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Scarso rendimento di lavoro

28 Gennaio 1923

Schede

Per piegare la categoria dei ferrovieri, una delle più combattive sul piano sindacale, oltre che su quello della difesa dello stato democratico, il 28.1.1923 il governo fascista approvò il decreto n.143.
Stabiliva all’art. 3 che i responsabili dei compartimenti ferroviari potevano licenziare in tronco i dipendenti «che diano scarso rendimento di lavoro».
La sanzione aveva valore retroattivo e sarebbe stata applicata nei confronti dei ferrovieri che, in passato, avevano preso parte a scioperi sindacali e politici.
Il 19.6.1923 il questore di Bologna inviò al prefetto un elenco di 60 ferrovieri, residenti nella provincia, che sarebbero stati esonerati il giorno 20. Si legge nella lettera d’accompagnamento: «Tutto il personale esonerato e compreso nel detto elenco professa idee avanzate».
La maggior parte erano dirigenti dello SFI ed avevano preso parte allo sciopero dell’1.8.1922 promosso dall’Alleanza del lavoro.
Il 26.7.1923 una quarantina di ferrovieri furono processati per violazione dell’art.182 del Codice penale e dell’art.58 della legge ferroviaria, per avere interrotto un pubblico servizio.
34 furono condannati a 3 mesi di sospensione dal lavoro e a 500 lire di multa e gli altri, dei quali non si conosce il nome, assolti. Una simile pena - se fossero stati ancora in servizio - avrebbe comportato il licenziamento automatico.
La condanna era una sanatoria pseudo legale a posteriori di un provvedimento politico illegittimo perché applicato con valore retroattivo.
Negli anni successivi proseguirono i licenziamenti, anche se i ferrovieri non furono più allontanati a blocchi.
Tra la fine del 1925 e l’inizio del 1926 furono “dispensati” i ferrovieri - ma non si conosce il numero esatto - che non vollero prestare giuramento al regime, quali dipendenti del pubblico impiego.
Il 19.10.1929 il ministero delle Comunicazioni - protocollo N.R/11611 - fece avere al ministero dell’Interno un elenco di 356 ferrovieri italiani da sottoporre a «speciale sorveglianza, a causa dei precedenti politici e del dubbio sulla loro condotta attuale». In futuro, si legge nella lettera d’accompagnamento dell’elenco, comunicheremo «le generalità di tutti i ferrovieri che si riterrà opportuno di far sorvegliare per ragioni politiche».
Non pochi ferrovieri antifascisti, il cui numero si ignora, furono trasferiti per breve periodo o per sempre in altre città.
Dopo la Liberazione furono riassunti i ferrovieri licenziati che avevano ancora l’età per lavorare e ricostituita la carriera a quelli in età di pensione.
Tra le carte dell’ASB (anno 1923, b.1.388, cat.7, fas.1) si trova l’elenco, non in ordine alfabetico, dei 60 ferrovieri licenziati il 20.6.1923.
Essi sono: Antonio Asmara, Raffaele Badini, Luigi Baldi, Luigi Ballanti, Ercole Baratta, Domenico Barbieri, Guido Barilli, Cleto Benassi, Umberto Benfenati, Pietro Bergonzoni, Dante Bernardi, Giovanni Bernardi detto Giannetto, Paolo Betti, Libero Biavati, Attilio Bicocchi, Roberto Bicocchi, Agostino Bonora, Duilio Borghi, Umberto Brizzi, Linceo Cicognani, Antonio Collinucci, Giuseppe Dall’Olio, Alberico Degli Esposti, Alberto Diolaiti, Giuseppe Dotti, Serafino Fabbini, Raffaele Fantazzini, Alberto Fortuzzi, Alfredo Gaiba, Alberto Giovannini, Alfonso Giovannini, Francesco Gnomi, Enio Gnudi, Primo Grimandi, Guglielmo Laninno, Pietro Leoni, Teobaldo Lorenzini, Cesare Lunghi, Attilio Macciantelli, Alfonso Malaguti, Dante Mannini, Giovanni Manzini, Giuseppe Masetti, Luigi Minelli, Cleto Mota, Aniceto Muratori, Giuseppe Parisini, Giacomo Poltronieri, Remo Rossini, Armando Rovatti, Venusto Ruso, Medardo Sabattini, Elmo Sapori (nell’elenco è indicato come Sagori), Giovanni Schiavina, Astorre Sgallari, Vincenzo Tamburini, Aurelio Trogu, Leopoldo Vasconi, Romeo Vezzali, Domenico Zarri. Non è stato trovato l’elenco dei ferrovieri esonerati negli anni seguenti.
Questi i nomi dei ferrovieri licenziati in seguito, tratti dai giornali (l’“Avanti!”, “La Giustizia” e “La Voce Repubblicana”, mentre “il Resto del Carlino” e “L’Avvenire d’Italia ignorarono tutto) o dai rapporti della polizia, anche se non di tutti è stato possibile ricostruire la biografia completa.
L’elenco, comprendente 101 nomi, non è ufficiale e, quasi certamente, è incompleto: Fernando Aldrovandi, Ezio Ansaloni*, Giuseppe Azuceni, Luigi Bandiera, Omero Barbieri, Silvio Barbieri, Primo Baroncini, Alfredo Bentini, Frediano Bergonzoni, Antonio Bersani, Attilio Bertuzzi, Alberto Bevilacqua, Gaetano Bicocchi, Fernando Bolognesi, Enrico Bolognini, Leonello Bonetti, Annibale Bonvicini, Roberto Borghi, Ruggero Branchini, Modesto Brini, Aduilio Brizzi, Guglielmo Calzolari, Alfonso Cattani, Enea Cenacchi, Pietro Natale Ceneri, Gaetano Cesari, Attilio Chelli, Zefferino Dardi, Alfredo Dentini, Arrigo D’Eramo, Modestino De Silva, Luciano de Tommaso, Vittorio Dondi, Ildebrando Fabbri, Ferdinando Fanti, Luigi Fanti, Giulio Fantini, Fernando Ferriani, Armando Fiorini, Primo Frabboni, Alberto Franchini, Armando Franzoni, Arturo Gandolfi, Francesco Gensini, Gualtiero Gherardi, Guglielmo Giordani, Adelmo Giovannini, Fabio Giunchi, Lorenzo Giusti, Mario Gnudi, Giuseppe Gottellini, Guglielmo Gregori, Pitagora Gualandi, Alberto Guerra, Armando Guidi, Berto Lipparini, Noemi Felice Lorenzelli, Andrea Loreti, Raffaele Lossanti, Paolo Maccaferri, Ivo Monti, Giuseppe Morisi, Edoardo Moruzzi, Adriano Nanni, Antonio Nanni, Giovanni Nanni, Giuseppe Orlandini, Mario Peppoloni, Attilio Rabbi, Luigi Regazzi, Aldo Rinaldi, Renato Ronzani, Aldo Sartoni, Gaetano Scandellari, Nicola Serino, Giovanni Serra, Ernesto Sgarbati (non abitava a BO), Giuseppe Sgargi, Amedeo Simoncini, Enrico Soverini, Ugo Sita, Luigi Guglielmo Tagliavini, Ubaldo Tartarini, Ennio Tassinari, Enea Tibaldi, Alberto Tognetti, Nando Travaglini, Guido Trebbi, Remo Vaccari, Lorenzo Vanelli, Domenico Vassura, Carlo Villa, Ernesto Vitali, Vittorio Zanardi, Luigi Zanatta, Giuseppe Zanetti, Alfonso Zani, Athos Zucchelli, Fioravante Zucchini. 

In base a questa ricerca - non definitiva - i ferrovieri bolognesi licenziati furono 161. [O]