Lo spostamento del Mercato delle Erbe

Lo spostamento del Mercato delle Erbe

1877 | 1910

Scheda

Dopo l’Unità la piazza, conservando il carattere di centro simbolico della città, assunse il ruolo di luogo deputato a rappresentare il nuovo potere cittadino. Infatti fu la prima a cambiare intestazione, divenendo, nel 1859, piazza Vittorio Emanuele II (avrebbe ripreso la denominazione originaria nel 1945). Inoltre fu sottoposta a una lunga serie di restauri correttivi, che le diedero l’aspetto ordinato che noi tutti oggi conosciamo. In questa prospettiva, quando una certa stabilità amministrativa permise di porre mano all’organizzazione dei servizi pubblici realizzando gli interventi su cui da anni il Consiglio comunale dibatteva, si decise lo spostamento del mercato alimentare, che tradizionalmente occupava questa parte del suolo urbano, e si operò per rendere il volto della piazza adeguato alle nuove esigenze, procedendo ad alcuni lavori di risistemazione dei palazzi antistanti e considerando a più riprese l’ipotesi di completare la facciata di San Petronio.

Lo spostamento del complesso di “indecorose trabacche” che ingombravano la piazza Maggiore per diversi giorni la settimana fu finalmente attuato nel 1877, dopo essere stato oggetto di accesi dibattiti fin dai primi mesi della partenza del legato pontificio. Il giornale dell’Esposizione emiliana descriveva: «Ricordate la piazza di dieci anni fa? Uno Zola bolognese avrebbe potuto trovarvi argomento ad un romanzo sul ventre di Bologna. La piazza monumentale era tutta quanta un gigantesco mercato. Guardandola dall’alto, [...] non si vedevano che baracche allineate, strette le une sulle altre, che lasciavano appena un piccolo sentiero per dare sfogo alla folla. Dalle prime ore del mattino al meriggio la confusione era indescrivibile, il chiasso assordante. [...] Ecco l’emporio, il bazar gigantesco e mostruoso del mercato d’allora. [...] Ma se questo spettacolo era sommamente caratteristico, era altrettanto indecente. Bisognava sopprimerlo. Ecco il progresso» (A. Lenzoni, 1888, p. 134).

Il mercato, debordante dalla piazza fino a via dell’Indipendenza, non solo ostacolava la circolazione, ma soprattutto costituiva uno spettacolo indecoroso per le deprecabili condizioni igieniche in cui si svolgeva e per come veniva lasciata la piazza, nonché rappresentava, per la nuova Giunta, un’indesiderata sopravvivenza di consuetudini dell’antico regime. Nei primi anni dopo l’Unità esso fu più volte teatro di disordini popolari contro la crescita dei prezzi e degli affitti, tanto che le cronache dell’epoca raccontano che “volavano le ricotte”. Dopo il trasferimento di importanti musei cittadini nell’edificio dell’antico ospedale della Morte (oggi sede del Museo civico archeologico e della biblioteca del Museo del Risorgimento) divenne improcrastinabile lo spostamento e la sua trasformazione in un moderno mercato coperto.

Si discusse a lungo se esso dovesse essere mantenuto in un’unica sede o spaccato in due: i fautori della divisione intendevano favorire la libera concorrenza tra diversi esercenti; mentre, secondo altri, mantenere tutti i venditori in un’unica sede poteva servire a calmierare i prezzi. Non mancavano i sostenitori della sua totale abolizione, in nome di una modernizzazione che avrebbe dovuto portare ciascun rivenditore ad aprire una propria bottega. Nel 1877 il mercato venne sgomberato e diviso tra piazza Malpighi e piazza Aldrovandi, ma il mutamento di consuetudini aveva dato inizio al suo declino, tanto che già nel 1879 il mercato di piazza Aldovrandi venne chiuso.

Il Mercato delle Erbe trovò una sistemazione definitiva nel 1910 con la realizzazione in via Ugo Bassi del Mercato coperto, progettato da Arturo Carpi e Filppo Buriani.

Giuliana Bertagnoni

Testo tratto da Cent'anni fa Bologna: angoli e ricordi della città nella raccolta fotografica Belluzzi, Bologna, Costa, 2000.

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