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Omicidio del maresciallo Biraghi

9 maggio 1921

Schede

Agli inizi del Novecento tra le via Mirasole e Miramonte, dimoravano ladri, rapinatori, usurai e prostitute. La sera del 9 maggio due amiche, Giuseppina e Maria, stavano tornando a casa in via Miramonte quando, tagliando per via Mirasole, videro un corpo disteso di traverso lungo il portico: guardando con attenzione si resero conto che si trattava di un militare. Maria cercò di aiutare l’uomo, ma era troppo tardi per il sottufficiale Pietro Biraghi, morto per un colpo sparatogli alla schiena. Il maresciallo Quaglia si recò sul luogo del delitto e in un attimo la zona si trasformò in un caos, perché i malfattori presenti iniziarono a scappare. I carabinieri decisero di fare una retata, arrestando uomini e donne, con la speranza di ottenere qualche informazione.

Giovanni Amadio raccontò che la sera del 9 maggio si trovava nell’Osteria in via del Falcone 17 e notò che in fondo al locale si trovavano quattro disonesti personaggi che aveva conosciuto in carcere e di cui ricordava le facce e nomignoli: c’era il diciannovenne Vincenzo Morandi, pregiudicato, Sergio Sabbatini detto “il Milanese”, un venticinquenne, un altro individuo di circa 25 anni conosciuto come “il Budriese”, ed infine un certo Lanciotto di 29 anni nato a S. Croce di Siena, soprannominato “il Toscano terribile” per la reputazione di spietato sanguinario. Verso le 22.30, entrò nell’osteria una donna, Elvira Marchesini, che disse ai quattro: “All’erta ragazzi! Vi è qui vicino un maresciallo dei carabinieri che pare stia spiando qualcuno!”. Il Toscano si rivolse agli altri dicendo: “Cosa viene a fare in queste strade e qui vicino, questo maresciallo? Andiamo ragazzi, bisogna ammazzarlo!”. La compagnia dei quattro delinquenti era terrorizzata, perché si erano vantati pubblicamente di essere gli autori delle due aggressioni a domicilio avvenute nei giorni precedenti in città. L’invito del Toscano venne accolto, e i quattro malfattori uscirono dall’osteria e dopo pochi secondi uno sparo echeggiava in via Mirasole. I quattro malviventi fuggirono.

Il dottor Orengo e l’ispettore Ferreo perquisirono senza successo i covi della malavita e le tane dove di solito si riunivano i criminali. Senza concedersi una pausa vennero controllate a tappeto tutte le zone della città, in particolare giardini e giardinetti dove era più facile nascondersi, come il parco della Montagnola, quello di S. Michele in Bosco e i Giardini Margherita. Dopo poco tempo i militari scorsero Sergio Sabbatini fra un gruppo di pregiudicati sdraiati sull’erba di S. Michele in Bosco, e lo dichiararono in arresto. Vennero arrestati anche gli altri compagni, ma non si trovava ancora il Toscano. La questura di Bologna inviò un comunicato per la ricerca in tutto il Regno, e nel territorio senese iniziò a spargersi la paura per una retata che avrebbe coinvolti altri pregiudicati. La malavita locale decise di dare un taglio a questa storia, facendola finita con questo personaggio divenuto ormai troppo scomodo, e dopo alcuni giorni dopo la Questura di Firenze comunicò che era stato trovato il corpo del Toscano. A poco a poco furono scarcerati tutti i malviventi, che ripresero a cercare di sopravvivere in una Bologna colma di miseria.

Loredana Lo Fiego

Bibliografia: Antonio Bagnoli, Nathalie Anne Dodd, Bologna criminale, il volto più inquietante e drammatico della ricca e placida capitale dell'abbondanza, Roma, Newton Compton, 2006