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Angelo Valeriani, figlio di Giuseppe, raccolta da don Dario Zanini

Schede

Abitavo coi miei a Ca’ del Gallo di S. Silvestro. I partigiani stavano più su e venivano ogni tanto a prendere da mangiare anche da noi. Quel mattino, domenica, un carro trainato da mucche passava da San Silvestro con il contadino Vecchi e due partigiani.
All’improvviso dalla strada proveniente da Panico sbucò una camionetta piena di tedeschi; non se n’erano mai visti da quelle parti: fu una sorpresa per tutti. I due partigiani immediatamente spararono e poi fuggirono, riuscendo a nascondersi. Il povero Vecchi rimase fermo con le sue mucche e il suo carro.
I tedeschi lo aggredirono; lui cercò di difendersi raccontando storie e inventando giustificazioni: riuscì a cavarsela perché i tedeschi non avevano ordine di uccidere. Non si salvò invece mio padre, Giuseppe Valeriani. Eravamo contadini a San Silvestro, ma lui andava ogni giorno, a piedi, a lavorare a Pian di Venola. Anche quel giorno partì da casa e scese per una scorciatoia verso Canovella; giunto al fosso di Mascarino, fra il cimitero di Panico e Canovella, lo scorsero dall’altra parte del rio i tedeschi, che erano nella zona per il rastrellamento dei partigiani, e gli intimarono l’alt.
Mio padre era sordo e, non avendo udito il richiamo, continuò tranquillamente il suo viaggio. I soldati non dubitarono che volesse sottrarsi al controllo, e gli spararono senza esitazione, lasciandolo cadere sul posto. Un amico trasportò mio padre con un carro agricolo fino al portico di Albertazzi a Panico, dove morì poche ore dopo.

Dario Zanini, "Marzabotto e dintorni 1944", Ponte Nuovo editore, Bologna, 1996
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Note
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