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Guido Tordi, comandante di compagnia della Stella Rossa

Schede

[Abbandonato l’esercito] A casa mia, finalmente, giunsi la mattina del 19 settembre. Restai nascosto per qualche settimana, poi una sera mio fratello mi disse che erano state raccolte delle armi abbandonate da militari che facevano servizio lungo la “Direttissima” e precisò che le armi erano state consegnate a un contadino di nome Cangini, che conoscevo molto bene e che abitava nel podere Cozzo di Mezzo, nella stessa frazione di San Nicolò di Monzuno, dove pure io abitavo. Quando andai a trovarlo trovai nella casa Umberto Crisalidi, parente di Cangini, che io pure conoscevo. Si parlò di tutto ma non delle armi; poi ci lasciammo, ma appena fuori della porta, Crisalidi cominciò a chiedermi, con tono pacato e severo, cosa ne pensavo della guerra e se era mia intenzione ritornare a combattere. Io dissi che la guerra l’avevo già fatta e che preferivo darmi disertore piuttosto che combattere una guerra che non era per me. Allora mi disse di andarlo a trovare a casa sua la sera dopo per recarci insieme a giocare a massino nella casa di un altro contadino, di nome Mascagni, che abitava ai Fornelli. Nella casa assieme ad altri giovani, c’era Mario Musolesi (il Lupo) che già conoscevo di vista. Giocammo un po’, poi cominciammo a parlare e piano piano, con cautela, Musolesi cominciò a discutere della guerra, della situazione del paese e alla fine disse che altri potevano fare come lui che aveva organizzato un gruppo per fare la resistenza. Mi chiese la mia opinione e io gli dissi che ci stavo, però non avevo nessuna arma e senza quelle non si poteva fare niente; ma Musolesi mi rispose che in Italia delle armi ce n’erano. Ci lasciammo con l’accordo di rivederci la sera dopo e da quel momento divenni partigiano della brigata “Stella Rossa”.

Luciano Bergonzini, "La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti", vol. V, Istituto per la Storia di Bologna, Bologna, 1980
[RB5]
Note
8