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Istituto Clemente Primodì

1863 | 2008

Schede

In via Fondazza, da quasi un secolo, vive una benemerita Istituzione cittadina per aiutare i ragazzi orfani poveri. La Fondazione, unica nella specie, in città e provincia, porta il nome del fondatore: Clemente Primodì dottore in matematica ed ultimo di una cospicua ed antica famiglia bolognese, avente il palazzo padronale in via S. Stefano 38, attualmente 116 e 118, dove oggi è insediata la Scuola Tecnica Commerciale U. Aldrovandi. La proprietà padronale Primodì-Negrini, dall'avito palazzo faceva catena, quasi continua, coi fabbricati che fino al principio del secolo raggiungevano non solo la via Fondazza, ma anche un lungo tratto di detta via. Dietro a tale cortina, la proprietà si estendeva in un'ampia area coltivata a frutteto, orto e giardino per circa ventimila metri quadrati, quasi raggiungendo l’allora via di S. Giuliano, oggi piazza Carducci. Con disposizione testamentaria del 31 marzo 1858, il dott. Clemente Primodì intese fondare in Bologna un istituto dove fossero accolti poveri fanciulli nativi della nostra città e privi di entrambi i genitori, od almeno del padre, per essere «allevati nella buona morale e nell'esercizio di un mestiere». Nel precisare le sue volontà, il benefico testatore lamentava il decadimento delle arti industriali prodotto da varie cause, e, a suo giudizio, specialmente dalla ignoranza in cui era lasciata la classe degli artigiani anche per l’abbandono quasi totale di ogni ramo di pubblico insegnamento. Disponeva, pertanto, che agli orfani, che sarebbero stati accolti nell'istituto, fosse data una istruzione pratica sì da farne intelligenti e bravi operai.

Il dott. Primodì, in verità, nel suo lungo testamento non si limitò a indicare il fine dell'istituzione a cui voleva dare vita, ma volle dimostrare un profondo sentimento di carità ed un amore grande per tutto ciò che poteva tornare a vantaggio della classe operaia e a decoro della sua città natale. Dettava, all'uopo, le più minute norme ai suoi esecutori testamentari per l’impianto del nuovo istituto, ed ai futuri amministratori le regole per il buon funzionamento di esso e per l’educazione, l'istruzione e il mantenimento da darsi agli orfani ricoverati, per i quali addimostrava fin d'allora un amore ed una sollecitazione veramente paterna. Mancato ai vivi in Livorno il 13 agosto 1861, in seguito ad un incidente avvenuto durante un esercizio equestre all'Ardenza, i suoi esecutori testamentari, senza ritardo, ed in omaggio alla volontà del fondatore che voleva aperto l’Istituto entro due anni dalla morte, si posero all'opera. Ottenuto il riconoscimento della pia istituzione in Ente Morale - concesso con R. Decreto del 28 dicembre 1862 - ed adattato alla meglio una parte delle case che avevano appartenuto al benefico testatore, aprirono il 9 giugno1863 l'Asilo, come rammenta una lapide in marmo sull'attuale sede di via Fondazza 66. Le ammissioni, regolate fra i sette ed i sedici anni, furono inizialmente solo 10, ma già nel 1880 erano salite a 62. Il fondatore aveva lasciato un ragguardevole patrimonio al suo Asilo, non però tale che permettesse di estendere a molti ragazzi i benefici della provvida istituzione. Ma egli, pur ciò comprendendo, con quella fede che assicura coloro che con sentimento di carità si fanno promotori di nuove opere pie, aveva lasciato scritto che non dubitava dei risultati dell'opera sua poiché «le più grandi ed utili istituzioni il più delle volte hanno avuto debolissimi principi». E così avvenne dell'Asilo Primodì che, sorto con un patrimonio di 480.000 lire, mercé cospicui altri lasciti e donazioni, raccolse in 25 anni beni di oltre un milione di lire. Meritano citazione fra i maggiori benefattori: il prof. Cesare Rossi (1867), G. B. Jacchetti (1871), Giovanni Roversi (1872), Gaetano Cherubini (1875) ed il conte Luigi Cavazza (1880). Il primo cinquantennio di vita dell'Asilo può dirsi corrispondente ad un periodo di intensa operosità. Nonostante i locali tutt'altro che idonei al particolare compito e per una collettività che aveva raggiunto m unità presenti, dirigenti, amministratori e simpatizzanti hanno gareggiato in iniziative per fare sì che la volontà del fondatore fosse una vivente realtà. Stanno a dimostrare le benemerenze assicuratesi, la partecipazione alle Esposizioni Nazionali e Generali degli anni 1881 - 1884 - 1898 e 1900 conseguendo diplomi di medaglie d'argento e di bronzo, dopo avere ottenuto dalla cittadinanza, convocata a visitare mostre e collezione dei lavori fatti, larghi consensi di lode e di approvazione. Nel 1909, con l'applicazione del piano regolatore del 1889, promosso per dare, con l’abbattimento delle mura medioevali, il maggiore respiro edilizio alla città ed una articolazione viaria fondata sul criterio di larghi viali alberati destinati a controbilanciare, in certo qual modo, il fitto reticolo delle strade petroniane, l’organizzazione dell'Asilo Primodì venne grandemente sacrificata. Oltre alla costruzione della via Dante, larga ben 30 metri, e con tracciato dimezzante diagonalmente l’intera proprietà affacciantesi sulle vie S. Stefano e Fondazza, venne eseguito l’esproprio dei fabbricati e terreni per costituire la piazza di accesso e i due grandi palazzi di testata, a quell'epoca addirittura fuori dal comune per volume ed altezza. Successivamente, un altro esproprio, di oltre 4000 metri quadrati venne imposto per la costruzione del fabbricato delle Scuole Elementari G. Carducci con area cortiliva. La proprietà immobiliare dell'Asilo Primodì, ridotta ad un terzo e staccata in due tronconi (uno verso via S. Stefano, dove rimase fortunatamente in piedi la Scuola Tecnica Commerciale e altro verso via Fondazza) suggerì forzatamente la ricostruzione della sede dell'Istituto, essendo l’originaria in parte compresa nel settore di esproprio. La coincidenza del difficile momento col periodo corrispondente al primo conflitto mondiale i lavori per la nuova sede si volsero verso un progetto di adattamento di due vecchi fabbricati che vennero adeguatamente rialzati dando loro una facciata appariscente verso via Dante. L'interno era però molto lontano da assicurare una buona funzionalità per la scarsa luce e la sproporzione esistente fra i vari locali.

Nel 1923, per disposizione di legge, l'Asilo dovette abbandonare la sua caratteristica di istituto privato per la imposizione di ricevere ed assistere - in questo caso contro pagamento di retta - minori orfani o in particolari e difficili condizioni familiari; nel 1934, poi, per la legge 24 aprile n. 553, sul lavoro minorile, il criterio basilare di avviamento al lavoro extra Asilo venne in parte a mancare. Il buon governo amministrativo dell'Istituto resse egregiamente alle nuove e dure vicende, come provano le alte quote annuali di ricettabilità, ma sopraggiunto anche il periodo difficile del secondo conflitto mondiale, s'impose - appena acquetatosi il burrascoso dopoguerra - una radicale riforma dell'Asilo, anche per restituirlo alla sua originaria struttura statuaria: «dare, come aveva detto il fondatore, una istruzione pratica sì da farne intelligenti e bravi operai». Troppi erano i ragazzi avviati, per l'ambizione dei parenti, alle scuole medie, o spinti ad un lavoro rimunerativo, qualunque esso fosse,dimenticando che senza vere basi non si forma un operaio e tanto meno un qualificato. La buona scuola interna di disegno conservava appesi ai muri o dentro armadi il ricordo del suo periodo fortunato, quasi per stimolare nuovi indirizzi sulla guida originaria. L'Amministrazione commissariale (an. 1954) nell'appurare le questioni che stavano alla base di un necessario riordino istituzionale e funzionale, giudicò prima, in ordine d' importanza, quella dell'avviamento professionale dei minori, orfani, obbligati a farsi una posizione di lavoro al compimento del sedicesimo anno di età. Essendo questo il limite stabilito per il ricovero, s'impose la necessità di mantenere viva e solenne la volontà del Fondatore, che era ed è l’indirizzo dello statuto dell'Asilo, anche perché molti fortunati esempi di ex allievi ammonivano fortemente.

Uno stimolo efficace per vincere ogni possibile indugio sorse dalla generosa offerta di utensileria per officina da parte dell'Amministrazione di Aiuti Internazionali, così scientemente orientata al criterio che la disoccupazione operaia si combatte preparando i minori ad un mestiere, attraverso un addestramento professionale teorico e pratico. Come avviene in casi del genere, l’incontro di due volontà, dirette allo stesso scopo nel chiaro intendimento del fine, valse al maggiore dirigente per predisporre l’adattamento di locali ove raccogliere banchi di lavoro e le aule per l’insegnamento teorico. Maturata l’iniziativa di un intero anno di prova, durante il quale tutti si adoperarono per Io svolgimento di un corso regolare di addestramento professionale, il Ministero del Lavoro, su proposta motivata dell'ing. Brunè, allora benemerito Presidente della Scuola professionale Aldini-Valeriani e su programmazione del dipendente Ufficio Regionale del Lavoro di Bologna, giunse non solo a riconoscere la capacità dell'Asilo di effettuare corsi addestrativi, a scopo professionale, ma anche ad ammettere e sovvenzionare «Il Centro addestramento professionale Clemente Primodì». Oggi, il ciclo triennale d'istruzione, su programmi normali di scuola media inferiore professionale per le specialità: falegnami ebanisti e modellisti meccanici aggiustatori, tornitori e fresatori, è ormai consolidato e svolge con regolarità i previsti programmi per condurre i ragazzi alla specializzazione. L'Amministrazione Aiuti Internazionali, assecondando la trasformazione effettuata, ha voluto partecipare alla nuova organizzazione fornendo una buona parte delle attrezzature meccanico-elettriche. Davanti ai risultati quanto mai efficaci del travaso dei minori dell'Asilo nei corsi professionali svolti dal Centro - dopo i corsi di scuola elementare ed una preparazione propedeutica - l'Amministrazione ha pensato di dare all'Istituto una sede ampia ed adeguata alla organizzazione funzionale e professionale. A tale scopo, ha predisposto la costruzione di un nuovo Asilo nella zona di Chiesanuova, ubbidendo ai razionali e moderni principi che regolano costruzioni del genere.

Questa volta, trattasi di una vera ed effettiva costruzione a sè stante, del volume di 14.000 metri cubi, attrezzata con tutti i conforti moderni e con la disponibilità di ampie officine e di aule e scuole per il Centro addestramento professionale. Sui 6850 metri di area cortiliva disponibile, poco più di mille saranno occupati dal fabbricato; resteranno oltre 5000 mq. da essere utilizzati per giardini, viali e per campi dì gioco e di svago. Il cammino futuro dell'Istituto Primodì, nella sua duplice funzione di assistenza e di addestramento professionale e con la possibilità di istituire un «Centro pilota per istruttori professionali», non è più unicamente nelle mani degli amministratori (che per la costruzione della nuova sede hanno dovuto toccare il plafone dell' impossibile), ma anche in quelle di Coloro - Enti locali o Governativi - che, operando nel campo della beneficenza e della previdenza, si servono di tali strumenti morali per la assistenza, e di quelli sociali per 1' avviamento al lavoro specializzato.

La categoria dei minori, che all’orfanezza uniscono purtroppo il vuoto di una mancata affettuosità familiare, calda e stimolatrice, attende di potere raggiungere, in un sano ambiente di generosità e di comprensione, la necessaria conoscenza professionale e specializzata attraverso un ciclo completo di addestramento.

Renato Eugenio Righi

Testo tratto da UNA BENEMERITA ISTITUZIONE CHE SI EVOLVE - L'Istituto “Clemente Primodì”, in "Strenna storica bolognese", 1958. In collaborazione con il Comitato per Bologna Storica e Artistica. Dal 1960 l'Istituto viene trasferito in via Ortolani e, dal 1991, in via del Pratello n. 55. Con delibera Giunta Regione Emilia-Romagna n. 404 del 27 marzo 2008, viene costituita ASP IRIDeS (Istituzioni Riunite Infanzia, Disabilità e Sociale) dalla trasformazione di diversi IPAB, tra cui l'Istituto Clemente Primodì, già denominata Pio Privato Asilo Clemente Primodì.