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I fasci padani rigettano il patto di pacificazione

16 Agosto 1921

Schede

I rappresentanti di oltre seicento Fasci della Valle Padana, riuniti nel ridotto del Teatro comunale di Bologna, contestano l'accordo di pacificazione con i socialisti firmato a Roma il 2 agosto.
Dichiarano di non volere avere nulla a che fare con "certi insidiosi patti" e proclamano la guerra ad oltranza contro i partiti e le organizzazioni sindacali di sinistra. I muri del centro cittadino sono tappezzati di manifesti ostili a Mussolini, autore dell'accordo: "Chi ha tradito, tradirà".
Per molti il Duce vuole sacrificare il fascismo ai marxisti per soddisfare la sua ambizione personale. Dino Grandi e Italo Balbo creano una fronda, che contempla anche l'ipotesi di sostituirlo con D'Annunzio alla guida del movimento.
Grandi, che Mussolini accusa di essere venuto al fascismo solo da pochi mesi, è in questa fase il vero teorico dell'opposizione, il portavoce del fascismo "delle nuove generazioni" contro il "vecchio" fascismo milanese.
Il giovane avvocato di Mordano si pronuncerà per il completamento della rivoluzione contro il compromesso parlamentare.
Mussolini reagirà dichiarando che il fascismo potrà "dividersi, scomporsi, frantumarsi, decadere, tramontare" e che se sarà necessario lui stesso darà "martellate potenti, per affrettare la sua rovina".
Dirà che se il fascismo può fare a meno di lui, anche lui potrà benissimo fare a meno del fascismo.


Subito dopo la riunione di Bologna darà le dimissioni dalla Commissione Esecutiva dei Fasci, dichiarando che il fascismo è ormai diventato "un puro, autentico ed esclusivo movimento di conservazione e di reazione".
La resa dei conti avverrà al Congresso fascista di Roma del novembre, dove Grandi eviterà una rottura definitiva con il Duce, avviandosi a una carriera politica luminosa nel Regime.

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