divenne dirigente del PSI in esilio e collaborò a numerose iniziative cooperativistiche promosse dal partito. Per dissensi politici, nel 1930 si estraniò dall'attività del PSI e promosse alcune iniziative imprenditoriali, nel settore edile, che non ebbero successo. Fu pure colpito da un grave lutto, quando il fratello Marino perse la vita in un infortunio di lavoro in un suo cantiere. Nel 1933 la polizia emise un mandato di cattura nei suoi confronti, nel caso fosse rientrato in Italia. Nell'occasione fu classificato comunista.
Su istigazione della polizia italiana - che lo accusava di organizzare gli aiuti per il popolo spagnolo, durante la guerra antifranchista - nel 1938 il governo francese lo espulse. Disoccupato da alcuni anni e in disaccordo con il partito, in un momento di sconforto si rivolse alle autorità consolari e chiese di essere rimpatriato, non avendo i soldi per pagare il biglietto del treno per sé e la famiglia. Rientrato in Italia all'inizio del 1939, fu trattenuto in carcere per molti mesi.

Durante la lotta di liberazione collaborò attivamente con i partigiani della zona di Altedo (Malalbergo) e fu tra i promotori della ricostituzione della Federterra provinciale, della quale divenne uno dei dirigenti nei giorni della Liberazione. [O]