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Conservatorio delle putte di Santa Croce

1583 - 1864

Schede

Raccontano gli storici che il Cinquecento fu per Bologna un secolo particolarmente nefasto: carestie, pestilenze e terremoti si alternarono così da provocare nella maggioranza della popolazione la miseria più nera. Appunto per attenuarne le disastrose conseguenze fra la gioventù, sorsero in quel secolo varie istituzioni benefiche, tra le quali primeggiano i Conservatori per le putte: quello di Santa Marta, di S. M. del Baraccano, il femminile dei mendicanti e per ultimo, in quel tempo, il Conservatorio delle putte di Santa Croce. Tutti, naturalmente accoglievano le giovanette rimaste orfane o con genitori indegni o incapaci; e poichè di esse ce n'erano in tutte le classi sociali, i Conservatori ebbero carattere diverso. Il Conservatorio di Santa Marta, fondato nel 1505, ospitava «le zitelle gentildonne e cittadine di condizione civile», dipendeva dall'opera pia dei Vergognosi appunto perchè doveva provvedere «alli poveri alli quali era vergogna il mendicare per esser caduti in povertà per disgrazie od infortuni dai loro stati e condizioni». Gli altri, dipendenti dall'Autorità ecclesiastica, ospitavano le figlie del popolo. Il Conservatorio di S. M. del Baraccano che, sorto fin nel 1403 come ospizio dei pellegrini, fu adibito nel 1527 per le ragazze povere rimaste orfane nella peste di quell'anno; il femminile dei Medicanti fu, per così dire, una sezione dell'opera dello stesso nome, voluta da Pio IV nel 1560 per ridurre il numero dei mendicanti in città. L'Opera accolse, oltre le femmine, anche un certo numero di maschi.

Infine il Conservatorio delle putte di Santa Croce, del quale ci proponiamo di tracciare i lineamenti storici. Allo scopo di seguirli sulla traccia delle epigrafi lasciate a ricordo, dobbiamo far cenno ad antichi precedenti, anche perchè le vicende dell'istituto si intrecciano con quelle della chiesetta di Santa Croce. Nel 1295 moriva Taddeo Alderotti, celeberrimo professore di medicina nell'Università, il quale lasciava ai terziari di S. Francesco il suo cospicuo patrimonio con l'obbligo di fondare un «ospitale» per alloggiarvi i pellegrini di passaggio da Bologna alla volta di Roma. I terziari, in esecuzione della sua volontà, nel 1327 fondarono un ospitale (ossia un ospizio) e un oratorio dedicati a S. Antonio di Padova, nelle vicinanze del monastero di Santa Margherita nella via che ora porta lo stesso nome. Nella seconda metà del Quattrocento, Caterina de' Vigri, poi salita all'onore degli altari, aderendo all'invito del Comune, accettava di venire da Ferrara a Bologna per fondarvi quel grande monastero, chiamato comunemente «della Santa». Nell'intento di affrettare la presenza delle religiose in città, i terziari cedettero ad esse l'ospizio e l'oratorio di S. Antonio; se non che, il card. Bessarione, legato pontificio, non ritenendo adatto quel luogo perchè malsano, dispose che alle monache fosse data una parte dei beni dei terziari ma che l'ospizio e l'oratorio rimanesse a loro.

Appunto all'iniziativa di uno di questi terziari, che offrì più di ottomila scudi, si deve il sorgere di un primitivo edificio, dal quale in seguito derivò quello attualmente occupato dalla Scuola media femminile «Giosue Carducci». Il generoso terziario fu il nobile bolognese Bonifacio Dalle Balle, il quale fin dal 1583, a sue spese, aveva raccolto in una casa presso la chiesa dei SS. Simone e Giuda delle fanciulle povere esposte ai pericoli del malcostume. Essendone ben presto aumentato il numero, le trasferì in un locale più ampio in via Lame, dove rimasero fino a che nel 1592, indusse i suoi confratelli a procurare una sede propria e più adatta alle ragazze e ad assumere la direzione del costituendo Conservatorio. Allora i terziari vendettero l'ospitale e l'oratorio di S. Antonio, con la somma ricavata acquistarono del terreno all'estremità di via S. Mamolo (ora D'Azeglio) sul quale edificarono sia l'abitazione per le fanciulle e le terziarie che le assistevano, sia la chiesetta dedicata a Santa Croce, nonchè a S. Antonio a ricordo dell'oratorio ceduto. Così nel 1600 le giovanette, che erano conosciute col nome di «donzelle di Santa Croce», dalla sede di via Lame passarono in questa: e da allora furono generalmente chiamate «putte di Santa Croce».

Ai terziari, dunque, ai quali era dovuta la costruzione della nuova sede, venne affidato il governo delle putte, mentre l'assistenza era fatta, come in precedenza, dalle terziarie. Secondo gli Statuti approvati nel 1606 dal card. Alfonso Paleotti (1597-1610), tale governo era composto di 2 gentiluomini, chiamati rispettivamente rettore e sindaco, da un mercante detto priore e da un cittadino detto camerlengo. Questa carica fu assegnata, vita natural durante, al fondatore del Conservatorio, presso il quale egli dimorò sino alla morte avvenuta nel 1612. Ma già prima del suo decesso erano sorti dissensi tra Bonifacio e i rappresentanti dei terziari, per cui l'arcivescovo «per la tranquillità del luogo» nel 1608 riformò gli statuti di due anni prima, creando una Congregazione -noi ora diremmo una Commissione- di nobili, cittadini e mercanti, dalla quale escluse i terziari. Successivamente il governo del conservatorio venne riformato dagli Arcivescovi Girolamo Boncompagni (1651-1684) e Vincenzo Malvezzi (1754-1775) risultandone in definitiva una Congregazione di 10 membri: 3 gentiluomini, 3 cittadini, 3 mercanti e un legista. Costoro, attraverso il rettore, il priore e il camerlengo, amministravano il vistoso patrimonio che il Conservatorio aveva messo insieme coi lasciti e donazioni dei benefattori, ammettevano le ragazze dai 10 ai 15 anni, trattenendole fino ai 21 e sovrintendevano a tutta la vita dell'istituzione.

Le putte passavano la giornata alternando le pratiche religiose con la scuola del leggere e soprattutto col lavoro femminile, sotto la guida delle rispettive maestre e l'assistenza delle terziarie. Il loro lavoro consisteva «nel filare, far calzette, merli, ricamare et simil altre faccende donnesche». Partendo dal concetto comune del tempo, che l'educazione doveva essere conforme alla condizione dell'educando, le ragazze venivano preparate a quello che un giorno le aspettava nella vita di fantesche o di spose di lavoratori. Quindi dovevano abituarsi ad «un tratto riservato sì, ma disimbarazzato, guardingo sì, ma cortese, ad una vita se non disagiata, certo non agiata molto dedita al lavoro femminesco e di famiglia, non esclusi i bassi uffici delle stanze e della cucina». Il provento dei lavori, eseguiti per altri, andava a beneficio del Conservatorio, il quale però concedeva 300 scudi di dote alle giovani che si maritavano e 400 a coloro che abbracciavano lo stato ecclesiastico. Le putte di Santa Croce vestivano un abito color rosso con una croce bianca sul petto; soltanto nel 1796, allorchè i francesi portarono anche a Bologna l'idea dell'eguaglianza sociale, fu adottato un vestiario uniforme, ma non di un determinato colore, bensì secondo la moda del tempo.

Dalla metà del Settecento incominciò ad ampliare notevolmente in vecchia sede su disegno dell'architetto Francesco Angelini, il progetto però venne portato a termine solo a metà: non venne infatti eseguita l’ala opposta al porticato e l'altro dell'oratorio e della abitazione delle terziarie. Nel 1801 alle porte di S. Croce furono unite quelle di S. Giuseppe, altro Conservatorio di via Castiglione, fondato nel 1620 dal gesuita Giorgio Gustiniani, ed allora l'Istituto fu chiamato «Conservatorio di Santa Croce e di S. Giuseppe uniti». Ai lavori dell'edificio seguì pure l'ampliamento del vecchio oratorio, risultandone l'attuale chiesetta. In essa fu collocato il quadro, che era nell'oratorio primitivo, dipinto da Paolo Carracci su disegno del fratello Ludovico. Nel quadro, che si vede tuttora dietro l'altare, è rappresentata la Croce fra i santi Antonio e Sebastiano. Se non che, poco dopo l'apertura, in seguito alla soppressione napoleonica degli ordini religiosi, la chiesa che era officiata dai francescani, venne chiusa nel 1808 e ne fu addirittura murata la porta! Le putte continuarono a risiedere nella loro sede e ad esservi assistite, non però dalle terziarie, bensì da «cittadine», come vennero pure chiamate le maestre in quel periodo di predominio francese, in cui in pochi anni si credette d'aver cancellato il passato di secoli. Con la Restaurazione le cose ritornarono come prima; ossia i due Conservatori, riconosciuti formalmente uniti nel 1816 dal card. Carlo Oppizzoni (1802-1855), ebbero amministrazione comune e le putte riebbero l'assistenza delle terziarie. Questa cessò nel 1864, allorchè venne costituito l'Ente pii Istituti educativi che raggruppò, sottraendoli all' autorità ecclesiastica, tutte le istituoni cittadine di carattere affine. Le putte, che allora erano una cinquantina, rimasero nella loro sede fino allo scoppio della prima guerra mondiale, quando furono trasferite negli altri Conservatori della città.

Lo stabile, divenuto libero, dai Pii istituti fu dato in affitto alle Ancelle adoratrici del SS. Sacramento, che lo abitarono per una ventina d'anni. Nel 1934, trasferitesi queste altrove, la chiesetta tornò ad essere officiata dai PP. francescani che alloggiarono nell'antica residenza delle terziarie; il locale rimanente già sede del Conservatorio, fu preso in affitto dal comune e messo a disposizione del progettato nuovo Ginnasio. La nuova scuola venne istituita per alleggerire dell'eccessiva popolazione gli Istituti statali cittadini di tipo classico; e poichè cominciò a funzionare nel 1935, centenario della nascita di Giosue Carducci, fu intitolata al suo nome. Dapprima il Ginnasio fu promiscuo, nel '38 venne riservato solo alle giovanette e nel '40, in seguito all'applicazione della «Carta della scuola», fu sdoppiato in Scuola media e Ginnasio femminile. Nel '52 il Ginnasio fu soppresso restando soltanto l'attuale Scuola media femminile. Iniziando il funzionamento col preside prof. Guido Cappellini, il Ginnasio era formato da sei classi; sotto il successore di lui, prof. Pantaleo Luigi Colì (1938-44) che ne perfezionò la organizzazione, esse si triplicarono. Durante la guerra 1940-45 la scolaresca diminuì preferendo frequentare nei luoghi di sfollamento, nei principali dei quali, dalle scuole cittadine, furono staccate sezioni. Anche la Scuola media Carducci ebbe dal '43 una sezione distaccata a S. Giorgio di Piano, diventata autonoma nel 1953. In quegli anni, al pianterreno dell'edificio fu collocato l'Ufficio razionamento del Comune, rimanendo il piano superiore a disposizione della scuola. Nel dopo guerra essa fu diretta dal prof. Dino Guiducci, in qualità di ff. di preside, che ne curò la riorganizzazione. In seguito al collocamento a riposo di lui per sfollamento volontario, nel 1949 successe nella presidenza la prof. Anna Travaglini Bosella. Sotto la sua direzione la Scuola, resa più accogliente, è andata, man mano popolandosi fino a raggiungere attualmente quasi 700 alunne, distribuite in 26 classi.

RODOLFO FANTINI

Testo tratto da "TRASFORMAZIONE DI UN ANTICO ISTITUTO DI EDUCAZIONE: DA CONSERVATORIO DELLE PUTTE A SCUOLA MEDIA", in "Strenna storica bolognese", 1957. In collaborazione con il Comitato per Bologna Storica e Artistica.