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Istituto e Museo di Mineralogia

Schede

L'edificio viene progettato da Pasquale Penza e Flavio Bastiani nel 1903. Collocato scenograficamente all'angolo tra via Zamboni e via Irnerio, si caratterizza per le eleganti facciate in terracotta di gusto neorinascimentale, mentre i portici con volte a vela hanno i pilastri decorati con arenaria ofiolitica. Questo palazzo, insieme al vicino Museo Geologico di via Zamboni 63, rientra nel piano di ampliamenti urbanistici del Piano regolatore del 1888 che progettano via Zamboni come “strada della cultura”. L’8 marzo 1860 la cattedra unica di Scienze naturali dell’Ateneo bolognese venne suddivisa nelle tre cattedre di Mineralogia, Geologia e Zoologia e il 5 dicembre, il senese Prof. Luigi Bombicci Porta, all’età di 27 anni, fu nominato professore ordinario di Mineralogia. Il 30 gennaio 1862 il Gabinetto di Storia Naturale dell’Istituto delle Scienze fu a sua volta diviso nelle sezioni di Mineralogia, Geologia e Zoologia e Bombicci assunse la direzione del Museo di Mineralogia nella sede di Palazzo Poggi. All’inizio il Museo poté disporre di locali poco idonei per cui l’opera indefessa di Bombicci fu indirizzata da un lato all’incremento delle collezioni, dai circa novemila esemplari di minerali e rocce nel 1862 a circa quarantottomila esemplari nel 1901, dall’altro alla ricerca di spazi sempre più ampi. L’attuale sede occupa il luminoso piano superiore dell’imponente nuovo edificio voluto da Bombicci per l’Istituto e Museo di Mineralogia e completato nel 1907, quattro anni dopo la sua morte.

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La Collezione di Mineralogia "Museo Luigi Bombicci", ha importanza internazionale in quanto raccoglie collezioni di Mineralogia e di Petrografia sistematica e regionale, Meteoriti, Ambre siciliane del Simeto e Marmi antichi. Collezioni che rivestono un ruolo fondamentale per le attività didattiche e divulgative dell’Ateneo bolognese. Nel 1876 l’architetto Antonio Sarti, che svolse la sua attività professionale a Roma, donò la sua ricchissima collezione di rocce ornamentali antiche e “moderne” a Luigi Bombicci, direttore del Museo di Mineralogia della Regia Università di Bologna, ove sono tuttora conservate. 

I marmi antichi della “Collezione Sarti” | La “Collezione Sarti” è una prestigiosa collezione di marmi antichi che nacque, come tante altre, nell’Ottocento, quando per soddisfare la richiesta del nascente collezionismo di marmi ornamentali, venne sfruttata la grande quantità di marmi che, a partire dal Settecento, era stata accumulata dai marmorari romani. Maestri nel costruire queste collezioni, che poi verranno acquistate dai musei di tutta Europa, sono i fratelli Belli e soprattutto, Faustino Corsi, considerato un pioniere tra i collezionisti di marmi antichi e uno dei primi a concepire un catalogo ragionato. La “Collezione Corsi” con mille esemplari di marmo, è tuttora conservata nel Museo di Storia Naturale dell’Università di Oxford. La “Collezione Sarti” non è meno importante in quanto raccoglie più di seicento marmette di rocce ornamentali comprendenti graniti come il Granito di Assuan, porfidi come il Porfido rosso dell’Egitto ed il Porfido verde di Grecia, marmi come il Proconneso, il Pentelico, il Giallo antico ed il Cipollino, brecce come il Verde antico tessalico, il Pavonazzetto, la Breccia Corallina, la Breccia di Sciro ed il Bianco e Nero di Aquitania ed alabastri come l’Alabastro dell’Egitto. Tutti gli esemplari sono stati acquisiti digitalmente e vengono utilizzati per attività didattiche di alcuni corsi di laurea, fra cui Archeologia e culture del mondo antico, Science for the Conservation-Restoration of Cultural Heritage, Ingegneria dei processi e dei sistemi edilizi.

I marmi moderni della Collezione di Petrografia applicata | I materiali lapidei ornamentali e da costruzione, che ebbero un massimo di estrazione ed impiego durante l’Impero Romano, dopo secoli di abbandono, con il Rinascimento riacquistarono un ruolo prestigioso nella realizzazione delle opere monumentali: non solo vennero reimpiegati “marmi antichi”, ma ripresero vigore anche le attività estrattive. Tra Ottocento e Novecento, Italia, Spagna e Grecia si contesero il primato nell’estrazione e lavorazione dei materiali lapidei ornamentali; oggi con la globalizzazione le attività estrattive si sono sviluppate in tutti i Continenti. La normativa europea, che regola l’impiego di questi materiali, impone la realizzazione di schede che definiscano le loro caratteristiche petrografiche e fisico-meccaniche. L’insegnamento di Petrografia applicata venne attivato per fornire una approfondita conoscenza di queste caratteristiche, fondamentali per un corretto impiego delle rocce ornamentali e di previsione della loro durevolezza una volta messe in opera. Vennero quindi raccolte alcune centinaia di marmette di rocce ornamentali provenienti da cave tuttora attive e venne così costituita la “Collezione di Petrografia applicata”, che può anche essere definita “Collezione di Marmi moderni”. Questo materiale didattico è a disposizione degli studenti di Scienze Geologiche e Naturali, Science for the Conservation-Restoration of Cultural Heritage ed Ingegneria dei processi e dei sistemi edilizi. La Collezione è esposta in alcune vetrine a parete nel corridoio di ingresso del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali nel palazzo di Piazza di Porta San Donato 1 in Bologna. Le marmette sono suddivise in funzione della loro genesi in rocce magmatiche (intrusive, effusive laviche ed effusive piroclastiche), sedimentarie (carbonatiche, clastiche terrigene, da precipitazione chimica ed evaporitiche), metamorfiche (serpentiniti, scisti, gneiss, granuliti). Mentre la classificazione genetica si basa esclusivamente sulla composizione mineralogica e su tessitura e struttura, la classificazione merceologica deve tener conto anche delle caratteristiche fisico-meccaniche dei materiali lapidei. Si hanno quindi tre gruppi di rocce, Graniti (di elevata durezza, perfettamente lucidabili e durevoli), Marmi (decisamente meno duri rispetto ai graniti, perfettamente lucidabili ma meno durevoli), Pietre (materiali lapidei lavorati allo spacco o tagliati a piano sega ma non lucidabili).

Giuseppe Bargossi, Giorgio Gasparotto

ottobre 2023

In collaborazione con Università degli Studi di Bologna - Sistema Museale di Ateneo.