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Alessandro Sforza

1534 - 15 Maggio 1581

Scheda

ARMA: D'azzurro al leone d'oro tenente fra le zampe anteriori un ramo di cotogno dello stesso.
Lo scudo è cimato da una croce trilobata d'oro e sormontato da un cappello cardinalizio con cordoni e fiocchi laterali.
Il cartiglio sottostante dice: ALEX. CAR. SFORZA / PAVLI PP. III. NEPOS / LEGAT. 1570. (Cardinale Alessandro Sforza Nipote di Papa Paolo III. Legato 1570).
L'arma degli Sforza era: D'azzurro al leone d'oro linguato ed armato di rosso tenente tra le zampe anteriori e posteriori un ramo di cotogno al naturale.

Questa celebre famiglia era originaria di Cotignola di Romagna, il capostipite fu Muzio Attendolo, vissuto nel 1326, che era di nobile estrazione e non di origine contadina, come comunemente si dice.
Il nipote Muzio II detto Sforza per il suo vigore fisico e per il coraggio, fu famoso comandante di Compagnie di Ventura e per i suoi servizi in difesa della Chiesa, venne nominato da Martino V Governatore di S.R.C. nel 1417. Suo figlio Francesco a sua volta condottiero tra i più celebri del suo tempo, sposò Bianca Maria Visconti dei Signori di Milano nel 1450 succedendo ai Visconti ed assumendone anche l’arma. La dinastia degli Sforza a Milano durò fino al 1535. L’arma di Ascanio Sforza è alquanto diversa da quella raffigurata sul muro. Il di lui nipote Bosio II sposò Costanza Farnese, figlia di Paolo III da cui nacque Alessandro.

Il ramo degli Sforza da cui discendeva il Cardinale Alessandro deriva da Bosio Sforza, fratello di Francesco primo Duca di Milano. Egli sposò nel 1439 Cecilia Aldobrandeschi ultima della sua gente che portò al marito, tra gli altri feudi anche la contea di Santa Fiora. 

Sforza Alessandro era fratello del Cardinal di S. Fiora Guido Ascanio. Nacque intorno al 1534.
Fin da giovane fu avviato alla carriera ecclesiastica, a nove anni fu nominato scriptor litterarum apostolicarum, incarico solitamente ricoperto da umanisti abili nella redazione di documenti pontifici.
Studiò a Perugia fino a conseguire il titolo di magister ed al suo ritorno in Roma divenne Canonico di S. Pietro poi Chierico di Camera. Nel 1556, accusato insieme al fratello di cospirazione con il Partito Imperiale, venne privato del Canonicato da Paolo IV ma, assolto da ogni addebito, ne rientrò in possesso l'anno successivo.
Nominato poi Presidente dell'Annona (1559) svolse il suo compito con tanta capacità e solerzia, che Pio IV lo nominò Sopraintendente dell'Annona di tutto lo Stato Pontificio.
Nel 1560 divenne Vescovo di Parma al posto di suo fratello che vi aveva rinunciato. Prese anche parte al Concilio Tridentino svolgendovi una parte di primo piano.
Finiti i lavori al concilio di Trento, passò alla concreta applicazione di quanto deciso negli ultimi anni. Promosse e presiedette a Parma il sinodo diocesano, i cui atti vennero subitamente pubblicati.
Nel 1565 alla morte del fratello, fu creato Cardinale Prete con il titolo di S. Maria in Via.
Tra il 1556 e il 1557 fu nominato soprintendente ai mastri delle strade.
Nel gennaio del 1570 (e non nel 1560 come scritto sul cartiglio) fu nominato cardinale legato di Bologna e della Romagna. 
Oltre ai normali compiti di governo fu anche incaricato di studiare la difesa del confine settentrionale dello Stato della Chiesa, senza precludere un'eventuale edificazione di una fortezza ai confini col Modenese. 
Come legato, si fece riconoscere e ricordare per il carattere deciso volto all'attuazione della sua politica di governo. Volle decidere sui nuovi ufficiali di governo a Bologna e in Romagna, scoraggiò il ricorso a Roma e mirò alla compressione delle autonomie locali.
Fu attivo nella lotta al banditismo e fece di tutto per modificare e modernizzare un contesto caratterizzato da scarsa obbedienza dei sudditi, penuria di entrate fiscali e un'ancora forte presenza feudale.
Rientrò a Roma per la fine del 1572 ed ottenne la carica di prefetto della Segnatura di giustizia.
Nominato Arciprete della Basilica Liberiana da Leone XIII, rinunciò al vescovado di Parma nel 1575. Divenne poi anche Legato «a latere» di tutto lo Stato Pontificio con l'incarico di combattere il brigantaggio, assolvendo il suo compito con capacità e solerzia.
La morte lo colse a Macerata dove si trovava per ragioni del suo ufficio, il 15 maggio del 1581.
Venne sepolto a Roma nella Basilica Liberiana dove si trovava la Cappella Sforza da lui fatta costruire.