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Armando Pilati detto/a Nino

2 marzo 1906 - [?]

Scheda

Armando Pilati, «Nino», da Enrico e Augusta Negrini; nato il 2 marzo 1906 a Bologna; ivi residente nel 1943. Licenza elementare. Falegname.
Iscritto al PSI nel 1921, divenne componente del comitato direttivo della federazione giovanile. Nel 1926, insieme ad un gruppo di giovani socialisti bolognesi, aderì al PCI.
Fra il 1927 e il 1928 prestò servizio militare in artiglieria.
Il 25 marzo 1929, per aver distribuito, con Orfeo Curti e Cesare Cristi, dei volantini contro il plebiscito indetto dal regime fascista, fu arrestato insieme a tutta la sua famiglia; a seguito di questo, il padre si dette la morte. Respinse il ricatto di vedere il padre morente dietro denuncia dell'organizzazione clandestina. Con sentenza istruttoria del 20 maggio 1929, fu deferito al Tribunale speciale e il 19 dicembre 1929 fu condannato a 1 anno di reclusione per propaganda comunista.
Il 6 maggio 1930 la Commissione provinciale gli inflisse 4 anni di confino che si ridussero a 2 a seguito di un condono. A Ponza (LT), dove venne relegato, fu fra gli organizzatori di uno sciopero della fame.
Tornato in libertà il 24 marzo 1932, riprese l'attività antifascista. Il 31 ottobre 1935, in seguito ad un segnalazione dell'OVRA, venne arrestato con altri antifascisti bolognesi per aver svolto azione di propaganda contro la guerra d'Africa. Il 31 marzo 1936 fu inviato a Ventotene (LT) con una seconda condanna al confino per 4 anni.
Nel 1937, ancora, fu trasferito a Lampedusa (AG) in quanto era stato fra gli organizzatori di una protesta contro la censura sulla posta, operata dalla polizia. Con l’arresto da parte della polizia fascista del funzionario comunista Giuseppe Rossi, fu nuovamente coinvolto in misure repressive. Il Tribunale speciale, in assenza di sentenza istruttoria, il 24 novembre 1938 lo condannò per la terza volta, ad altri 4 anni di reclusione per costituzione del PCI, appartenenza allo stesso e propaganda. Scontò la pena - ridotta a due anni per condono - nel carcere di Civitavecchia (Roma). Mentre stava per riacquistare la libertà, il 15 novembre 1939, la Commissione di Foggia gli comminò per la terza volta altri 2 anni di confino da scontarsi - come internato di guerra - alle Tremiti (FG) e, in particolare, nell'isola di San Domino, dove i coatti riuscivano a stento a sopravvivere per la mancanza di rifornimenti alimentari.
Nella primavera del 1943 giunse a Bologna, piantonato dagli agenti, con una licenza del ministero per sposarsi. Il 15 giugno 1943 fu ricoverato all'ospedale Sant'Orsola, con l'aiuto dell'infermiere Anselmo Ramazzotti e del dott. Cattoli, per le gravi condizioni di salute in cui versava a causa degli anni di carcere e di confino.
Dopo la caduta di Mussolini, il 25 luglio 1943, restò ricoverato in ospedale, ma non più piantonato.

Dall'agosto 1943 organizzò i contatti con gli antifascisti presenti all'interno dell'ospedale e con gli organismi patriottici all'esterno. Concorse all'organizzazione per il ricovero di partigiani feriti nelle cliniche del Sant'Orsola e, in particolare, al ricovero ed alla fuga di Bruno Pasquali .
Militò nella 1ª brigata Irma Bandiera Garibaldi. Riconosciuto partigiano con il grado di capitano dal 9 settembre 1943 alla Liberazione.
Ha pubblicato: Echi al confino di Lampedusa, in Garibaldini in Spagna e nella Resistenza bolognese, 5° Quaderno de “La Lotta”, Bologna, 1966, p.64; Il primo arresto nel 1929 e Un “ricatto” infame, in Momenti dell’antifascsimo bolognese (1926-1943), in Momenti dell’antifascismo bolognese (1926-1943), 7° Quaderno de “La Lotta”, Bologna, 1968, p.34. [AR] Testimonianza in RB1.