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Vittorio Ferrero

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Scheda

In seguito alla strage di Palazzo d'Accursio, a Bologna al sindaco socialista Enio Gnudi, eletto con il 58% dei voti, non fu concesso di insediarsi, ma al suo posto venne inviato il commissario prefettizio Vittorio Ferrero, che rimase in carica dal 24 novembre 1920 al marzo 1923.

Ferrero diede al suo impegno amministrativo un’impronta decisamente tecnico-economica, per rispondere alla crisi sociale conseguente alla guerra. 

I problemi che affrontò con maggiore decisione durante il suo mandato furono: bisogni, costi, disoccupazione, entrate, credito e disponibilità di bilancio.

L’amministrazione di Ferrero si distinse in principal modo in un riordino dell’organico del Comune ed un ridimesionamento dei servizi e del personale.
Fu evidente la volontà di staccarsi dalla linea politica dell’amministrazione Zanardi che aveva giudicato le organizzazioni dei lavoratori (leghe, cooperative) strumenti di fondamentale importanza per l'equilibrio del buon vivere sociale. Per seguire tale linea d'intervento, il Commissario operò principalmente su istruzione, assistenza, edilità e sicurezza.
Pur ammettendo l’importanza di un sistema scolastico ben funzionante, Ferrero ridusse drasticamente il servizio, sopprimendo 34 classi e riducendo l’organico impiegato. Il Commissario si adeguò con particolare solerzia alle nuove disposizioni che prevedevano l’espulsione delle maestre a favore degli ex combattenti e dei mutilati di guerra.  Anche gli asili infantili e le scuole serali furono ridotti nel numero e nell'organico, privilegiando quelli privati rispetto a quelli comunali.

Altri servizi pubblici che furono ridimensionati durante la gestione commissariale, sempre a danno del personale e a beneficio del bilancio, furono: i bagni pubblici, il forno municipale (dal 1917 affidato all’Ente Autonomo dei Consumi e per il quale, a partire dal 1 gennaio 1922, il Comune si ritenne esonerato da qualsiasi spesa d’esercizio), il ristorante popolare della Borsa, le condotte mediche che passarono da 8 a 6, quelle ostetriche da 4 a 3, la nettezza urbana e tutti i servizi volti alla sicurezza e al pronto soccorso.
In sostanza, Ferrero e i suoi collaboratori spinsero la loro amministrazione verso una forte limitazione del servizio pubblico-municipale a favore di un ritorno all’appalto privato.

Nonostante ciò, come anche si evince dall'articolo pubblicato dal settimanale fascista "L'Assalto" nel numero del 17 marzo 1923 (vedi allegato), Ferrero non fu particolarmente amato dalle gerarchie fasciste durante il suo mandato, e fu anche ferocemente criticato, probabilmente per la sua etica di funzionario dello Stato.

Un quadro ampio e documentato di quel momento storico è tracciato da Fiorenza Tarozzi nel saggio "Nuova amministrazione, nuova classe dirigente", pubblicato in "Storia di Bologna", a cura di Angelo Varni, vol.4**, "Bologna in età contemporanea 1915-2000", Bologna, Bononia University Press, 2013, pp.153-209.