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don Dario Zanini, parroco di Sasso Marconi

Schede

Un giorno Aurelio [Sammarchi] si recò a Gardelletta, con altri due militi, in aiuto. Giorgia Lappi, che gestiva l’osteria del borgo, se l’aspettava; e mi racconta il perché: “Andavo un giorno con la Bice a Bologna a trovare Grauso, il militare sardo che avevo accolto in casa. A Casalecchio vidi un giovane in divisa col basco nero sulle ventitrè: era Aurelio. Ci chiese notizie e disse che intendeva venire a Gardelletta per fare delle indagini sulla morte del fratello. Lo supplicai: ‘Per carità Aurelio, non fare questa pazzia, non venire su; li conosco troppo bene i miei compaesani’. Non passarono due giorni. Stavamo preparando il pranzo, quando l’Elvira diede un’occhiata dalla finestra e disse: ‘Mi par di vedere quei ragazzi di Vado’. Mi affacciai; mi venne freddo: c’era Aurelio, col fez nero dell’ausiliaria, e dietro di lui il figlio di Rondinini, Furio, e suo cugino Folco Lucarini, figlio di una maestra che faceva scuola a Vado (suo marito scriveva sul ‘Carlino’, e aveva dedicato una poesia a Mussolini, che io pure avevo studiato).
Entrarono a bere nel nostro locale. Chiesi spaventata: ‘Ma che cosa siete venuti a fare?’. ‘Siamo venuti a salutarvi’, risposero. Intanto Gastone Rossi, che era una pelle tremenda, passava avanti indietro mormorando: ‘Fascisti! Fascisti!’. Lo sentivo dalla finestra aperta. E faceva dei segnali. Poi vedemmo sulla piazza uno strano traffico. Mi preoccupavo sempre più. Aurelio mi incoraggiava: ‘Non avere paura, Giorgina’. Appena furono usciti, riapparve lo strano traffico di prima. Poi sparirono tutti. Poco dopo vedemmo Aurelio e Folco, e Gastone in mezzo a loro, ritornare dalla strada di Castelletto e andare verso la casa di Gastone; il ragazzo si mise a chiamare sua madre dicendo: ‘Questi ragazzi sono venuti a prendermi, vogliono portarmi in caserma; dammi la giacca’. L’avevano fermato sopra il ponte di Setta, e lui, scaltro, aveva chiesto di accompagnarlo a casa a prendere la giacca. Intanto guadagnò un po’ di tempo che permise ai suoi compagni di giungere in paese. I tre fecero ancora pochi passi. Da dietro la nostra casa, saliti dalla vigna, costeggiando il fosso, sbucarono di sorpresa alcuni partigiani e spararono: Furio morì all’istante; Aurelio cadde a terra, tentò due o tre volte di rialzare la testa poi rimase lì senza muoversi, sul ponticello del rio che passava tra le case; Folco riuscì a scappare, ma subito fu inseguito dai partigiani e catturato.
Tutto avvenne in un attimo; fu come un fulmine. Ne nacque un gran trambusto: chi urlava, chi sveniva, chi scappava. I bambini della scuola vicina gridavano spaventatissimi; la maestra non riusciva più a calmarli, terrorizzata, e finì per svenire. Scappammo anche noi, a Vado, lasciando la casa aperta. Cominciò un via-vai di camionette, la contraerea sparava: tutta notte sembrò un finimondo. Nel pomeriggio era giunto in aiuto il magg. Dario Bernini, ed era stato ucciso anche lui, vicino a Castelletto. Noi ritornammo al mattino seguente. Erano già arrivati i carabinieri e qualche fascista di Vado, che ci salvarono, perché gli altri volevano bruciare tutte le case’.
Furio, 17 anni, era una fiamma bianca; suo padre era maggiore dei bersaglieri; sua madre quel giorno era in ospedale. Anche Folco era una fiamma bianca; i partigiani gli fecero fare la buca; intervenne una sorella del Lupo dicendo: ‘Cosa fate? Non vedete che è un ragazzo?’. Guido Tordi afferma di avere preso il ‘balilla’. Gianni Rossi invece mi dice di avere fatto prigioniero il ragazzo e che si deve a lui e al Lupo se fu risparmiato, perché gli altri avevano cattive intenzioni. Gianni lo tenne sempre vicino a sé e Folco rimase in brigata fino alla liberazione comportandosi come un leale partigiano. Divenuto poi giornalista, come il padre Ostillo e il fratello Duccio, ha collaborato più volte alla RAI come autore, trascorrendo gli ultimi anni in volontario esilio sull’Appennino modenese. Luciano Testi ricorda che quel tragico giorno era anche lui nell’osteria delle Lappi quando vi giunse Aurelio con i suoi amici, e vi rimase anche dopo che essi erano usciti. Poco dopo, mentre stava bevendo, sentì gli spari; uscì di corsa e vide un partigiano che stava ancora sparando da dietro la pompa dell’acqua, Gastone vicino a casa già col mitra in mano e altri tre partigiani che stavano correndo a nascondersi; Aurelio e Furio erano stesi a terra in un lago di sangue.

Dario Zanini, "Marzabotto e dintorni 1944", Ponte Nuovo editore, Bologna, 1996
[MD]
Note
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